Il concetto di vuoto nella cultura e nella medicina cinese

image_pdfimage_print

Lucio Sotte*

Il concetto di Vuoto

La nozione di Vuoto è un concetto fondamentale del Taoismo e dell’intera cultura cinese, che viene fatto proprio dalla medicina. La stessa cosmologia cinese parte da questo concetto: all’inizio c’è il Caos Primordiale, che viene osservato e definito come tai xu, Grande Vuoto, o anche come wu ji, Senza Limite o Senza Polarizzazione. Da questa «assenza» origina la vita.

Un passo del capitolo III dello Zhuang Zi ricorda come il Vuoto sia alla base della Cosmogonia: “Il dao (tao) ha per origine il Vuoto. Dal Vuoto è nato il cosmo da cui emana il qi”.

La vita del cosmo origina dal Grande Vuoto, la vita sul nostro pianeta inizia nel Vuoto Mediano, che può essere inteso a livello macrocosmico come lo spazio fecondo tra Cielo e Terra e a livello microcosmico umano come il luogo della libera circolazione dei soffi vitali.

Un passo del capitolo XI del Dao De Jing illumina sul significato di Vuoto nel pensiero taoista: “Trenta raggi si congiungono a un mozzo unico: questo vuoto nel carro permette l’uso. Con una zolla d’argilla si dà forma a un vaso: questo vuoto nel vaso permette l’uso. Si dispongono porte e finestre in una stanza: questo vuoto nella stanza permette l’uso. L’avere permette il vantaggio, il non avere l’uso”.

I trenta raggi della ruota indicano i trenta giorni del mese, il mese suggerisce le stagioni e il trascorrere del tempo dell’anno, cioè la vita dell’universo ritmata dal tempo del Cielo. Alla stessa maniera il vaso di argilla delimita uno spazio che è correlato simbolicamente alla Terra.

Le porte e le finestre delimitano gli ambienti della casa abitata dall’Uomo.

La triade Cielo-Uomo-Terra viene messa a confronto con i concetti di Pieno e di Vuoto. Il Pieno, rappresentato dai raggi della ruota, dalle pareti del vaso e dagli infissi della casa, costituisce il visibile della struttura, ma il Vuoto del perno della ruota, della cavità del vaso e degli ambienti della casa rappresenta l’invisibile che permette l’uso di ogni struttura. Il Vuoto è il luogo della circolazione dei soffi vitali ed è la sede degli scambi.

Il Vuoto è la condizione per ogni trasformazione, per l’accadere di ogni avvenimento: ciò è vero nella fisica e nella medicina cinesi, ma anche nelle arti come la letteratura, la musica e la danza.

Nella concezione cinese l’arte della scrittura è basata sul Vuoto, che viene in parte riempito dai tratti del pennello: la calligrafia si serve dello spazio bianco tra i tratti di ogni carattere per situare e definire i tratti stessi.

Nella pittura cinese lo spazio «non dipinto» spesso prevale su quello tratteggiato, come a voler significare che è il «Vuoto» a definire il «Pieno». Nella calligrafia come nella pittura la dialettica Vuoto-Pieno è uno strumento per portare alla luce gli effetti di un’altra dialettica: quella yin-yang. È il qi dell’artista che guida il pennello a realizzare nel carattere o nel tratto pittorico un’opera che sia una sorta di microcosmo che richiama il macrocosmo: quel macrocosmo il quale procede da un soffio primordiale che sfrutta appunto il «Vuoto» per circolare.

La rappresentazione simbolica del Vuoto è la Vallata, un incavo «vuoto» che genera e nutre tutti gli esseri e le cose che la abitano e non si esaurisce mai, come afferma il Dao De Jing  al capitolo VI: “Lo spirito della Vallata vive per sempre; qui si parla della Femmina misteriosa. La Femmina misteriosa ha un’apertura da cui escono Cielo e Terra. L’impercettibile filo fila indefinitamente, vi si attinge senza mai esaurirlo”.

