Sull’immanenza del taiji

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Carlo Moiraghi*

L’immanenza del taiji, l’unità binomia in cui la ciclicità dell’esistenza si realizza indirizza alla ricerca di un fondamento di questo suo essere  inevitabile radice di ogni registro della realtà, fondamento costante che non può che risiedere nella matrice stessa della struttura terrestre, nel cuore del pianeta.

A riguardo non sono in grado di muovermi nella cultura orientale con una dimestichezza tale da potere scoprire in essa segnali rilevanti. Trasformo quindi il punto di debolezza in punto di forza non vivendo questo limite come carenza o insufficienza, ma come naturale e reale caratteristica. Fare tradizione significa infatti procedere lungo la via tradizionale secondo il  passo che è proprio dei cammini dei singoli, accomunando grammatiche e sintassi diverse secondo le singole formazioni. Considero quindi valore ulteriore spiegare l’immanenza macrocosmica del taiji alla luce della cultura occidentale.

L’indagine si è rivolta così alla filogenesi planetaria ad individuare un obiettivo processo iniziale nella formazione terrestre tale da determinare e reggere l’unità binomia propria dell’esistenza stessa. Evidenza e radice dell’unità binomia espressa dal taiji sono certo la rotazione e la rivoluzione planetaria da cui i ritmi circadiani ed annuali discendono. L’indagine si è dunque volta al satellite lunare che di rotazione e di rivoluzione planetarie è centrale stabilizzatore. Mi sono così interessato delle teorie astronomiche riguardanti la  formazione della Luna.

 

Teorie astronomiche    

Theia Eurifessa, Dea Splendente, nella tradizione greca era l’arcaica dorata titanessa, sorella e moglie di Iperione, madre di Selene, dea della luna, di  Elio, dio del sole, e di Eos, dea dell’aurora. È questo il nome che dagli anni settanta diversi scienziati, citiamo William K. Hartmann, Donald R. Davis, Alastair G. W. Cameron, scelsero per le teorie dell’impatto gigante, attualmente le teorie più accreditate quanto alla genesi della Luna. In modi differenti ma sostanzialmente simili, ipotizzano lo scontro di un corpo celeste di grandi dimensioni e di composizione ferrosa, Theia appunto, con la Terra. Dalla collisione avvenuta circa quattro miliardi e mezzo di anni fa sarebbero venute varie conseguenze. Nello scontro da un lato si sarebbe formata la Luna, satellite fondamentale nello stabilizzare ogni dinamismo e ritmo terrestre, rotazione, rivoluzione, maree. Da altro lato il nucleo ferroso di Theia si sarebbe approfondito giungendo al centro terrestre, da dove da allora regge da un lato il campo magnetico terrestre, da altro lato la rotazione del mantello terrestre, che viene trascinato dal profondo nucleo terrestre di origine theiana che ruota ad una velocità ben maggiore.   

 

La visione biblica 

Allora apparve un altro segno nel cielo, un enorme drago rosso con sette teste e dieci corna e sulle teste dieci diademi. La sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava nella terra. Il dragone si pose davanti alla donna che stava per partorire, per divorarne il figlio, non appena l’avesse partorito.                                       Apocalisse 12. 1 – 4

 

Interessante notare come nei miti di varie culture come pure in numerosi passi della biblica Apocalisse di San Giovani si possano riconoscere rivelazioni di questo scontro originario. Accade così che accreditate voci della scienza moderna, arcaiche leggende di culture diverse e l’antico racconto sacro suonino per grande parte concordi e noi ne gioiamo muti.

 

Il quinto angelo suonò la tromba e vidi un astro caduto dal cielo sulla terra. Gli fu data la chiave del pozzo dell’abisso. Egli aprì il pozzo dell’abisso e dal pozzo salì un fumo come il fumo della grande fornace, oscurò il sole e l’aria tutta.                                                 Apocalisse  9. 1

 

Conviene ora valutare l’immagine demoniaca che venne associata a  quest’affondo planetario.

 

Vidi poi un Angelo scendere dal cielo con la chiave dell’abisso e una grande catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico, cioè il diavolo, satana, e lo incatenò per mille anni. Lo gettò nell’abisso. Ve lo richiuse e ne sigillò la porta sopra di lui perché non seducesse più le nazioni fino al compimento di mille anni, trascorsi i quali dovrà essere sciolto per qualche tempo.                                              Apocalisse 20. 1

 

A ben vedere i tanti nomi tradizionali del demonio si mostrano attinenti a questa originaria collisione.

Il termine latino lucifer, da cui  Lucifero, indica il portatore di luce.

L’ebraico ha satan, da cui Satana, intende Colui che si scontra.

