Da “Le basi della medicina cinese” edito da Pendragon: “lo spirito – shen 神”

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Massimo Muccioli*

 Lo spirito

È difficile dare una definizione univoca del termine “shen” poiché nei testi cinesi esso riveste diversi significati a seconda del contesto in cui è utilizzato e inserito. Se è difficile definirlo, appare ancora più arduo tradurlo con una parola che ne esprime compiutamente i significati, anche se il termine “spirito” è sufficientemente appropriato ma non esaustivo.1

Un primo approccio al suo significato è dato dallo studio del carattere.

 

carattere shen 神 nella sua forma arcaica

carattere shen 神 nella sua forma attuale

 

Il carattere shen nella sua forma arcaica diverge, rispetto a quello attuale, per una naturale evoluzione grafica. Risalendo ad antiche iscrizioni, databili attorno al 1000 a.C., nella grafia antica è rappresentato a sinistra l’altare degli antenati, persone pensate all’epoca come potenti in vita e capaci dopo la morte di governare persino gli elementi naturali.2 Analizzando il carattere di sinistra è possibile intravvedere, nei due tratti orizzontali superiori che poi diventano verticali, l’immagine di qualcosa che dall’alto scende verso il basso: sono gli influssi che gli antenati manifestano nel nostro mondo attraverso segni che provengono dal cielo, elementi interpretabili dai viventi come presagi e manifestazione del loro disappunto. Era dunque importante attribuire agli antenati sacrifici e offerte non solo nell’ambito di una riconoscenza nei loro confronti per quanto avevano operato in vita, ma anche per non irritarne gli spiriti capaci di governare la natura. All’interno di tale contesto i tre tratti discendenti sono stati poi identificati come espressione di sole, luna e stelle, elementi celesti capaci di esprimere, attraverso eventi naturali insoliti come eclissi o comete, l’umore di tali potenti spiriti.

Nella sua successiva grafica, la parte sinistra del carattere non muta di significato e rappresenta sempre queste entità divinizzate capaci di governare le forze della natura e influenzare la vita degli uomini. Il mondo cinese antico si riempirà man mano di spiriti, intravvisti dietro ad ogni fenomeno naturale: si identificheranno così gli spiriti delle montagne, gli spiriti dei fiumi, gli spiriti del tuono e così di seguito sino ad entrare nella vita quotidiana con gli spiriti della casa, quelli del focolare per giungere infine anche allo spirito della latrina. Tra questi vi saranno spiriti venerati per timore, altri amati in quanto protettori della nascita, della salute ecc.

La parte destra del carattere shen è simile nelle due forme (l’antica e la più recente) perché rimasta pressoché immutata dalle origini sino ai giorni nostri. Questa parte costituisce anche la parte fonetica “shen” del carattere ed esprime un periodo di tempo all’interno di un ciclo che si perpetua.

Nel suo insieme il carattere shen indica pertanto qualcosa di sovrannaturale che si esprime nel tempo e nella vita degli uomini, si tratta di qualcosa di meraviglioso percepibile dagli uomini, qualcosa di straordinario che può svilupparsi nell’uomo sino a renderlo saggio se non divino. Ed è così che la parola shen giunge, passo dopo passo, a identificarsi con gli spiriti del cielo che guidano gli uomini alla realizzazione della loro esistenza.

In una visione che correla tali elementi alla medicina e al concepimento, lo shen è l’energia che vivifica il corpo dell’uomo. Shen sono gli “spiriti del cielo” che attirati dal tessersi di una nuova vita giungono ad animarla sin dalla sua origine: se ciò non accadesse, la semplice unione dei jing paterno e materno produrrebbe solo un aborto, un essere privo di vitalità.

 

spiriti originari yuanshen 元神

 

Gli spiriti originari yuanshen rappresentano queste potenze cosmiche che consentono la vita di ogni essere e di ogni cosa: insediatosi nel nuovo essere, questo seme celeste guida le trasformazioni e i soffi vitali (qi) secondo il loro ordine naturale.3 Ogni uomo può beneficiare di questa forza interiore ma deve scegliere di svuotare la propria mente e il proprio cuore da falsi ideali e desideri impropri: solo allora la potenza degli spiriti vitali jingshen potrà manifestarsi pienamente.

