Che cosa è il tao: la comprensione del Tao di Zhuangzi – II parte

image_pdfimage_print

Yan Chunyou*

* Professore della Facoltà Filosofia e Sociologia Università Normale di Pechino, del Centro della Ricerca di Valore e Cultura; Direttore cinese dell’Istituto Confucio presso l’Università degli Studi di Macerata E-mail: ycy0088@sina.com

Il Tao agisce senza-agire, unisce alle cose, ma non è una cosa, non è come la cosa che è limitata, al contrario esso è «non agire e rispettare» (p.84, Lasciar vivere e lasciar fare), è il determinante della cosa, determina il limite della cosa. Da questo punto di vista, il Tao si presenta come una potenza obbligatoria: «senza di esso il Cielo non sarebbe alto, la Terra non sarebbe vasta, il sole e la luna non seguirebbero il loro corso, le creature non sarebbero numerose» (p.177, Il viaggio di Sapienza verso settentrione). Tutte le cose esistono per via del Tao, il Tao è il “dominatore” di tutte le cose, è il potere che dà l’esistenza a tutte le cose.

Se diciamo la cosa è “avere” rispetto il Tao, allora il Tao è “non-avere”. «Usciamo nella vita senza un inizio, entriamo nella morte senza un varco. C’è una realtà ma non nell’ambito di un luogo, c’è una durata ma non nell’ambito di un principio e di una fine. Ciò da cui esce qualcosa ed è senza varchi ha una realtà. Ciò che ha una realtà ma non nell’ambito di un luogo è lo spazio, ciò che ha una durata ma non nell’ambito di un principio e di una fine è il tempo. La spontaneità esiste nella vita e nella morte, nell’uscire e nell’entrare. L’entrata e l’uscita di cui non si vede la forma dicesi porta del Cielo. La porta del Cielo è l’inesistente, da cui escono le diecimila creature. L’essere non può dar esistenza all’essere, che deve uscire dall’inesistente. Perciò l’inesistenza è eguale all’esistenza nel non-essere» (p.191, Kêng-sang Ch’u). Non sappiamo da dove deriva il Tao né dove tornerà. Il Tao sta dappertutto ma non si vede il suo luogo; il Tao sta in ogni secondo ma non si vede né il suo inizio né la sua fine. Perché il Tao è illimitato, non è possibile che abbia il luogo, tutto ciò che ha un luogo è cosa limitata. Le cose sono in continua mutazione, hanno vita e morte, hanno entrata e uscita, e il Tao entra ed esce da questo, ma non si vede la sua forma. Questa è la porta del Tao celeste, tutte ciò che esce dalla porta celeste è nascita, tutto ciò che entra nella porta celeste è morte. Quindi il Tao celeste è “non-avere”, tutte le cose sono “avere”; il Tao celeste è il “vuoto”, tutte le cose sono il “pieno”. Questo “avere” deriva sicuramente dal “non-avere”, perché “avere” non può provenire dall’“avere”, “avere” è limitato, non ha capacità di trasformarsi in modo illimitato. Soltanto il “non-avere” del Tao può unire “avere” e “non-avere”. Nelle cose limitate e con forma, “avere” è “avere”, “non-avere” è “non-avere”, ma si uniscono nel Tao.

Da questo possiamo vedere che il “non-avere” del Tao non è “non essere”. Se tutte le cose derivano dal Tao non possiamo dire che il Tao è “vuoto assoluto”. Se fosse il “vuoto assoluto” non potrebbe generare tutte le cose. Il “non-avere” e “vuoto” del Zhuangzi è relativo all’“avere” o alle cose con forma, le cose sono gli esseri limitati e determinati, hanno forma e immagine; invece il Tao è illimitato, senza forma e senza immagine. Rispetto agli uomini, il Tao è senza sapere e senza desiderio; il Tao si integra in tutte le cose ma esso è conoscibile ma impercettibile, non ha percettibilità sugli organi sensitivi. Per questo è stato chiamato “non-avere”. Zhuangzi disse: «parlando di pienezza e la vuotezza, di decadenza e di morte, esso governa la pienezza e la vuotezza, ma non è pienezza né vuotezza; esso governa la decadenza e la morte, ma non è decadenza né morte; governa il principale e l’accessorio, ma non è principale né accessorio; governa il riunirsi e il disperdersi, ma non è riunirsi né disperdersi». (p.179, Il viaggio di Sapienza verso settentrione). Il Tao rappresenta proprio il processo di pienezza-vuotezza, decadenza-morte, principale-accessorio, riunirsi-disperdersi. Questi processi sono tratti del Tao ma questo non vuol dire che il Tao è il processo. Il Tao denomina questi processi, i processi sono visibili ma il suo denominatore no. Rispetto a questi processi, il Tao che ha funzione del dominazione è “non-avere”; le cose limitate sono “piene” e il Tao è “vuoto”. Anche se il Tao non ha la forma né l’immagine, contiene tutti gli “avere”; è assolutamente “vuoto” ma anche assolutamente “pieno”, ovvero contiene tutti i “pieni”; è proprio per questo può generare il cielo e la terra. Quindi, il “non-avere” del Zhuangzi non è uguale a “non c’è nulla”, non è neanche “vuoto assoluto”; è il vero “avere”, perché tutti gli “avere” prevengono dal Tao. In realtà, il Tao è il “avere” illimitato e assoluto che esiste nella forma di “non-avere”; “illimitato” e “assoluto” vuol dire che non è limitato dal confine.

