L’origine della vita: l’energia, la pulsazione ritmica, il movimento

Alberto Bevilacqua*

* Grafologo clinico – Diplomato in medicina integrata PNEI – Coordinatore SIPNEI per la regione Marche e membro del Consiglio Nazionale SIPNEI – email: marcob70@libero.it

 Lo studio della grafia ha origine da una concezione ideografica degli atteggiamenti umani connessa all’immagine, al simbolo ed ai conseguenti significati semantici che ne scaturiscono. Tale studio si razionalizza nell’osservazione scientifica della gestualità (psichica, nervosa e fisiologica) in relazione alla complessa dinamica motorio-comportamentale, alla costituzione biologica, alle espressioni temperamentali e caratteriali ed alle modalità individuali di interpretazione simbolica del proprio vissuto in rapporto al mondo reale.

La metodologia grafologica consente di definire, pertanto, il livello e la qualità dei ritmi vitali, la presenza di eventuali blocchi energetici, la dinamica più o meno armonica dello stretto binomio tensione-distensione, la soglia di eccitazione o inibizione della cellula nervosa, l’interazione tra le strutture corticali e sottocorticali (con l’evidenziazione di una possibile prevalenza funzionale di alcune di esse quali il pallidum, lo striato e il cortex) ed infine, ma non ultimi, il livello, la qualità e la quantità della scarica energetica emotiva e neurovegetativa che influiscono sulle capacità adattive bio-sociali dell’individuo.

Ci si rende subito conto che trattare questa materia significa prioritariamente utilizzare i fondamenti della neurologia ma più ampiamente ed approfonditamente quelli di tutte le branche delle Neuroscienze. Infatti il linguaggio neuromuscolare del movimento scrittorio si realizza mediante un processo di ‘circolarità informazionale’ tra il sistema nervoso centrale e l’apparato osteo-muscolare mediante sequenze fisiologiche e biochimiche globali particolarmente complesse. Da una parte vi sono implicati i nuclei profondi del cervello, cioè i gangli della base comprendenti appunto le aree del pallidum e dello striato e quelle del nucleo subtalamico e della substanzia nigra che si relazionano tutti con la parte frontale della corteccia e, dall’altra, con le strutture ossee, le giunture elastiche e i tendini che impegnano la spalla, il braccio e l’avambraccio, il polso, le dita e tutti i muscoli pronatori e supinatori coinvolti nel processo.

Parlare dunque di grafologia, cioè dello studio del comportamento dell’uomo osservato dal punto di vista della sua produzione grafica, significa però, in premessa, liberare il campo da tutta una serie di dubbi, soprattutto espressi da detrattori che vorrebbero, ancora oggi, relegare questa materia ai confini delle ‘arti’  non meglio identificate intendendo non riconoscerle alcun aspetto di scientificità.

Non molto tempo fa è uscito, ad esempio, un articolo su una rivista di psicologia che si interrogava se la grafologia fosse una scienza e gli autori ne sostenevano la non validità in quanto ‘scienza non misurabile’. Ma la scienza è scienza solo se misurabile o se ne può concepire anche l’incommensurabilità? Riprenderò via via nei prossimi numeri questo aspetto ma fin d’ora va sostenuto e ribadito con forza che le critiche gratuite non fanno onore allo stile propositivo, se coerente e rigoroso, al rispetto del sapere altrui e alla correttezza dialogica, soprattutto se della grafologia non si conoscono le premesse scientifiche, i postulati, gli assiomi ed il grande vantaggio scientifico che può realmente offrire se si propone questa disciplina anche in un’ottica interdisciplinare.

Biologia, psicologia, sociologia, bioenergetica ma anche fisica quantistica, cibernetica, cimatica, solo per citarne alcune, sono tutte materie scientifiche delle quali il segno grafico contiene in sé aspetti utili ed interessanti, anche se tuttavia potrebbe sembrare non credibile e fantasioso.

Come si può già intuire da questa introduzione, lo studio del ductus scrittorio è molto impegnativo e richiede un approccio profondamente articolato perché la materia appartiene alla branca dei  ‘sistemi complessi informazionali’. Sotto questo profilo è peraltro doveroso riconoscere ed ammettere che il grafologo normalmente è, da questo punto di vista, spesso carente e ha quindi il dovere di integrare le proprie competenze per ampliare ed arricchire la sua visione e la sua conoscenza soprattutto trasformando il suo modo di pensare scientifico da logico in analogico. Questa urgenza d’altro canto non è però una esigenza solo sua!