 

spiriti vitali jingshen 精神

due shen (ershen 二神

illuminazione shenming 神明

cinque spiriti wushen 五神

 

Nei testi medici il significato preciso del termine spiriti (shen) è sempre legato al contesto in cui lo si usa. A volte se ne parla in relazione alle divinità che si credeva popolassero la natura a la vita, altre volte si parla dei due shen (ershen) intendendo con tale termine lo yin e lo yang, oppure si allude alla potenza degli spiriti vitali jingshen o all’illuminazione e alla intelligenza legata al concetto di shenming (vedi nota precedente), più spesso il riferimento è ai cinque spiriti (wushen) che designano l’attività fisico-emozionale degli organi legati ai cinque elementi.

Il cuore è l’uno. Esso esprime l’unità del corpo e della vita, è colui che riconduce all’ordine primordiale l’intero organismo attraverso il suo saggio governo. Non a caso è il cuore la sede dello shen, la dimora perfetta per gli spiriti che attraverso il sangue possono diffondere la loro vitalità in ogni parte dell’organismo. Il cuore rappresenta, a immagine dell’antica corte cinese, l’imperatore che può contare su tutte le risorse del corpo per attuare le proprie decisioni.

 

cuore 心 xin

 

Il carattere che rappresenta il cuore (xin) è molto suggestivo poiché è aperto verso l’alto, come il letto di un fiume che accoglie l’acqua dal cielo e poi la lascia scorrere: allo stesso modo l’organo cuore riceve dall’alto le influenze celesti che scendono per vitalizzare e fecondare la vita dell’uomo.

Nel corso della propria esistenza l’uomo può anche non seguire la luce interiore degli spiriti del cielo, può lasciarsi distrarre da altro conferendo alla propria vita una direzione diversa e meno nobile. Il cuore è infatti una struttura aperta e riceve ciò che vi si pone all’interno, compresi i desideri che si coltivano e che entrano nel corpo attraverso gli organi di senso (gli orifizi del capo). Per questo gli antichi saggi cinesi raccomandavano di mantenere vuoto il cuore, cioè libero da tutti quegli influssi che non consentono alla vita di trarre diretto nutrimento dagli spiriti del cielo e di conformarsi alle leggi della natura e del Dao. È in tal senso che il Leijing afferma: “In un cuore vuoto e calmo nulla si attacca, nulla occupa indebitamente il luogo facendone la propria sede…”.

Lo shen, questo dono del cielo che anima il corpo al momento del concepimento, si fonde e confonde con la materia di cui l’uomo è costituito divenendo parte del corpo stesso, è inoltre plasmato e modificato da quanto i sensi accolgono, dai desideri coltivati, è condizionato dagli equilibri energetici del corpo. Per questo ogni uomo ha un suo shen,4 una sua diversa vitalità e interiorità, anche se al fondo siamo abitati dalla stessa luce celeste che però a volte fatica a vivere e trovare spazio di espressività.

Entrando nel mondo della medicina, lo shen è dunque parte del corpo, una delle cinque sostanze fondamentali alla vita. Il termine “sostanza” non è del tutto appropriato poiché shen è energia pura e come tale si comporta all’interno dell’organismo. Shen è lo spirito vitale che abita la persona e che si manifesta all’esterno attraverso lo sguardo, la forza insita nei gesti, il colorito dell’incarnato, l’aspetto della lingua e altro ancora. Per questo è possibile affermare che tutte le malattie hanno relazione con lo shen, poiché possiedono un loro riflesso sulla vitalità della persona. Allo stesso modo qualsiasi trattamento, per essere efficace e risolutivo, deve giungere sino allo shen, interessando la base vitale della persona. Ciò significa che la guarigione è una ritrovata armonia, condizione che dipende dal cammino e dalla trasformazione interiore della persona con un suo ritorno ad una fedeltà alla propria natura originale

La medicina tradizionale cinese attuale, in un processo semplificativo e distaccato dal processo ora esaminato, afferma che shen è l’insieme delle attività mentali (jingshen), la coscienza (yishi) e il pensiero (siwei).

 

 

 

Le diverse componenti dello shen

Il termine shen identifica un concetto globale, costituito al suo interno da varie componenti.