Nell’arte della musica il silenzio tra una nota e la successiva permette loro di situarsi e accadere dando ritmo al brano.

Nella poesia si utilizzano parole «vuote». Lo stesso accade per la danza che, in analogia alle ginnastiche mediche e alle arti marziali, si fonda su un raffinato calcolo del Vuoto e del Pieno nell’appoggio del peso del corpo, così come nella realizzazione dei gesti che strutturano i movimenti.

Da questa concezione di Vuoto ne deriva una seconda altrettanto importante: il debole vince il forte, lo scipito ha più gusto del saporito. Per esprimere questi concetti si fa di frequente riferimento alla natura dell’acqua che, apparentemente debole, vince ogni ostacolo, discende, penetra e umidifica ogni cosa.

Il capitolo XLIII del Dao De Jing  afferma: “Ciò che vi è di più tenero al mondo alla lunga vince ciò che vi è di più solido. Ciò che non ha penetra ciò che non ha vuoti. Da questo apprendiamo il vantaggio del non agire. L’insegnamento senza parole, il vantaggio del non agire, pochi vi arrivano”.

E sempre dal capitolo XXXVI del Dao De Jing: “Flessibile e debole trionfano su duro e forte”.

Così accade che negli esercizi di qi gong l’attenzione sia sempre posta sulla «rilassatezza» delle masse muscolari che, proprio perché toniche, elastiche ma non irrigidite e congestionate, permettono al qi di fluire pienamente e realizzare compiutamente ogni gesto. Anche nelle arti marziali vengono utilizzati questi concetti: un colpo di gong fu (kung fu) è efficace quando l’atleta è in grado di condensarvi tutta la propria energia, che può sprigionarsi liberamente solo attraverso il Vuoto, perché il rilassamento muscolare che deriva dall’allenamento impedisce che ci siano delle rigidità da superare. Si vince non perché si è più forti e potenti dal punto di vista muscolare, ma perché si è in grado di governare appieno la propria energia ed esprimerla compiutamente con un gesto libero che non è ostacolato da nessuna pienezza.

Questi concetti valgono anche in medicina: uno dei meccanismi eziopatogenetici più frequentemente alla base dei fenomeni morbosi è quello del rallentamento e/o dell’ostruzione della circolazione del qi, che determina la malattia ostacolando i processi di produzione, distribuzione, purificazione del qi stesso.

Vari caratteri vengono utilizzati per esprimere ilconcetto di Vuoto: chong, che trasmette l’idea di un fluido espulso con violenza; kong, che indica lo spazio vuoto della volta celeste; infine xu, che si rapporta con l’idea di Vuoto come condizione per la circolazione silenziosa dei soffi vitali. Si tratta del Vuoto che descrive la condizione ideale nella quale gli elementi yin  si comportano naturalmente come tali, così come quelli yang , e tra i due poli yin-yang si ha un interscambio leggero e silenzioso di soffi.

Lo stato di salute è caratterizzato dal silenzio, non ci sono rumori di fondo, come se nulla accadesse. Il carattere xu rappresenta una collina deserta dove «nulla» ostacola il fluire regolare dei soffi.

 

Il «Vuoto del Cuore»

Un altro elemento fondamentale del Taoismo che si trasmette alla medicina cinese e che qui brevemente anticipiamo è una sorta di conseguenza della pratica del Vuoto applicata al «mentale» tramite il Cuore, che rappresenta simbolicamente quanto di più spirituale alberga nell’organismo.