La specificità dell’uomo è quella di saper codificare in sé tutte le fenomenologie della natura e del cosmo, da quelle protoplasmatiche a quelle filosofico-spirituali e, considerata la caratteristica principale ed unica delle sue continue modulazioni e metamorfosi comportamentali, occorre che il suo studio, onda grafica compresa, sia di correlazione e per l’appunto olistico. È soprattutto per questa peculiarità dell’uomo che ritengo personalmente impensabile la sua eccessiva ‘misurazione’ e la sua riduzione all’interno di ‘incasellamenti’ statistici, se non per il solo principio di indeterminazione di W. Eisemberg che può farci solo avvicinare il più possibile alla migliore verità plausibile.

Un fondamentale assunto da cui partono alcuni grafologi, per impostare la metodologia grafologica, si basa sull’assioma che la vita sul nostro pianeta sarebbe stata prima generata e poi sviluppata dall’instaurarsi e dal perpetuarsi del flusso ritmico della vibrazione universale per cui i processi vitali naturali nascono e si espandono con la spontanea sequenza, detta con le parole di W. Reich, della tensione-carica-scarica-rilassamento, senza soluzione di continuità. Quando tale flusso viene disturbato ed alterato: “la biopatia umana (diventa) la somma di tutte le distorsioni delle naturali forme di espressione del vivente” 2 poiché “il vivente funziona corrispondentemente alle emozioni plasmatiche primarie che hanno la funzione di arrivare al soddisfacimento delle tensioni e dei bisogni biologici” 3.

Sorprendentemente l’onda grafica è un linguaggio emblematico di tale progetto della natura poiché nella scrittura le varie modalità di tensione dei tratti discendenti, della qualità della carica energetica, della sua modulazione e dell’armonizzazione delle forme letterarie rappresentano una puntuale conferma, sul versante grafologico, dello stesso sforzo compiuto dall’organismo umano per l’irrinunciabile esigenza vitale di adattamento.

Il caposcuola della grafologia italiana, G. Moretti, individuò subito infatti, fin dall’inizio dei suoi studi, che tali necessità esistenziali erano espresse anche nel flusso scrittorio mettendo così in evidenza due fondamentali segnali neurografomotori derivanti dal rapporto sinaptico cervello-mano, due forme complementari della stessa pulsazione vitale: la curvilineità, come movimento di sicurezza, di scorrevolezza ed espansione dell’energia e l’angolosità, come segnale di controllo tensivo e di vigilanza. Dette in termini neurofisiologici tali espressioni rappresentano l’attività del pallidum e dello striato che, già menzionate, sono due aree del tronco cerebrale inglobate nei gangli della base del cervello primitivo che assicurano congiuntamente e contemporaneamente la libertà ed il controllo del movimento, unitaria e duplice funzione fondamentale di garanzia per la salvaguardia della sopravvivenza. Da qui nasce il primo assunto scientifico che definisce il gesto grafico come una delle dimostrazioni più significative della motilità psiconeuromuscolare dell’uomo.

(esempio di grafie ad arte) (Fonte: Torbidoni L., Zanin L., Grafologia – testo teorico-pratico), pp. 51 – 54

Nei prossimi numeri della rivista tratterò di volta in volta, oltre a quelli già citati, dissertazioni di antropologia umana, di fisiologia, di biochimica delle emozioni e ulteriori  argomenti per meglio dimostrare il valore scientifico della materia poiché, ritenendo di aver almeno suscitato qualche curiosità intorno a questa inedita scienza dell’uomo, le riflessioni che ne scaturiranno (sempre con etica descrittiva e rigorosa), potranno far ritenere plausibile che la disciplina grafologica abbia tutti i requisiti, e lo dico con convinzione e senza riserve, per essere considerata non solo una scienza ma una ‘scienza globale’, capace di rappresentare la ‘summa’ di tutte le fenomenologie naturali e comportamentali dell’uomo: fisiche (materia, energia, spazio, tempo, forze e vettori), chimiche (emotività e reazioni endocrinologiche), sociologiche e antropologiche (grafia come comunicazione interpersonale) e filosofico-spirituali (armonia, livelli di consapevolezza del Sé, coscienza profonda). Il percorso sarà lungo, impegnativo e molto articolato ma auspico che possa produrre nel lettore nuovi stimoli, curiosità scientifiche, riflessioni e… forse entusiasmo e coinvolgimento!