Shen è parte delle cinque sostanze, al tempo stesso pur essendo uno si esprime e articola all’interno della suddivisione in cinque organi. A custodire lo shen è il cuore, imperatore ed emblema dell’uno originale che riunisce in armonia il corpo intero, ma tale unità si esprime attraverso la specificità di ciascuno dei cinque organi (zang): il cuore tesaurizza gli spiriti shen, il polmone conserva i po, il fegato gli hun, la milza il proposito yi, il rene il volere zhi.

 

il cuore tesaurizza gli spiriti shen 神

il polmone conserva i po 魄

il fegato gli hun 魂

la milza il proposito yi 意

il rene il volere zhi 志

 

Ciascuna istanza rappresenta ed è correlata a un organo, a una specifica qualità di energia (qi) e movimento, a una sfumatura dell’essere che è al tempo stesso pensiero, azione e emozione. In tal senso lo shen è uno, ma condensa in sé le altre istanze correlate ai cinque organi e le governa come un unicum, similmente all’esercito imperiale che era uno ma composto da guerrieri provenienti da diverse regioni o stati dell’antica Cina,  retti ciascuno dal proprio governatore o duca o re. Ma è importante sapere che hun, po, yi, zhi e shen hanno una loro primaria e originale configurazione al di fuori del rigido riferimento dei cinque elementi: conoscere la loro origine è essenziale per coglierne pienamente i tanti significati.

 

Hun e po

Le nozioni di hun e po5 hanno radici molto antiche. Inizialmente essi nacquero come coppia e esprimono concetti non separabili legati all’animazione del cielo e della terra nell’essere umano, al suo spirito vitale. In tal senso hun e po devono necessariamente essere presenti nell’uomo sin dal suo sviluppo embrionale in quanto diretta espressione dello shen che con la sua presenza trasmette la vita. Il momento del loro sopraggiungere nell’embrione è controverso, ma dipende sostanzialmente dalla prospettiva in cui l’evento è esaminato nei vari testi. Nei testi più antichi si sostiene che al primo mese l’incontro tra il rosso e il bianco (jing paterno legato allo sperma e jing materno legato al sangue) generi una condensazione che solo al secondo mese si sviluppa come forma iniziale del nuovo essere mentre al terzo e al simbolismo del numero tre (legato ai tre qi fondamentali) sopraggiungono gli hun; i po giungeranno al mese successivo, in accordo con il simbolismo del numero quattro legato alla terra e alla forma fisica delle cose e degli esseri terrestri. All’interno di questo riferimento al quinto mese si formano i cinque organi, al sesto i sei visceri e al settimo i sette orifizi.  In testi successivi alla penetrazione del buddismo in Cina, hun e po sono visti come una potenzialità che si forma a poco a poco nel feto, sino a divenire sufficienti al momento della nascita: per questo gli hun compaiono solo al settimo mese e i po all’ottavo. Quando il bambino nasce, potrà allora svilupparsi nel corpo e nello spirito in modo sempre più autonomo e indipendente dalla madre.

anima ling 靈

 

Vi sono anche testi che sostengono debbano sopraggiungere prima i po (cui è legato il concetto di anima ling, vedi nota precedente) e solo successivamente gli hun: in tal caso si sottolinea come l’aspetto materiale-terrestre (po) debba essere prioritario rispetto alla venuta di una animazione celeste (hun) poiché questa ha bisogno di un luogo materiale in cui esprimersi. In fondo la questione non è troppo rilevante, poiché per gli uni e per gli altri hun e po sono e restano la fondamentale animazione che lo shen opera nell’embrione consentendone lo sviluppo e la maturazione in una progressiva consapevolezza di esistere.

Per comprendere meglio i concetti espressi da hun e po è necessario esaminare, seppur brevemente, la loro grafia.

 

fantasma gui 鬼

 

Entrambi i caratteri sono costituiti da un elemento comune, visibile sulla destra, che rappresenta gli spiriti della terra, una specie di fantasma (gui) raffigurato con una grande testa in alto e le gambe in basso. Non deve stupire l’uso di questo carattere anche in riferimento allo hun, legato all’animazione del cielo nell’uomo, poiché si sta appunto parlando di uomini e dunque di esseri terrestri. Resta evidente che in entrambi i casi vi è relazione con il mondo degli “spiriti”, con questa forza di animazione capace di esprimersi nell’uomo.

