Che cosa è il Tao: la comprensione del Tao di Zhuangzi – III parte

image_pdfimage_print

Yan Chunyou*

 * Professore della Facoltà Filosofia e Sociologia Università Normale di Pechino, del Centro della Ricerca di Valore e Cultura; Direttore cinese dell’Istituto Confucio presso l’Università degli Studi di Macerata E-mail: ycy0088@sina.com

Siccome il Tao varia indefinitamente, è differente secondo il tempo e il luogo, non vi sono cose immutabili per sempre. Così non possiamo misurare le cose o le azioni con un standard generale, astratto e rigido; altrimenti, sarebbe controproducente. Viene violato il Tao se uno rema con la barca sulla terra e guida la carrozza nell’acqua. La ragazza brutta che imita Xishi (la ragazza molto bella nella Cina antica), fa in modo di essere ancora più brutta, anche questo è una violazione del Tao: non sa che il cipiglio su Xishi è bello, ma non è bello su lei. La bellezza di Xishi non è a causa del cipiglio, ma il cipiglio è bello a causa di Xishi. E questa bellezza appare solo in quella persona, in quel luogo, in quel momento e in quell’umore. Quindi, «basta che tu pervenga al Tao e nulla vi sarà che tu non possa» (p.119, Il Cielo ruota). Se si possiede il Tao non c’è nulla che non funzioni; se si perde il Tao, non c’è nulla che funzioni. Ma questo Tao cambia secondo il tempo e il luogo.

Poiché tutte le cose originano dal Tao e ritornano nel Tao, non esiste il vero apparire e il vero scomparire. Con le parole di Zhuangzi è «mai morti e […] mai vivi» (p.142, La felicità somma). L’apparire e lo scomparire delle cose accade in funzione del Tao. Questa funzione sottile, Zhuangzi la chiama “Ji”: «i semi hanno un ciclo: nell’acqua formano le lenticchie d’acqua, nel limite tra terra e acqua formano il muschio da rane e da ostriche, […] gli uomini entrano nel ciclo. Tutte le creature escono dal ciclo e rientrano nel ciclo» (p.142, La felicità somma). Nei semi si nasconde la potenza misteriosa e la funzione sottile che si può chiamare “Ji”. Secondo alcune condizioni, Ji produce i vari esseri in ordine e infine produce l’uomo; alla fine l’uomo ritorna nel Ji. Tutte le cose sono state prodotte da questo Ji, e tutti ritornano nel Ji. Così il termine “i semi” nel paragrafo, non si deve comprendere semplicemente come i semi delle piante, ma come il Tao; esso è “i semi” in “tutte le cose sono i semi”. Solo così si può dire che “tutte le creature escono dal ciclo e rientrano nel ciclo”. Il cosiddetto Ji, non è una sostanza esistente in o al di fuori del Tao, ma deve essere la funzione concreta e sottile del Tao, forse come ha detto Laozi “mistero del mistero, porta di tutti gli arcani”. Solo che Laozi lo indica nel senso astratto, Zhuangzi, invece nel senso concreto. Quindi possiamo chiamarlo Xuanji (la potenza misteriosa). Il motivo per cui abbiamo detto che Ji non è una sostanza, è che non è un oggetto reale. Non è una borsa che può contenere a pieno carico tutte le cose preparate; in caso contrario, che cosa viene prodotto dal Ji dipende dalla condizione. Il cosiddetto “tutte le creature escono dal ciclo e rientrano nel ciclo” significa che produrre e scomparire sono causa del Ji. Questa scomparsa non vuol dire che le cose diventano il vuoto assoluto, ma si conservano ancora nel Ji. Queste parole di Zhuangzi dimostrano che non è l’evoluzione d’essere vivente, come pensano tante persone, ma inesistenza dei confini chiari in assoluto tra le varie cose; si possono trasformare l’una nell’altra secondo le condizioni; oppure le cose differenti possono diventare un unitario processo dal Tao: tutte le cose sono forme differenti dal Tao; naturalmente, queste forme differenti vengono prodotte dalla funzione del Ji. Così sembrerebbe che le cose vive non siano mai vive, perché le loro radici esistono nel Ji; e le cose morte non sono mai morte, perché sono nascoste nel Ji. Un passaggio di Zhuangzi in “I discorsi affidati ad altri” rende questa idea più profonda: «tutte le creature sono della stessa specie e si trasmettono forme dissimili. Principio e fine sono come un circolo, di cui nessuno afferra la ragione. Questa è la regolarità del Cielo: la regolarità del Cielo è la spontaneità» (p.228, I discorsi affidati ad altri). Dal punto di vista che da ogni cosa si può produrre l’altra, ogni cosa può essere considerata come un seme, quindi da ogni cosa può crescere una nuova cosa. Così le cose si sostituiscono mutevolmente in forme varie, dall’inizio alla fine, la fine di una forma è l’inizio dell’altra, come un anello, non troviamo né l’inizio né la fine. Questa è la creazione della natura, ossia, la creazione del Ji.