La medicina cinese affida simbolicamente al «Cuore» e al sistema a esso correlato (apparato circolatorio, vene, arterie, vasi capillari, ecc.) il compito di svolgere nell’ambito dell’organismo il ruolo che il Sovrano svolge nell’ambito dello stato. Nel governo dello stato si distinguono due livelli: uno inferiore e ordinario e uno superiore e straordinario. Il governo ordinario è quello degli affari politici di tutti i giorni ed è affidato ai ministri, che nel nostro organismo sono simbolicamente rappresentati da altri organi, come ad esempio il Polmone o il Pericardio: essi non disturbano il Cuore per le questioni di poco conto che possono risolvere. Il governo superiore e straordinario è invece affidato solo al Sovrano ed è quello di dare “autenticità” alla vita del popolo, di guidare il popolo alla sua “vera realizzazione”: questo è il compito proprio del Sovrano e dunque del Cuore. Per svolgere questo compito occorre imparare e mettere in pratica l’«Arte del Cuore», ossia il lavoro sublime del Cuore, che consiste nel realizzare il «Vuoto del Cuore».

“Il Vuoto del Cuore non è un fenomeno statico e passivo ma è bene espresso dall’immagine dinamica del fluire di un fiume: l’acqua che scorre permette, nello stesso istante in cui scorre, all’acqua che arriva di prendere il suo posto, il posto dell’acqua appena passata; oppure dall’immagine dello specchio che riflette tutte le realtà. Il Vuoto del Cuore è perciò la condizione per aumentare la nostra percezione cosciente, libera da vizi e pregiudizi: è quella condizione libera dal passato e dal futuro che permette di vivere la pienezza dell’hic et nunc.”

Tre sono i termini che ricorrono continuamente nei testi classici per designare ciò che deve concorrere a mantenere questo Vuoto: wu yu , Senza Desiderio, wu zhi, Senza Conoscenza e wu wei , Senza Azione.

Il Cuore deve restare «senza desiderio» […] desiderio è il desiderio naturale, è la vita che vuole vivere.

 

Il Senza Desiderio è non restare attaccati all’oggetto del desiderio. Il desiderio viene, non lo si asseconda e questo permette ad altri desideri di venire. Allora si desidera e si resta Senza Desiderio.

 

Dunque il Vuoto del Cuore è osservare la regola del vivere Senza Desiderio: questa è la condizione di base per far affiorare il desiderio naturale della vita che vuole realizzarsi. Senza Desiderio è non attaccarsi agli oggetti del desiderio e mantenere il proprio «Cuore Vuoto» in modo da poter recepire e percepire tutti i desideri. Il «Vuoto del Cuore» permetta allo shen (il mentale, lo psichismo) di trovare un luogo adatto alla propria dimora. A questo proposito riportiamo un passaggio dello Xun Zi , capitolo XXI, che afferma: “Come può un uomo conoscere il dao (tao) ? Grazie al Cuore. Come può il Cuore conoscere? Grazie al Vuoto, perché il Vuoto non dirige verso le impressioni già tesaurizzate, ma verso ciò che deve essere ricevuto”.

Questo atteggiamento permette all’uomo la vera conoscenza, che non consiste per i taoisti nell’acquisizione di nozioni, ma al contrario nel «saper vivere» secondo un agire naturale che proprio perché naturale è una «conoscenza senza conoscenze».

 

Il «Non Agire»

La vita del cosmo è un flusso, uno scorrimento interminabile e ciclico fondato sul dao (tao) , che rappresenta il senso di questo flusso e contemporaneamente la Via da percorrere per adeguarsi a esso.

Il dao (tao) è il programma formativo di tutta la creazione come legge determinante di tutti i fenomeni naturali ed è anche la norma da rispettare per perseguire la salute e la felicità. Il dao (tao) è quindi la Via per  arrivare alla conoscenza e anche il metodo da seguire per poter conoscere: è contemporaneamente un contenuto, cioè la conoscenza, e un evento dinamico di conoscenza, cioè la strada, la via, il percorso.

Il Taoismo è inoltre una filosofia basata su una sorta di «egoismo», inteso in senso positivo e conservatore, come un mezzo, cioè, che consente all’uomo di concentrarsi nel seguire la Via che porta alla felicità nel pieno compimento di sé attraverso il metodo del «Non Agire»: wu wei , cioè non interferire con il corso naturale delle cose, ma anzi assecondarlo.