È essenziale riferirsi alla parte sinistra degli ideogrammi per identificarne compiutamente il senso. Nella parte sinistra del carattere hun sono rappresentate delle nuvole, un vapore che dal basso sale in alto, mentre nel carattere po è indicato il colore bianco, legato all’invecchiamento e a ciò che resterà del nostro corpo dopo la morte, cioè ossa bianche. Hun indica un movimento verso l’alto, l’elevazione di ciò che è chiaro, puro e leggero verso il cielo; po indica all’opposto la discesa dentro la terra di ciò che è pesante, opaco, corporeo. Mentre gli hun sono collegati a ciò che non ha forma ed è etereo, i po sono correlati alla materia e alla corporeità. Per questo gli hun sono legati al cielo e i po alla terra, ma tale legame esprime anche una gerarchia: poiché la terra è sottomessa al cielo, allo stesso modo i po debbono stare sottomessi agli hun. Tale sottomissione gerarchica non ha carattere negativo, è semplicemente espressione dell’ordine naturale delle cose, è la condizione per una intesa armoniosa tra hun e po che nella loro diversità esercitano nel corpo una attività di coppia.

Gli hun sono ciò che permette all’essere umano di percepire, comprendere, costruire pensieri, provare emozioni e sentimenti, è la sensibilità, la spiritualità, l’intelligenza, l’immaginazione, la progettualità, la fantasia, i sogni, la contemplazione, l’estasi, i movimenti che portano l’energia a vagare lontano dalla materialità delle cose e del corpo: conformemente alla loro natura gli hun tendono al cielo.

I po sono invece gli spiriti della terra legati alla vita corporea, alle reazioni e alle spinte istintuali, ai movimenti corporei non fondati sulla coscienza e consapevolezza, al mantenimento della vita e alla sopravvivenza, a tutto ciò che non è legato al pensiero ma alla naturale spinta del voler vivere.

Nella loro attività di coppia, hun e po attivano l’uomo nei due sensi mantenendo però un armonico ordine gerarchico. Per questo pur avendo fame non mangeremmo ad esempio i nostri figli, poiché i nostri pensieri e la nostra spiritualità (hun) influenzano e condizionano la nostra istintività (po). Se accadesse il contrario i po, affamati di vita e preoccupati solo delle loro necessità istintuali, ci porterebbero all’eccesso nel mangiare, nel possedere, nell’avere.

Hun e po sono dunque nell’essere umano espressione della coppia cielo-terra che lavora incessantemente all’interno della loro unità, come yang e yin. Nel momento dell’azione lo hun esprime ad esempio l’ardimento e il coraggio mentre il po la forza fisica.

Quando hun e po si separano gli hun, conformemente alla loro natura, fuggono verso l’alto e tendono ad uscire dal corpo senza bisogno di porte poiché sono eterei e senza forma mentre i po, al contrario, non riescono a lasciare il corpo poiché sono legati alla sostanza, alla materia e se escono devono farlo con la materia e attraverso porte e orifizi anatomici. È quanto accade parzialmente in vita durante il sonno o nelle esperienze di distacco dal corpo: gli hun vagano all’esterno del corpo o esprimono la loro attività attraverso i sogni, mentre i po restano ancorati alla materia, al corpo. Alla morte gli hun, yang e senza forma, escono dal corpo e si elevano verso il cielo, mentre i po, legati alla materia, restano ancorati al corpo e lo lasciano lentamente, uscendo dagli orifizi corporei con la materia in disfacimento, con i liquidi. Da questa visione dell’azione di hun e po nascono usanze antiche come il salire sul tetto della casa alla morte della persona, in modo da richiamare indietro gli hun e riunirli ai po per tornare a far vivere il proprio caro. Gli spiriti dei po erano particolarmente temuti poiché, avidi di vivere, potevano entrare in altri corpi possedendoli. Per questo, a morte oramai certa e definitiva, si era soliti chiudere gli orifizi corporei (specie bocca e ano) con della giada o con pezzi di carne cotta o con delle ancor meno costose palle di riso, per evitare la precoce dispersione dei po. Al momento della sepoltura era usanza in alcune zone della Cina costruire statue di legno e paglia che venivano ricoperte di abiti in modo da attirare i po che, avidi ma stupidi perché privi di intelligenza, sarebbero potuti così essere imprigionati e poi bruciati insieme alla statua. In ogni modo l’esecuzione dei giusti riti poteva garantire un regolare ritorno degli hun al cielo e dei po alla terra.  Nel culto degli avi si ritrovano in modo differente le stesse credenze: per evocare gli spiriti dei propri antenati si offrivano ai defunti incensi di artemisia e profumi che salivano al cielo a cercare gli hun, mentre in terra era versato sangue di animali sacrificali o liquori o parti di cibo per contattarne i po.

