Il favoloso mondo di Lao Zi

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parte prima: Laozi ed il “Laozi Daodejing”
Roberto Favalli*

Quando ci si avvicina all’Agopuntura e alla Medicina Cinese è inevitabile venire a contatto con una delle correnti di pensiero più importanti della cultura tradizionale cinese, vale a dire la filosofia Daoista. Non deve stupire se viene utilizzata la dizione “Daoista” anziché quella più comunemente conosciuta come “Taoista”. Nella lingua cinese la nostra lettera “D” (Dao) ha una pronuncia molto simile alla lettera “T” (Tao). Da qui l’errore di trascrizione in “filosofia Taoista” della pronuncia fonetica di “filosofia Daoista”.
La filosofia Daoista rappresenta il terreno fertile entro il quale si radica solidamente l’albero della conoscenza della Medicina Tradizionale Cinese; riuscire a riassumere in poche pagine più di duemila anni di storia di una delle correnti di pensiero più importanti della Cina e del mondo intero è un’impresa certamente molto ardua. In questa sede verranno trattati solo alcuni dei suoi aspetti più significativi.
Quando si parla di Buddhismo, il pensiero va spontaneamente al suo padre spirituale, vale a dire al Buddha. Lo stesso vale per Confucio e il Confucianesimo, così come per Mao Zedong e il Maoismo. Per il Daoismo, vi è un fondatore, un maestro? Sì. Il padre spirituale della filosofia Daoista è il grande, il mitico, il leggendario, l’immortale Laozi, il Vecchio Maestro.

Laozi 老子, il “Vecchio Maestro”
Personaggio leggendario, mitico, di cui non si hanno prove certe della reale esistenza, trattandosi, probabilmente, di una stratificazione di più figure di grandi saggi dell’antichità. Sarebbe vissuto nel VI secolo a. C., contemporaneo di Confucio (551-479 a. C.), di Platone e di Buddha in quella che viene definita “età assiale” in quanto nello stesso periodo sono vissuti i primi grandi pensatori delle tre grandi civiltà in Europa, India e Cina.
Dal II secolo a. C. gli venne attribuito il titolo di “supremo saggio dell’umanità”, “maestro dei maestri”, oscurando la fama del maestro cinese per eccellenza, Confucio. Dal I secolo a. C. fu considerato un “Immortale” e venerato al pari di una divinità
In epoca più tarda egli venne identificato con Buddha, i cui insegnamenti furono introdotti in Cina tra il I e il II secolo della nostra era.
Nativo dello stato di Chu, avrebbe svolto l’attività di archivista presso la corte reale Zhou al tempo in cui visse Confucio. Quest’ultimo si sarebbe recato in gioventù a Zhou proprio per incontrarlo e ricevere da lui preziosi insegnamenti su protocolli e cerimoniali, materia nella quale poi Confucio sarebbe divenuto massimo esperto.

L’incontro tra Confucio e Laozi

Tale sarebbe stata l’impressione che Laozi avrebbe destato in Confucio, che questi avrebbe paragonato il Vecchio Maestro ad un drago capace di ascendere al cielo a cavallo di una nube o del vento (e così l’iconografia funeraria di epoca imperiale amò raffigurarlo).
Ad un certo punto della sua lunga vita, disilluso e amareggiato per i segni evidenti dell’imminente decadenza cui andava incontro la dinastia regnante, Laozi avrebbe abbandonato Zhou, dirigendosi verso Occidente. Giunto nei pressi di un passo montano, sarebbe stato fermato dal comandante di una guarnigione posta a presidio del luogo, il quale, intuendo che il maestro non sarebbe più tornato, lo avrebbe esortato a mettere per iscritto i suoi precetti affinché non venissero dimenticati. Laozi avrebbe allora sintetizzato la sua dottrina in un libro di circa cinquemila parole, il Daodejing o Classico della Via e della Virtù, concepito in due sezioni che trattavano del Dao, la Via, e della sua forza possente e virtuosa, il De. Dopo di che sarebbe sparito e nulla più si sarebbe saputo di lui.
Questo viaggio ispirò intere generazioni di pittori cinesi, che lo raffigurarono in innumerevoli dipinti, e anche artisti del nostro mondo, come Bertolt Brecht che, nel 1937, scrisse la “Leggenda della nascita del libro Daodejing di Laozi sulla strada dell’emigrazione”.
Laozi venne considerato un ideale di saggezza e di virtù. Si riteneva che, in quanto immortale potesse lasciare il mondo terreno e farvi ritorno a proprio piacimento. In ogni epoca, dinastia dopo dinastia, sarebbe disceso dalla sua dimora celeste per aiutare l’umanità sofferente, reincarnandosi in forma umana per assistere i governanti e guidarli nel difficile compito di favorire e mantenere la pace e l’armonia nel mondo, assumendo di volta in volta aspetto e nomi diversi. (A giudicare da come si stanno comportando molti uomini di governo, si direbbe che Laozi ultimamente o si è un po’ distratto oppure ha cambiato galassia per la disperazione!).