Però, non possiamo dire che le cose limitate esistono al di fuori del Tao. Il suddetto si riferisce solo alle differenze tra il Tao e le cose, che è una distinzione umana. Dal punto di vista complesso, il Tao ha la caratteristica dell’integrità e uno dei significati della cosiddetta “integrità” è: il Tao è onnipresente, cioè non ci sono cose che non si originano dal Tao; il Tao è onnicomprensivo, include tutte le cose visibili e invisibili. Quel dialogo famoso nel Zhibeiyou (Il viaggio di Sapienza verso settentrione) dimostra proprio questo pensiero: «Tung-kuo-tzu interrogò Chuang-tzu dicendo:- Quel che viene detto Tao dove sta? – Non v’è nulla in cui non stia – rispose Chuang-tzu. – Sarò d’accordo dopo che m’avrai dato un esempio. – Sta in una formica. – E più in basso? – Sta in una pianta di miglio. – E più in basso ancora? – Sta in un pezzo di coccio. – E più in fondo ancora? – Sta negli escrementi. Tung-kuo-tzu non disse altro. – Le tue domande, o signore – osservò Chuang-tzu – non arrivano davvero alla questione fondamentale. Quando l’addetto agli acquisti interroga l’ispettore del mercato, questi calca il piede sul maiale: più va in basso più quello appare grosso. È inutile che indaghi, nulla ne sfugge. Tre grandi parole pongono in luce le qualità del sommo Tao: onnicomprensività, universalità, totalità, nomi diversi e una stessa realtà, che indicano una cosa sola. Proviamo a vagare insieme nel palazzo dell’inesistente e a discutere di comune accordo dell’estremo limite che non ha fine? Proviamo insieme il non agire? Come è placido e cheto, spassionato e puro, armonioso e inerte! Se ci svotiamo delle nostre passioni, non avremo meta e non sapremo dove finiremo. Come è incerto il gran Vuoto! Il gran sapiente vi penetra ma non sa dove abbia limite. Colui che modella le creature non ha i limiti delle creature, eppure modella ciò che ha limite. È detto il modellatore dei limiti. Esso è il limite dell’illimitatezza e l’illimitatezza del limite. Parlando di pienezza e vuotezza, di decadenza e di morte, esso governa la pienezza e la vuotezza, ma non è pienezza né vuotezza; esso governa la decadenza e la morte, ma non è decadenza né morte; governa il principale e l’accessorio, ma non è principale né accessorio; governa il riunirsi e il disperdersi, ma non è riunirsi né disperdersi» (p.178, Il viaggio di Sapienza verso settentrione). Per motivo della onnipresenza del Tao, non possiamo chiedere dove è il Tao, perché quando si chiede dove è il Tao, si considera già il Tao come una cosa ed è limitata. Pertanto Zhuangzi disse: «Le tue domande, o signore, [..] non arrivano davvero alla questione fondamentale», questo modo di domandare non è giusto. Questa onnipresenza del Tao consiste in “nulla ne sfugge”, nulla può esistere separandosi dal Tao, persino anche in “un pezzo di coccio, negli escrementi” c’è il Tao. Esistono le cose senza Tao? Va detto che “omnicomprensività, universalità, totalità” sono la descrizione della caratteristica del Tao, “omnicomprensività, universalità, totalità” significano proprio “integrità”, senza l’integrità, il Tao non è infinito.

Questa integrità del Tao si riferisce non solo alla qualità, anche alla quantità. Cioè, il Tao ordina non solo la qualità delle cose, ma anche la quantità delle cose. Il Tao si nasconde profondamente, è tranquillo come l’acqua, ma esso può dominare tutte le cose; questa dominazione non è quella generale bensì mostra il suo effetto anche negli aspetti sottilissimi. Il Tao può essere grande e anche piccolo, corto e lungo, vicino e lontano. Sebbene il Tao sia così grande non c’è nulla che non abbia in sé, si integra con tutte le cose in ogni momento, e soddisfa tutte le necessità delle cose e ordina tutti i dettagli delle cose. Questa funzione del Tao è inconcepibile per noi, trascende la nostra comprensione, per questo è stato chiamato “mistero su mistero”.