Nella visione antica sinora espressa, hun e po non sono legati ad un organo particolare, cosa che invece avverrà nel tempo con l’articolarsi e l’imporsi della teoria dei cinque elementi dove tali componenti non saranno più concepite come coppia ma diventeranno due all’interno di un gruppo di cinque. Legandoli a organi precisi essi diventano gli “spiriti” (shen) che caratterizzano il fegato e il polmone con una conseguente trasformazione della loro funzione e prospettiva.

 

Yi e zhi

Anche yi e zhi costituiscono una coppia ma non al’interno di una distinzione marcata dei loro significati: sono due elementi così legati da essere talora usati indifferentemente tra loro.

 

proposito (yi 意)

volere (zhi 志)

cuore (xin 心)

 

Esaminando i caratteri costitutivi di yi e zhi è possibile notare un elemento comune ai due termini: in entrambi, nella parte inferiore, è posto il carattere cuore (xin). In medicina cinese il cuore non solo governa la diffusione del sangue, ma presiede all’attività mentale della persona e al suo psichismo. I caratteri che identificano yi e zhi suggeriscono pertanto la loro dipendenza dall’attività del cuore: essi possono esistere solo come effetto e produzione del cuore, come risultato dell’attività mentale. Il cuore, come organo e funzione, si costruisce a poco a poco dentro il feto, il suo sviluppo continua poi nel bambino e procede sino alla maturità: è allora che il cuore può, attraverso la sua interiorità e intelligenza, guidare la propria vita. Il proposito (yi) e il volere (zhi) sono l’effetto e la produzione di un cuore sufficientemente costruito, che si assume la responsabilità di dare una direzione alla vita della persona.

Mentre hun e po erano elementi primari che inconsapevolmente animavano la vita dell’uomo, yi e zhi sono una produzione successiva legata allo sviluppo e alla attività del pensiero e del mentale.

Nel carattere yi la parte superiore a “cuore” rappresenta una bocca da cui escono suono e parole. Yi è dunque la manifestazione verso l’esterno di ciò che occupa il cuore, ma il suono e le parole proferite sono scelte dal cuore e corrispondono a una intenzione conforme a quanto ha elaborato la mente. In tal senso il proposito (yi) è la disposizione interiore della persona.

Il volere (zhi) non è altro che il persistere e concretizzarsi del proposito e della predisposizione interiore in azione o atteggiamento stabile, la capacità di focalizzare un obiettivo e perseguirlo con determinazione. Il carattere zhi mostra in tal senso un germoglio che dal cuore sale diritto e esce dalla terra con vigore. La linea verticale che sale decisa verso l’alto può essere interpretata anche diversamente, ma esprime comunque un impulso vitale, una tensione a sviluppare ciò che è al di sotto, è una forza di cambiamento e trasformazione. Il proposito (yi) è dunque la primaria disposizione interiore, il volere (zhi) è la costante focalizzazione di tale intenzione in un processo evolutivo di trasformazione e realizzazione. È evidente che i due termini sono molto legati tra loro, tanto che furono spesso utilizzati insieme se non indifferentemente tra loro.

Un’ulteriore precisazione deve essere posta riguardo alla impropria traduzione di yi con il termine pensiero. Il pensiero (si) è cosa diversa dal proposito (yi): pur essendo entrambi correlati alla attività della milza, il proposito (yi) appare come primario, alla base di ciò che poi consentirà lo sviluppo di un pensiero (si), basato su ragionamento, integrazione di dati, immaginazione ecc.

