Primo carattere: essere un uomo

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林国旺 Johann Lin*

* Istituto Confucio Macerata

Con due tratti, 丿, piě e 乀, , si scrive il carattere 人, che si pronuncia rén, e significa uomo, in senso di umano, di persona e popolo, non nel senso di opposizione e contrasto tra uomo e donna. Si tratta di un carattere indipendente che tuttavia può essere utilizzato come come radicale allo scopo di manifestare che il significato del carattere complesso in cui compare ha a che spartire con l’uomo.

Chi è l’uomo? Platone, il filosofo occidentale più amato dal popolo cinese, sentenziò che si trattava di un bipede sfornito di piume e caratterizzato dalla statura eretta. Che coincidenza! Si tratta propio del significato mostrato da questo carattere! Ma questo carattere fu inventato migliaia di anni or sono ed i suoi inventori non conoscenvano Platone e la sua descrizione dell’uomo. Il carattere è precisamente una stilizzazione di un uomo in piedi su due gambe. Esiste un proverbio che afferma che l’uomo deve mantenere la statura eretta che è descritta dal suo carattere 人.

La cultura tradizionale cinese può essere definita la cultura dell’uomo e non quella di Dio. Al popolo cinese piace affermare che per essere un uomo, per comportarsi da uomo l’uomo deve agire da uomo e parlare la lingua dell’uomo e agire e trattare la gente da uomo cioè seguendo l’umanesimo. Una condanna grave ad una persona consiste nell’affermare tu non sei un uomo! O porre la domanda tu sei un uomo? Nella visione della cultura tradizionale cinese l’uomo è il protagonista del mondo, lo scopo della vita.

L’uomo è realmente un grande problema per l’uomo. Come comportarsi per essere un uomo buono? Come costruire una vita buona da uomo? Il Confucianesimo ed il Taoismo suggeriscono vie differenti. Il Confucianesimo sottolinea che l’uomo deve comportarsi responsabilmente relativamente alla famiglia, agli amici, alla società ed alla natura e contemporaneamente deve gioire di tutto ciò. All’opposto il Taoismo suggerisce una vita di libertà, una libertà del cuore. Che significa che l’uomo deve essere libero dagli scopi opprimenti della vita sociale e indipendente dell’intrattenere relazioni che affaticano l’esistenza.

Non è vero che nel cuore del popolo cinese non esista nessun credo spirituale trascendente, ma è altrettanto vero che il popolo cinese non presta particolare attenzione alla vita religiosa monastica. Esistono gruppi di monaci buddisti nella società cinese che vivono raccolti nei monasteri buddisti anche se la vita buddista è piuttosto lontana dalla mentalità cinese. Persino durante il regno della dinastia Tang 619-907 d.C., in un periodo in cui il Buddismo influenzò notevolmente la vita quotidiana ed esisteva un numero rilevante di monaci, alcuni studiosi proposero, seguendo l’ottica confuciana, che il governo avrebbe dovuto intervenire nei templi buddisti per fare sì che i monaci si comportassero da uomini! Cioè che l’imperatore favorisse il ritono dei monaci all’interno delle loro famiglie di origine perché la vita del monaco all’interno del tempio non corrispondeva alla vita dell’uomo nella famiglia e nella società.

Finalmente il Buddismo cinese evolve come un Buddismo basato sulla vita quotidiana condotta generalmente del popolo. Uno degli esempi in questo senso è la setta Zen. La dottrina tipica di questa setta  afferma che lo Zen esiste nel mangiare e nel dormire, cioè lo Zen esiste nella vita dell’uomo e non solo nel tempio. In ogni caso in Cina la vita religiosa è assorbita e riconciliata con la vita quotidiana. Amleto è famoso in Cina per la sua famosa affermazione, essere o non essere, questo è il dilemma. Se fosse stato cinese avrebbe potuto affermare essere o non essere un uomo, questo è il dilemma.

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