Un’altro significato della integrità del Tao è relativo alla conoscenza umana: il Tao è tutto, ma la conoscenza umana è limitata, incompleta, parziale, la quale può afferrare questo “tutto”.

Questo dimostra che il Tao non è separato dalle cose e non esiste al di fuori delle cose, esso esiste proprio nelle cose. Poiché il Tao è l’integrità, tutte le cose esistono in Tao, come il Tao esiste in tutte le cose; poiché il Tao ordina non solo la qualità delle cose, anche la loro quantità, il Tao coesiste con le cose in ogni momento e dovunque. Da questo punto di vista, il Tao e le cose non sono due. Le differenze tra essi sono l’illimitatezza e la limitatezza, senza forma e in forma. Ma queste differenze sono relative fra loro, non significa la loro separazione.  L’illimitatezza e il senza forma risiedono nella limitatezza e nella forma come la limitatezza e senza forma esistono solo tramite l’illimitatezza e senza forma.

Quindi, le cose non sono le false apparenze, il Tao non è l’essenza opposta alle apparenze. Nel pensiero di Zhuangzi, non ci sono tale concezioni di “fenomeno” e “noumeno” della filosofia occidentale. Zhuangzi sottolinea la distinzione tra loro, non significa la loro separazione. Il Tao non può esistere neanche un attimo separato dalle cose, esso esiste nei processi di vita e morte, produzione e distruzione, pienezza e vuotezza, decadenza e uccisione, riunirsi e disperdersi; e tutti questi processi sono i fatti del Tao. Separato dalle cose e processi concreti, il Tao diventa una cosa morta e non può più esistere. Certamente, sebbene le cose concrete e i processi concreti siano le forme dell’essenza del Tao, il Tao ha la caratteristica di trascendere questi. Il Tao produce questi processi, tuttavia non rimane a nessuna cosa e nessun processo limitato; altrimenti il Tao non potrebbe essere l’origine di tutte le creature, non potrebbe essere che “in sé ha fondamento e radici”; perché qualunque cosa limitata non può essere l’origine di tutte le cose, non può nemmeno essere che “in sé ha fondamento e radici”. Le cose concrete hanno proprietà temporanee e limitate, ma non significa per questo che sono false. Questo perché le cose concrete sono i processi dell’esistenza del Tao, il Tao esiste nelle cose in ogni momento e dovunque, quindi le cose hanno la proprietà della verità perché possiedono il Tao.

Il Tao non ha nessuna regola, proprio perché esso contiene tutte le regole, cioè tutte le differenze. Il Tao sembra che non abbia nessun contenuto reale, ma esso contiene tutti i contenuti reali. Una volta perso il Tao qualunque cosa non può esistere, quindi si può dire che il Tao è tutte le realtà. Siccome il Tao è tutte le realtà, non possiamo limitarlo con i contenuti limitati. Non possiamo limitare il Tao, perché esso trascende tutte le nostre regole.

Il Tao non trascende solo le cose individuali, ma anche le varie descrizioni e definizioni che vengono date dagli uomini. È così perché il Tao include la vitalità infinita e il contenuto infinito e ricco, si cambia in continuazione, quindi trascende sempre i nostri orizzonti. L’uomo cerca di conoscere il Tao usando il suo giudizio ma le cose che il giudizio umano può afferrare sono sempre limitate, rigide e mancano delle vitalità. Perciò il Tao esiste al di fuori del giudizio umano, ovvero, trascende tutti i standard umani. Il Tao stesso non possiede quelle proprietà e quei confini che l’uomo gli ha dato. Questi confini sono stati prodotti dagli uomini per distinguere il vero e il falso, sono le regole umane. Se il Tao stesso è infinito, come può avere la distinzione di superiore e inferiore, sinistra e destra? Questi giudizi umani sono derivati dal punto di vista umano. Ma «dal punto di vista del Tao nessuna creatura è nobile o vile» (p.129, Le acque d’autunno), nobile o vile, non è la natura del Tao, è soltanto dato dagli uomini secondo le loro preferenze. Il Tao non favorisce nessun tipo di cosa; esso non ha conoscenza né desiderio; non ha coscienza né scopo; non ha nessuna cosa da inseguire né da possedere, pertanto esso tratta tutte le cose senza discriminare, quindi non ha il vero né il falso. È evidente che il Tao trascende i due estremi giudizi umani: si o no. È difficile evitare i due estremi dei giudizi umani di confermare e negare. A questo proposito, il Tao ha la caratteristica del stare nel mezzo.

[Tradutrice dottoressa  Huang Ping]

 

Bibliografia:

 

Cao Chuji, Interpretation of ZHUANGZI, Zhonghua Shuju, 2000, Beijing.

Fausto Tomassini, a cura di, CHUANG-TZU, TEA, Milano 1999

 

 

Lascia una risposta