Il viaggio di Laozi verso occidente

In seguito venne attribuita sempre maggior importanza al suo viaggio verso occidente, dove Laozi si sarebbe recato per convertire le popolazioni “barbare” dell’India e dell’Asia centrale, manifestandosi loro come Buddha. Un0 dei tanti miti relativi alla sua nascita lo vorrebbe nato come Buddha da una regina dell’India, il che conferma la visione sinocentrica del popolo cinese, come si può evincere dal nome stesso che i cinesi danno alla propria terra, vale a dire Zhong guo, che, tradotto come “Cina”, significa letteralmente “Terra del centro”.
Il libro attribuito a Laozi, il Laozi Daodejing, è sicuramente una delle opere più importanti mai prodotte dall’umanità ed è secondo solo alla Bibbia per numero di traduzioni, oltre 250 compilate nelle più svariate lingue (yiddish ed esperanto incluse) in un arco temporale di circa quattordici secoli. La prima traduzione, realizzata in sanscrito, parrebbe risalire al VII secolo della nostra era. La prima traduzione in una lingua occidentale, il latino, risale al XVIII secolo. C’è chi guarda a quest’opera con autentica venerazione, considerandola “più che un libro, un angelo vivente” in grado di fornire ai suoi lettori “una risposta ad ogni problema della vita, una soluzione ad ogni situazione, un balsamo per ogni ferita” (Walker B. B., 1998). Cosa si potrebbe pretendere di più da un’opera di appena cinquemila parole? Il Daodejing, Libro della Via e della Virtù
Leggere un libro di cinquemila parole non è certo un problema. 5-6 pagine di questa rivista contengono all’incirca lo stesso numero di vocaboli. La difficoltà sta nel cogliere ciò che si cela nelle parole del Daodejing, compilato in cinese antico, con un linguaggio criptico, simbolico, arcano e spesso oscuro. È indispensabile avvicinarsi a questo grande libro avvalendosi di traduzioni adeguate e competenti, che mantengano l’aderenza al testo originale con rigore filologico senza, però, perdere la bellezza e la poesia dello scritto originale. Attualmente è disponibile in Italia il libro “Laozi, Genesi del Daodejing” curato dal professor Attilio Andreini per la casa editrice Einaudi di Torino, pubblicato nel 2004, con saggio introduttivo del professor Maurizio Scarpari (entrambi docenti di Sinologia presso il Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia). È una versione del Daodejing veramente eccelsa, dove l’estrema correttezza filologica si coniuga con la traduzione in un italiano dolcissimo, aulico e poetico. È ricco di note rivolte ai cultori della lingua cinese, dove si spiega con grande precisione il perché di scelte linguistiche che potrebbero suscitare perplessità tra gli addetti ai lavori. Non abbondano, invece, le note esplicative e interpretative ai vari passi che compongono il testo originale, per cui questa traduzione purtroppo lascia un po’ solo il neofita che, ignorando la lingua cinese, si avvicina alla lettura del testo per tentare di coglierne gli innumerevoli significati reconditi.
Un’altra traduzione, questa volta curata da J. J. L. Duyvendar “Tao Te Ching, il libro della Via e della Virtù”, edizioni Adelphi, anno 1973, viene maggiormente in aiuto con interessanti note esplicative a piè pagina e suggerimenti interpretativi preziosi per il lettore non specialista, mentre la traduzione è meno rispettosa del testo originale e presentata in un italiano meno suadente rispetto al volume citato in precedenza.

Struttura del Laozi Daodejing
Tra le versioni tramandate, le più accreditate dagli storici sono quelle reperite negli arredi funerari dei siti archeologici di Mawangdui, nel 1972, e di Guodian nel 1993. Il textus receptus dell’opera si presenta diviso in due sezioni principali, il Daojing o Classico della Via, e il Dejing o Classico della Virtù, suddivise a loro volta in “stanze o capitoli”, 81 in tutto (1-37 il Daojing, 38-81 il Dejing), laddove Dao, il principio eterno e insondabile che regola l’intero cosmo e da cui traggono origine il mondo e le creature tutte, viene reso con “Via”, mentre De, l’aspetto del Dao con il quale abbiamo costantemente a che fare, con “Virtù” o “Potenza [del Dao]”. Gli studiosi della letteratura cinese classica definiscono il Daodejing come appartenente ad un genere letterario specifico, denominato “poesia sapienzale daoista”: gli argomenti vengono sviluppati in una prosa poetica priva di digressioni narrative, massime e principi sono enunciati in versi per lo più a base tetrasillabica, sia rimati che sciolti.
La lettura del Daodejing è un’esperienza particolare: la dolcezza delle parole, la loro cadenza suadente e la bellezza delle immagini evocate spesso si accompagnano alla delusione e all’amarezza per il significato sfuggente, misterioso e arcano.
Alcuni concetti, però, risaltano con forza e si possono cogliere facilmente. È importante soffermarsi su almeno due di questi enunciati, Wu xing “Vuoto, senza forma”, e Wu wei “Non agire” o “Agire senza agire”.
Nella seconda parte di questo elaborato si cercherà di illustrare brevemente questi aspetti peculiari della filosofia Daoista.

Bibliografia essenziale
1. Andreini A., a cura di, “Laozi-Genesi del “Daodejing”, Biblioteca Einaudi, 2004
2. J. J. L. Duyvendar, a cura di, “Tao Te Ching, il libro della Via e della Virtù”, Adelphi, 1973
3. Larre C., Berera F., “Filosofia della Medicina Tradizionale Cinese”, Milano: Jaca Book, 1997
4. Belotti L., Favalli R., Ferrari P., Losio A., Marino A., Nasta P., Perini S., “Agopuntura e tecniche complementari in medicina dello sport”, Milano: CEA – Casa Editrice Ambrosiana, 2001

Altri contributi
“Laozi e il Daodejing”, da: “Uomini e profeti”, trasmissione radiofonica di Rai Radio Tre, a cura di Gabriella Caramore, con Attilio Andreini e Maurizio Scarpari, del 17-24 aprile, 1-8 e 15 maggio 2005. www.uominieprofeti.rai.it

Prima parte: la seconda parte verrà edita nel prossimo numero di Olos e Logos

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