La conoscenza del dao  può essere raggiunta solo tramite una sorta di ascolto passivo, che si realizza quanto più è totale il silenzio che l’osservatore è in grado di produrre dentro di sé. Lao Zi sostiene infatti che “Il dào  segue le vie della Natura” e che l’uomo dovrebbe essere come l’acqua che costantemente si conforma a tutto quello che incontra. Per raggiungere questo scopo Lao Zi ci insegna che non bisogna perseguire gli interessi umani, che sono sempre dettati da impulsi personali spesso deleteri, bensì è indispensabile che l’uomo si concentri su una non attività di carattere ascetico, adeguandosi alle leggi naturali, conformandosi come microcosmo al corso del macrocosmo che lo circonda e lo comprende.

Nel Dao De Jing  si legge: “Ci sono quattro fenomeni grandiosi nell’universo; il genere umano è uno di questi. Il genere umano segue le vie della Terra. La Terra segue le vie del Cielo. Il Cielo segue le vie del dao . Il dao  segue le vie della Natura”.

 

Longevità, salute, sapienza e santità

Il Vuoto del Cuore e il Non Agire conducono al «Saper Fare», che consiste in un «Saper Essere» che da una parte conduce alla salute e dall’altra alla completa realizzazione di sé.

La visione taoista fa trasparire una sorta di consonanza tra salute e piena realizzazione di sé. Si realizza pienamente colui che perseguendo la Via riesce a fare silenzio all’interno del suo corpo per riuscire a coglierla pienamente e identificarsi con essa.

Nel capitolo I del Su Wen viene descritto il percorso che nei tempi antichi ha condotto gli uomini Autentici e quelli Assoluti all’immortalità.

Vengono poi citate altre due categorie di uomini, che realizzano nel presente la loro piena aspettativa di vita: i Sapienti, che arrivano al massimo della loro longevità e i Santi, che diventano centenari.

Attraverso queste due categorie viene descritto il lavoro che ogni uomo deve compiere su di sé per realizzare pienamente la sua salute e vivere compiutamente i giorni che il destino gli affida mediante il comportamento apparentemente «passivo» del Vuoto del Cuore e del Non Agire. Si tratta, come abbiamo già accennato, di seguire uno stile di vita che conduca all’eliminazione di tutti i rumori di fondo che disturbano la capacità di cogliere il possesso di sé, cioè la possibilità di adeguarsi al dao. Ciò accade contemporaneamente in senso fisico, psichico e spirituale, com’è ovvio per una medicina che non distingue le parti ma, al contrario, considera l’unità dell’individuo un postulato di base.

La Santità è un atteggiamento mentale e fisico di estremo rispetto di sé e di messa a frutto di tutti i propri carismi fondato sul Non Agire: si tratta di perseguire un agire autentico ed efficace, che è il contrario di quanto può apparire a prima vista l’espressione «Non Agire»: una sorta di rinuncia o di inattività. Non Agire è invece un Agire allo stesso modo e nello stesso senso della natura, assecondando il corso naturale. Ma per fare questo occorre eliminare ciò che ostacola l’ascolto vero del fluire naturale e anche il tumulto e la distrazione apportati dall’eccessiva stimolazione dei sensi.

Il capitolo XII del Dao De Jing  affronta il rapporto tra iperstimolazione sensoriale e Santità: “I Cinque colori accecano l’occhio, le Cinque note assordano l’orecchio, i Cinque sapori guastano la bocca […]. I Santi favorivano ventre e non occhio, rifiutavano l’esteriore e si attenevano a se stessi”.

Quando si dice che i Santi favorivano il «ventre» si intende che prediligevano la pienezza dei soffi vitali conservati nella regione addominale, mentre il non favorire l’occhio va inteso come un assecondare il controllo dei sensi.