Diavolo, dal greco diaballo, significa Colui che si lancia attraverso.

Il greco daimon, da cui Demonio, nomina poi una forza arcana che appartiene alla sfera degli dei, potere impenetrabile, movente profondo che sollecita gli uomini, a loro favorevole o contrario. Nel mondo greco daimon è dunque potenza tellurica che riconduce nel suolo la divinità celeste, theos.

Venendo all’estremo Oriente, circa l’identica corrispondenza fra cielo e terra propria dei termini greci theos e daimon risuona nei termini cinesi shen, il fulgido spirito celeste, e gui, la diafana presenza animica terrestre.

Quanto a quest’ultimo termine cinese, gui, il più utilizzato nel significato di demone, va notato come la parte superiore dell’ideogramma rappresenti proprio il quadrato terrestre e ne costituisca la testa, mentre la parte inferiore ne raffiguri il dinamismo corporeo lieve e palpabile.

Va detto come in numerose tradizioni, e fra queste la greca e la cinese, anticamente il demone non venisse considerato l’assoluto signore del male ma piuttosto un servitore del cielo che in terra vegliava e vigilava sui percorsi e le scelte degli uomini e ne riferiva al cielo gli errori. A specchio della progressiva evoluzione del mondo e dell’uomo, nel tempo la figura del diavolo si trasformò da testimone degli umani errori a buia entità ispiratrice efferata del male. In Grecia fu con Platone che si evidenziò un’avvenuta evoluzione degli inerenti significati. Del resto, la straripante potenza tellurica del pianeta puntualmente distrugge le impronte e i segni umani fin al suo primo mostrarsi, si pensi a lave e vulcani, associarla al maligno venne quindi naturale e evidente. Dilatatasi via via la dicotomia fra il bene e il male nell’etica umana, nelle diverse tradizioni si chiarì così l’assoluta contrapposizione a Dio di questa pericolosa entità  sovrannaturale malvagia e tetra, distruttrice e menzognera, nemica  del bene e della verità, signore del male, principe della nefandezza che in ogni caso a Dio cede e soggiace.

 

Ma se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio.                                               Matteo 12. 28

 

Il cuore estraneo      

Trovo stupefacente eppure ovvia l’idea che il metallico magma incandescente, il nucleo fuso centrale nella terra, rappresenti l’odierna sempiterna realtà di quell’affondo ancestrale. Il metallico fuoco  che ribolle incandescente e eterno nel profondo del pianeta e dal suo centro lo regge e riscalda e fa ruotare non è intrinseco ad esso, ma almeno quanto alla sua origine ne è estrinseco, straniero, estraneo, diverso altro, alieno.

Xin, il cuore nella tradizione cinese, è fuoco celeste, ma anche il cuore terrestre, xin zhu, il ministro del cuore, il fuoco terrestre, è di origine celeste. E a ben vedere, le attività ulteriori e diverse del cuore del nucleo terrestre di origine theiana, campo gravitazionale e accelerazione rotatoria  da cui si muove per trascinamento l’intera rotazione terrestre pare analogicamente rapportabile nel microcosmico  corporeo alle attività ulteriori e diverse delle cellule miocardiche del nodo del seno, ritmiche capacità auto contrattili da cui deriva l’intero nutrimento ematico corporeo.

 

Ipotesi conclusiva

È dunque dalla evidenziata comunione di incommensurabili irrisolvibili  diversità e intrinseche distanze fra materia terrestre e materia non terrestre che muove l’incessante flusso dell’evoluzione planetaria. È questa l’esperienza originaria rimossa e perduta da cui e in cui e verso cui ogni cammino di verità e di sapienza risuona. Nell’esistenza terrestre vige dunque l’unità duale perché duale sono la sua formazione e la sua realtà, questa risulta dunque l’ipotesi conclusiva di questo lavoro.

Subito da questa affermazione si avvia l’ipotesi ulteriore che in altri firmamenti e contesti, in altri scenari al di fuori dell’inerenza terrestre, l’eventuale unità esistente possa rivelarsi sommatoria differente, coincidenza di numeri di fattori diversi, in relazione alla varietà delle differenti formazioni e realtà celesti, e che quindi nel cosmo possano esistere altre unità esistenti, sconosciute, plurime, altre realtà pressoché inconcepibili a noi terrestri che nell’unità duale terrestre siamo plasmati.

Ma questa è altra immagine e non vale ora qui prendere ad indagare.

 

Infine i più vivi ringraziamenti all’ Editoriale Jaca Book di Milano per la gentile concessione di pubblicare questo articolo tratto dal mio volume in lavorazione intitolato I fondamenti della Vera Medicina Cinese di cui detiene i diritti.

 

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