 




Analogia e simbolismo del linguaggio medico cinese

Lucio Sotte*

*Direttore di Olos e Logos: dialoghi di medicina integrata

La lingua cinese e la scrittura ideografica

La lingua e la scrittura rappresentano senza dubbio gli elementi più caratteristici della cultura di ogni popolo e di quella di ogni singolo individuo: sono infatti la sintesi del metodo usato di osservazione-descrizione-lettura-codificazione-interpretazione del reale che ogni popolo eredita dalla sua storia così come ogni individuo di quel popolo dai suoi genitori e dagli antenati, per svilupparlo nel presente e tramandarlo nel futuro tramite le generazioni successive.
Nei nostri cromosomi sono raccolti i codici che raccontano l’evoluzione filogenetica della vita a partire dagli organismi unicellulari, passando per i pesci, gli anfibi, i rettili, gli uccelli, i mammiferi, per arrivare infine all’uomo e, all’interno di ogni singolo uomo, a quella particolarissima individualità rinnovata che è l’esito della sintesi del tutto originale dell’eredità dei patrimoni genetici paterno e materno nell’istante della fecondazione. Alla stessa maniera nelle parole che pronunciamo, nella logica, nella grammatica e sintassi che ne governano i rapporti, nella loro rappresentazione grafica attraverso i simboli della scrittura sono raccolti i codici dell’evoluzione culturale di tutte le generazioni che ci hanno preceduto. I nostri antenati hanno osservato, descritto, letto, codificato ed interpretato il reale attraverso una lingua che si è tradotto in una scrittura che evolve con la storia delle generazioni che si susseguono.
Come in biologia la mappa cromosomica è uno specchio del passato che organizza il presente e progetta il futuro della specie, così la mappa del linguaggio-scrittura di ogni popolo è in grado di fornirci il racconto del suo metodo di lettura e confronto con il reale, della sua modalità di percezione, in ultima analisi della sua cultura. Il linguaggio è consensualmente lettura, codificazione, comunicazione degli uomini e tra gli uomini ma rappresenta anche la modalità di percezione che ogni individuo possiede del reale: tale percezione in ultima analisi è fortemente caratterizzata dai codici che si utilizzano per descriverlo. Occorre in questo senso non essere ingenui: il nostro cervello non è una ‘tabula rasa’ che osserva e cataloga in maniera assolutamente soggettiva ed indipendente, la sua modalità percettiva e soprattutto quella interpretativa sono determinate dalle parole e dalla sintassi imparate a partire dai primi giorni di vita. 
A partire da queste considerazioni affrontiamo gli aspetti più salienti della lingua e della scrittura cinesi che rappresentano il modello di riferimento per tutte le altre lingue e scritture estremo-orientali, come ad esempio il coreano, il giapponese, il vietnamita, che derivano direttamente o indirettamente dal cinese.