Il Santo è l’uomo che perseguendo la Via naturale porta a termine i giorni che il destino gli ha assegnato tesaurizzando e ottimizzando tutte le energie che ha ricevuto al momento del concepimento, attenendosi a una regola sana che si traduce in un comportamento sano.

La longevità è vivere a lungo, ma soprattutto vivere bene, è Saper Essere non sperperando nulla di sé. I concetti di salute e di santità si vanno così a confondere l’uno con l’altro.

Un dato emerge chiaramente da questi aspetti del pensiero taoista applicato alla medicina: l’uomo è responsabile del proprio stato di salute, che può favorire con un comportamento corretto che ottimizza i lati positivi minimizzando gli aspetti negativi della sua costituzione o, al contrario, distruggere applicando uno stile di vita dissoluto o contrario alle necessità del suo organismo.

Appare chiaro, a partire da quanto appena affermato, come la prevenzione occupi un posto rilevante nella medicina cinese e si esplichi attraverso metodiche molteplici: dietetica, ginnastica, meditazione, farmacologia, agopuntura.

Il paziente cinese si reca dal medico per un check-up energetico prima di ammalarsi o ai primi sintomi di squilibrio e il compito del medico è quello di scoprire i settori più deboli dell’organismo allo scopo di suggerire al paziente come nutrirli o «tonificarli». La moderna gerontologia conferma molti aspetti dell’antica medicina cinese, e in particolare la necessità di eliminare i «rumori di fondo» del nostro organismo per il mantenimento dello stato di salute e la promozione della longevità. In questo senso promuovere la salute equivale a trovare il modo per far funzionare il motore del nostro organismo con il «minimo più basso possibile», evitando quegli stress ossidativi che sono alla base della maggior parte dei processi di invecchiamento.

Tra le pratiche di «lunga vita» è tenuta in particolare considerazione una serie di tecniche sessuali che hanno lo scopo di preservare il jing, ovvero la quintessenza vitale che tutti gli uomini ereditano al momento della nascita e che gradualmente diminuisce nel corso della vita, fino a esaurirsi completamente al momento della morte.

Dalla filosofia taoista deriva la sensibilità che la cultura cinese ha sempre dimostrato nei confronti della vita e della salute e di tutte le tecniche mirate alla loro conservazione e al loro miglioramento. Se il bene dell’uomo si identifica con la possibilità di portare a termine il proprio destino vivendo con serenità gli anni che ci sono stati assegnati, allora si spiega perché i taoisti privilegiassero nella loro vita tutte le pratiche che miravano a questo scopo. La concezione che la prevenzione delle malattie possa essere attuata attraverso la capacità di vivere in armonia con i ritmi della natura, limitando gli eccessi, allontanando le passioni e praticando costantemente le «tecniche di lunga vita» era già radicata ai tempi di Lao Zi. Il perfetto equilibrio tra microcosmo-uomo e macrocosmo-universo garantisce lo stato di salute e la corrispondenza tra questi due cosmi porta addirittura a concepire il corpo umano come una specie di paesaggio interno che si conforma a quello esterno.

Così i mari, il sole, la luna, i fiumi, le montagne danno nomi molto poetici e simbolici alle varie zone anatomiche del corpo e agli stessi punti di agopuntura e svolgono nel «paesaggio interno» compiti analoghi a quelli svolti nel macrocosmo.

Il medico di medicina cinese si pone di fronte al paziente con un duplice atteggiamento: da una parte utilizzare tutte le armi terapeutiche a sua disposizione per «curare» la malattia già in atto o «mantenere» il più a lungo possibile lo stato di benessere, dall’altra «educare» il paziente a conoscere se stesso e adeguare il proprio comportamento fisico, psichico e sessuale al fine di realizzare pienamente le proprie potenzialità. Questo secondo aspetto della medicina cinese è fondamentale per la sua più compiuta espressione in ambito preventivo.

 

Bibliografia

Sotte L., ed altri, Fondamenti di Agopuntura e Medicina Cinese, CEA, Milano, 2006

 

Comments are closed.