Questo è il Tao di Zhuangzi. Tale Tao è molto misterioso ed è l’esistenza ultima. La supremazia del Tao si ha non solo perché esso è l’origine e la base di tutte le cose, ma anche perché è l’ultimo confine della conoscenza umana. Qualunque forte capacità cognitiva abbiamo, qualunque nostra conoscenza che non ha confine concreto, non siamo in grado di trascenderne il confine ultimo. Altrimenti, il Tao non sarebbe più l’esistenza suprema. Avvertiamo ovviamente l’esistenza del Tao, ma non possiamo dirlo precisamente, per questo viene detto: «arrestarsi senza sapere perché è così dicesi Tao» (p.14, Discorso sull’identità delle creature). Numerosi fenomeni mostrano l’esistenza del Tao: «i soffi sono dissimili in diecimila modi e si governano da sé […] Chi li stimola affinché da sé prendano impeto?» (p.10, Discorso sull’identità delle creature). Non possiamo sapere i motivi per cui questi fenomeni vengono prodotti, ma stanno esistendo effettivamente. Tuttavia le cose possono cambiare da sé, ma perché? Devono esserci dei fattori che permettono dei cambiamenti.«Senza la spontaneità io non sarei, senza di me essa non avrebbe un dominio. Ad essa siamo vicini, ma non sappiamo a qual fine comandi. È come se vi fosse un vero signore di cui appunto non cogliamo il segno. Che possa operare lo crediamo, ma non ne vediamo la forma. Le cento ossa e i nove orifici esistono come complesso: quale mi è più caro? Sei contento di tutti o hai delle parzialità? Allora, li tratti come servi e serve? E se questi servi e queste serve non sono in grado di governarsi fra loro, si alternano a fare da principe e da sudditi? Deve esservi un vero principe! Sia che si possa sia che non si possa coglierne le qualità, nessun accrescimento o diminuzione ne deriva alla sua realtà» (p.11, Discorso sull’identità delle creature). Sentiamo che c’è un dominatore, ma non vediamo il suo segno. Comunque, a prescindere che lo sappiamo o meno, non cambia da sé. «Le creature si trasformano senza conoscere il loro trasfondersi. Sanno forse dove finisce e dove comincia? Lo aspettano e basta» (p.161, L’albero della montagna). Tutte le cose cambiano e crescono, tuttavia non sappiamo come tutte le cose si sostituiscono mutevolmente, non possiamo sapere l’inizio e la fine del processo del cambiamento. È il Tao, quello “sconosciuto” che detrmina tutti i fenomeni apparsi. Tutti i vari fenomeni davanti a noi mostrano che esiste una forza grande che non siamo capaci di descrivere. È il Tao che promuove i processi delle cose nel nascere, crescere e morire. Lo chiamiamo inadeguatamente il Tao. Per quanto riguardo il Tao, non possiamo sapere come è e come esso promuove le cose nel crescere e morire. Questa conoscenza del Tao, Zhuangzi la chiama “la sapienza dell’insipienza”.