Per i confuciani era molto importante coltivare il proprio proposito per renderlo retto: se la disposizione del cuore non fosse stata corretta, non lo sarebbe stata neppure l’azione che ne conseguiva. A tale scopo essi erano soliti osservarsi attentamente, consci che l’uomo aveva la capacità di discernere ciò che era in sintonia con l’ordine delle cose e della vita e ciò che invece era loro contrario. Questo procedimento era basato sullo studio come conoscenza e sull’osservanza dei riti che garantivano e ritmavano la vita secondo giusti valori e riferimenti. I taoisti, al contrario, ritenevano che fosse importante liberare il proprio spirito vuotando il cuore e la mente da ogni pensiero, poiché solo così la persona avrebbe potuto attingere alla sorgente della vita nutrendosi direttamente da essa e non da ciò che la mente avrebbe potuto elaborare al riguardo.

Il corpo intero e in particolare la milza presentano continuamente al cuore stimoli, percezioni, memorie, pensieri: il cuore può rifiutarli o accettarli, ma se li accetta essi diventano suoi, lo abitano, diventano il suo proposito. Per questo gli antichi saggi cinesi raccomandavano di mantenere il cuore libero da passioni, seduzioni e desideri, in modo da rendere il proprio proposito essenziale e autentico, connesso e quasi identificato con gli influssi provenienti dagli spiriti del cielo.

Quando il proposito permane e diventa stabile assume il nome di volere (zhi). Non è possibile parlare di volere (zhi) senza la costanza di un proposito che è il persistere di un’intenzione, di un desiderio, di un pensiero. Sia il volere che il proposito possono essere retti oppure fuorviati da desideri impropri, non conformi all’ordine naturale rappresentato dagli spiriti.

Il volere sinora descritto appartiene sempre al cuore, solo in epoche successive subirà una trasformazione di significato e sarà attribuito, nell’ambito dei cinque elementi, al rene.  Esemplificando, è il cuore che determina le parole e il loro contenuto, l’intonazione della voce, il gesto della mano che accompagna il parlare, è sempre il cuore che non fa distrarre il pensiero e mantiene l’attenzione dove serve, è il cuore che fa l’unità della persona attraverso proposito (yi) e volere (zhi). Il cuore non è mai senza una sua disposizione, ma ciò è decisivo poiché il cuore governa il corpo intero dirigendone il qi in funzione del suo proposito e volere. L’innamorato andrà dunque incontro alla sua amata, conformemente al proposito che lo abita: è il cuore ad attivare le energie, a dirigere il qi in modo utile a raggiungere il proprio scopo.

Se si possiede la disposizione a lasciarsi penetrare da stimoli provenienti dall’esterno, la vita sarà determinata da emozioni che causeranno un’eccitazione continua del qi, spostandolo ciascuna secondo la propria natura,6 se invece si segue una retta via interiore, il qi fluirà ordinato e pacato. Per questo gli antichi cinesi ritenevano che la persona fosse in qualche modo responsabile delle proprie emozioni: ciò che è presente nel cuore dirige il qi.

In modo speculare accade che una cattiva circolazione del qi possa influenzare lo shen, tanto più se questo non è ben radicato in un retto proposito e volere.

 

Note

1 In considerazione dell’intraducibilità del termine, nel testo è mantenuta e usata la denominazione originale “shen”.

2 Si riporta nel testo la bella interpretazione del carattere shen e del suo significato dati dalla sinologa Elisabeth Rochat De La Vallée nei suoi testi e nei suoi seminari.

3 La luce e lo splendore di vita e di intelligenza che deriva dalla pura presenza degli spiriti è denominata shenming 神明 (il carattere ming significa luce, luminosità, splendore). Lo stesso termine è usato per indicare quanto segue fedelmente le trasformazioni e l’ordine naturale dell’universo, mostrandone bellezza e armonia.

4 Un’elaborazione, propria al taoismo alchemico, inserisce in questo contesto il concetto di anima (ling). La mente e la coscienza hanno bisogno di un corpo per esistere: tale aspetto yin è rappresentato dall’anima-ling mentre l’aspetto yang è legato allo spirito-shen. In tal senso ling esprime la separazione che prende forma nell’individualità, mentre shen è lo yang senza forma che non si declina nell’identità personale ma è espressione dell’unità cosmica. Il testo non approfondirà tali concetti che resteranno qui indistinti all’interno del termine “shen”.

5 Durante la tarda dinastia Han il numero degli hun fu fissato in tre, quello dei po in sette.

6 Ogni emozione possiede un suo particolare riflesso sul qi. La collera, ad esempio, fa salire il qi mentre la preoccupazione lo annoda e la paura lo blocca o fa scendere.

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