Scrittura alfabetica ed ideografica

La lingua e la scrittura cinesi sono del tutto originali se confrontate con quelle utilizzate in tutto il resto del pianeta. Mentre infatti il latino, il greco, l’ebraico, le lingue neolatine, quelle anglosassoni e germaniche, quelle slave, ma anche l’arabo ed le altre lingue indo-europee utilizzano per la scrittura il sistema alfabetico, in Cina ed in Estremo Oriente si usano i ‘caratteri’. 
Nella lingua alfabetica ogni parola è formata da suoni (o fonemi) che corrispondono a segni (o grafemi): nessuno fonema ha significato in sé, così come nessun grafema. Le lettere dell’alfabeto (a, b, c, d etc.) sono soltanto ‘suoni e segni’ e non significano nulla se prese isolatamente; assumono valore semantico solo quando si susseguono per formare e definire una parola che ha senso specifico.
In qualche maniera si può affermare che anche nella scrittura alfabetica si utilizza il metodo di affronto del reale tipicamente occidentale che si fonda all’inizio sull’analisi – l’isolamento dei singoli elementi del reale, che nel caso della lingua e scrittura sono i singoli suoni ed i singoli segni – e poi sulla sintesi – la successione dei singoli suoni e segni a formare la parola letta o scritta.
Tutti gli alfabeti conosciuti funzionano alla stessa maniera anche se utilizzano segni o grafemi diversi. Da questo punto di vista un italiano, un inglese o un francese che scrivano con i caratteri latini sono parenti strettissimi di un russo o di un serbo che scrivono con i caratteri cirillici, di un israeliano che usa quelli ebrei, ma anche di un siriano che scrive in arabo o di un antico abitante dell’Ellade che utilizzava l’alfabeto greco.
In Cina non esiste nessun alfabeto che fa corrispondere fonemi, cioè semplici suoni, a segni o grafemi privi di senso: al contrario ogni ‘carattere’ della scrittura cinese – tranne rarissime eccezioni – ha un suo specifico significato, anzi generalmente ha più di un significato, diversi significati possibili: ‘ogni carattere è polisemantico’ ed acquista all’interno della frase il  significato – tra i molteplici che possiede – che è il più probabile e plausibile tenendo conto dei caratteri che lo precedono e di quelli che lo seguono. Si può affermare – con un’evidente forzatura che serve tuttavia ad introdurci a questo sistema – che ogni serie di caratteri di una frase cinese è una sorta di ‘rebus’ il cui vero senso si individua cogliendo il nesso tra i singoli caratteri che, dei molteplici significati di ogni carattere, enuclea ed individua quello o quelli più probabili a partire dal nesso dato.
I caratteri cinesi di uso corrente sono circa 2.000-3.000 e quelli conosciuti da una persona di cultura più qualche migliaio, dunque le combinazioni possibili sono estremamente numerose.
A complicare la questione si aggiunge il fatto che spesso il carattere è formato da più ‘radicali’ che, a loro volta, sono ‘caratteri semplificati’: il carattere finale avrà come proprio significato la sintesi dei significati dei singoli radicali che lo compongono dinamizzata dalla loro reciproca relazione.

Le categorie dei ‘caratteri’ cinesi


Tradizionalmente  si individuano differenti categorie di caratteri in base alle loro specifiche caratteristiche; le analizziamo brevemente per fornire alcune utili conoscenze di base.

1.Simboli semplici o dimostrativi. Si tratta di rappresentazioni schematiche di un certo concetto con il quale presentano una relazione che generalmente è di tipo spaziale. I ‘caratteri’ shàng (sopra).., xià (sotto), zhöng (centro) posseggono questa caratteristica che si evince dalla loro semplice struttura grafica. Molta cartellonistica moderna stradale e non si serve di simboli che assomigliano a questo tipo di caratteri. Il logo attraverso cui si esprimono suggerisce intuitivamente il loro significato: pensate ai cartelli stradali che indicano l’incrocio, il dosso, la strettoia.

2.Pittogrammi. Si tratta probabilmente dei caratteri più antichi: essi sono una rappresentazione grafica dell’oggetto, del fenomeno, della relazione che corrispondono al loro significato. I caratteri shän (montagna), rì (sole), mù (albero) yuè (luna) shûi (acqua) sono dei ‘disegni’ che riproducono ‘pittograficamente’ il loro significato. Commentando i pittogrammi, vale la pena di aggiungere che spesso i caratteri in uso attualmente si discostano sensibilmente dai caratteri antichi che riproducevano in maniera assai più verosimile le fattezze dell’oggetto o del fenomeno significanti. I caratteri attuali sono dunque spesso derivazioni e modificazioni dei ‘pittogrammi originali’; in alcuni casi le modificazioni sono così importanti da mascherare completamente il ‘disegno’ iniziale. Ciò è la conseguenza dell’evoluzione che i pittogrammi hanno subito nel tempo; evoluzione correlata anche ai differenti metodi e stili di scrittura ed agli strumenti utilizzati per realizzarla. Mentre anticamente la scrittura veniva praticata tramite una ‘incisione’ o un ‘disegno’ effettuati con strumenti rigidi, successivamente si è iniziato ad utilizzare la tecnica della ‘scrittura con il pennello’ che si avvale di uno strumento morbido e che prevede che tutti i tratti vadano realizzati in un ipotetico quadrato, in cui va posizionato l’intero carattere, partendo dall’angolo in alto a sinistra per arrivare in quello in basso a destra. È naturale che questo metodo di ‘scrittura dipinta’ abbia determinato una modificazione delle fattezze del carattere originale tale per cui spesso è difficile riconoscere nel carattere  moderno il pittogramma antico. Abbiamo fatto in precedenza alcuni esempi di caratteri ‘semplici o dimostrativi’ tratti dalla cartellonistica stradale; ne possiamo fare altri anche per i “pittogrammi”: pensate ai cartelli che indicano la scuola, la ferrovia o gli animali vaganti.