La trascendenza del Tao è già difficile da comprendere, ma ci sono aspetti ancora più difficili da capire. Come è già stata affermato, il Tao non ordina solo la qualità di tutte le cose, ma anche la loro quantità. Ciò significa che i rapporti tra qualsiasi cosa, gigantesca o minuta, sono stati ordinati dal Tao. “I rapporti” includono qualitativo e quantitativo, anche il tempo e lo spazio. In breve, includono tutte le proprietà. Per esempio, un organo è stato formato da centinaia milioni di cellule, ma i rapporti tra tutte le cellule sono determinati; anche così i rapporti tra differenti parti più piccole nella cellula. Anche ogni nostro capello è stato già progettato, è così anche i processi completi di ogni fenomeno. L’ordinamento e la funzione del Tao, negli aspetti piccoli, raggiungono l’elemento più minuto; negli aspetti grandi non esistono elementi enormi che si possano omettere. È impossibile immaginare come gli uomini possono trattare i rapporti così complessi. L’uomo non possiede fondamentalmente tale capacità e non ha un’intelligenza così avanzata. Tale intelligenza supera grandemente la nostra e supera anche la nostra comprensione. È incomprensibile e inconcepibile.

Tale Tao, dal punto di vista umano, è il confine ultimo della conoscenza. Il cosiddetto “ultimo” vuol dire che non è possibile trascenderlo. La conoscenza umana non può afferrare il Tao, perché esso è infinito e la conoscenza è sempre limitata. Se si può dire che tale Tao sconosciuto è un mare grande, la nostra conoscenza è una goccia d’acqua piccola. Così Zhuangzi disse: «non conoscerlo è profondità, conoscerlo è superficialità» (p.180, Il viaggio di Sapienza verso settentrione). L’uomo non può avere la conoscenza del Tao, perché ci sono sempre cose sconosciute e cose non viste; e il Tao trascende sempre al fuori delle opinioni preparate. Inoltre, anche se lo conosciamo, non possiamo esprimerlo in una lingua. Per questo motivo, Laozi e Zhuangzi pensavano di avvicinarsi al Tao eliminando la conoscenza, così, si possono eliminare i pregiudizi e le ostinatezze, per fare sì che il Tao appaia.

La restrizione del Tao alla conoscenza umana è anche sul suo cambiamento. Il Tao sta cambiando indefinitamente, è difficile prevederlo. Il Tao è come la musica che riempie l’universo, «le stagioni sorgono alternandosi e le creature vivono adattandosi. Ora è splendore ora è decadenza nei ricorsi di potenza civile e di prepotenza militare, ora è purità ora è impurità nell’accordo dello yin e dello yang. Nelle sue note scorrono luci ed ombre, quando tutto è quiete impaurisce col rombo del tuono. Non ha coda alla fine né capo all’inizio, ora è morte ora è vita, ora è caduta ora è ascesa, le quali non hanno limite nel loro perpetuarsi né di esse si può accogliere con favore una sola» (pp.111-112, Il Cielo ruota). Questa musica sembra ci sia, è anche che non ci sia, alta e bassa, cambia in modo infinito, così «volevi riflettere ma non riuscivi a comprendere, guardare ma non riuscivi a vedere, seguire ma non riuscivi a raggiungere» (p.112, Il Cielo ruota). Per tale musica universale con la vitalità che «l’ascolti e non ne odi il suono, la guardi e non ne vedi la forma, riempie e colma il Cielo e la Terra, avviluppa i sei punti cardinali» (pp.112-113, Il Cielo ruota), come possiamo afferrarla e averla?

Si dice spesso che la conoscenza umana è anche infinita, quindi il mondo essenzialmente è conoscibile. Non capiscono che l’infinità della conoscenza umana è una infinità falsa, perché qualunque conoscenza umana è definita, possiede una limitazione, cioè in sostanza è ancora limitata. Non importa quanto sarà profonda la conoscenza, non ci si avvicina affatto all’infinità, perché l’infinità non è possibile avvicinarla a noi, quello che è possibile avvicinare è la limitazione. Quindi l’infinità è il limite finale della conoscenza umana. Poiché c’è sempre il mondo sconosciuto infinito al di fuori della fine della nostra conoscenza, come possiamo dire che il mondo è conoscibile? Infatti non sappiamo se il mondo è conoscibile o no. Il Tao che ha affermato Zhuangzi non è inconoscibile, ma trascende la nostra capacità della conoscenza. Non è possibile che il Tao diventi il nostro oggetto.

Tale forza o esistenza infinita, illimitata e instabile, è fondamentalmente mistica, perché non sappiamo perché è così, non sappiamo la causa della sua esistenza. Poiché questo mondo è infinito, significa che sul tempo non possiamo limitare nel suo passato e futuro; sullo spazio non possiamo scoprire i suoi limiti, pertanto non possiamo sapere tutte le sue nature. Come una sabbia ha una natura infinita. C’è sempre un mondo sconosciuto profondo dietro ogni cosa conosciuta. È inevitabile che non sappiamo la natura della cosa conosciuta in questo mondo sconosciuto, quindi essenzialmente non sappiamo la natura di questa cosa. Questo “inconoscibile” è l’origine del mistero che fa diventare tutte le cose inconcepibili, e non sappiamo perché è esistente, per quale motivo è esistente, perché è esistente in questo modo. Da qui è stato deciso che non possiamo parlare chiaramente di questo mondo in modo essenziale; solamente riteniamo che possiamo.

Tale mistero dà ugualmente a noi un timore reverenziale. Non solo Dio che ci fa riverire, ma anche la natura o il Tao senza volontà e scopo ci fanno riverire. Questa natura grande, la sua profondità, la sua ampiezza, il suo tempo infinito, la sua profonda sapienza e sovrumanità, il suo cambiamento instabile, come può non farci riverire? La natura grande non può pensare e considerare, ma tutto ha il suo destino. Tutte le cose possano divenire secondo le sue “volontà’’, ma alla fine c’è sempre un limite che non si può superare. Una volta superato il limite, la cosa andrà a scomparire. Non ritieni che non c’è un Dio che possa fare i propri comodi, se non ti dai un limite, il Tao te lo darà!

L’intelligenza della natura crea ogni cosa, nonostante una mosca, una formica, sono tutte opere della sua intelligenza profonda e il frutto della sua saggezza; e l’uomo è il capolavoro della grande natura. Non possiamo limitare questa intelligenza infinita, pertanto non possiamo comprendere totalmente ogni esistenza, perfino le nostre esistenze stesse sono incomprensibili. La grande natura è sacra e tutte le cose create da Lei sono sacre. Di fronte alla saggezza della grande natura, è mai possibile che avevamo una profonda riverenza in mente?

Di Tao o Natura, certamente non possiamo parlare chiaramente e completamente, ma questo non significa che sia senza senso come qualche filosofo occidentale ritiene. Dicono che si deve parlare soltanto delle cose di cui si può parlare chiaramente, si deve stare in silenzio sull’argomento di cui non si può parlare chiaramente. Loro non sanno la ragione “lo sconosciuto è profondo e il conosciuto è superficiale”. Poiché c’è un mondo sconosciuto e infinito dietro al mondo conosciuto, come si può dire che la tua conoscenza è il vero sapere? Come si può dire che puoi parlarne chiaramente? Della cosa infinita non si può parlare chiaramente, ma l’infinità non è che non esista, e delle cose di cui puoi parlare chiaramente non è necessaria l’esistenza. Il Tao non è un concetto puro che indica nulla, il suo corrispondente è l’esistenza reale, solo che non ce la facciamo a parlarne chiaramente. Per quando riguarda la sua esistenza il Tao è conoscibile; ma d’altra parte, siccome non possiamo parlarne chiaramente e afferrarlo, non possiamo dire che è inconoscibile o conoscibile.

Ammettiamo che non parliamo chiaramente del mondo in modo essenziale, non è insignificante, al contrario, ha un significato molto importante. Se ritenessimo che possiamo parlare del mondo chiaramente, si creerebbe l’idea che l’uomo può sconfiggere sicuramente la natura, cercare di controllare la natura, rendere la natura come schiava sotto i piedi, la natura diventerebbe il giocatolo nelle mani umane, così non sarebbe possibile avere riverenza verso la natura. Se ammettiamo che non possiamo parlare chiaramente del mondo in modo essenziale, avremo rispetto verso la natura, non oseremo sperare invano di conquistarla, non oseremo farle cose seguendo i nostri desideri, controlleremo le nostre azioni. Riverire la natura, infatti è riverire noi stessi. Quando vediamo la natura misteriosa e sacra con un atteggiamento di riverenza, noi stessi diventiamo sacri.

 

[Tradutrice dottoressa  Huang Ping]

 

Bibliografia

Cao Chuji, Interpretation of ZHUANGZI, Zhonghua Shuju, 2000, Beijing.

Fausto Tomassini, a cura di, CHUANG-TZU, TEA, Milano 1999

Lascia una risposta