3.Ideogrammi. Sono definiti anche Composti logici: si tratta in genere di caratteri composti il cui significato finale deriva dall’associazione  astratta o concreta dei singoli significati dei radicali che li compongono. Un esempio di ‘associazione astratta’ è il carattere míng. Il suo significato deriva dalla sovrapposizione dei significati dei due caratteri che lo compongono: rì (sole) a sinistra e yuè (luna) a destra. La contemporanea presenza di sole e luna suggerisce l’idea della luminosità visto che entrambi sono sorgenti di luce diurna o notturna; il senso di tale luminosità si applica nel carattere míng al mondo concreto come a quello astratto con una miriade di significati possibili. Un altro ideogramma assai importante in ambito medico è quello che esprime il termine qì che spesso è erroneamente tradotto in lingua occidentale con il termine energia: il carattere originale è composto da da due radicali, uno in alto a destra che indica una serie di volute di vapore che salgono verso l’alto ed un secondo in basso a sinistra che corriponde al carattere mî che indica il riso.Il significato finale del termine qì è dato dalla contemporanea presenza dei due radicali che rappresentano gli aspetti yin e yang del qì: da una parte il riso che fornisce il supporto materiale e dall’altra il vapore che sale che suggerisce l’idea dell’energia vera e propria.

4. Composti fonetici. Si tratta di caratteri composti da un elemento fonetico, che indica la pronuncia, e da uno semantico, che corrisponde al significato. Un interessante esempio in ambito medico è il carattere gän (fegato) che è composto da due radicali: a destra compare il carattere fonetico gän (che da solo significa scudo o offendere), a sinistra il carattere ròu che significa carne. Talora, come accade in questo caso, il radicale fonetico svolge anche un ruolo sematico perché suggerisce l’idea che il fegato svolga un ruolo difensivo (lo scudo). All’interno di questa categoria molti fanno rientrare quella dei cosiddetti Prestiti fonetici: in questo caso si tratta di caratteri utilizzati per indicare un concetto che si pronuncia allo stesso modo del carattere preso in prestito ma che non è facilmente rappresentabile perché astratto: un esempio di questa situazione è quella relativa al pittogramma lái (spiga di grano) usato per i significati di ‘venire’ oppure ‘incoraggiare premiando’ concetti di assai difficile se non impossibile trascrizione grafica. In questo caso, allo scopo di evitare confusioni tra il significato reale e quello del termine espresso nel caso del prestito fonetico si scelgono dei caratteri che siano veramente assai differenti dal punto di vista semantico: il contesto all’interno del quale è inserito il carattere lai suggerirà molto chiaramente se esso voglia significare ‘spiga di grano’ o ‘venire’. In alcuni casi anche ai prestiti fonetici vengono associate analogie semantiche come accade per i composti fonetici: ad esempio il carattere yì che rappresenta un camaleonte viene spesso utilizzato per indicare il significato di ‘mutamento’ o ‘mutevolezza’ di cui il camaleonte è un caratteristico emblema.
Le categorie di caratteri appena descritte non sono differenziate rigidamente; spesso si confondono l’una nell’altra. Un pittogramma può essere il radicale di un composto fonetico o associarsi ad un altro pittogramma per generare un ideogramma con un ulteriore nuovo significato. Questo fenomeno si complica con il fatto che i caratteri, nel corso dei millenni della loro evoluzione, si sono arricchiti di significati sempre più ricchi anche a partire dal loro uso quotidiano e storico.

La sintassi cinese

A partire dalle considerazioni appena fatte sui caratteri cinesi appare ora più chiaro cosa significhi ragionare con un metodo simbolico-analogico: il carattere è un ‘simbolo’ che suggerisce per ‘analogia’ dei significati e – come già anticipato – all’interno della singola frase suggerisce il significato più ragionevole a partire dai caratteri che seguono o precedono quello dato. Occorre ricordare che il criterio ‘relazionale’ che sta alla base dell’‘invenzione’ di ogni carattere e della sua ‘evoluzione polisemantica’ è alla base anche della sintassi utilizzata dalla lingua cinese; cerchiamo di approfondire come questo fenomeno accada.
Ragionare per analogia significa creare dei legami logici fra i vari elementi del reale, tali legami sono fondati sul senso di reciprocità e sulla reciproca relazione tra gli elementi stessi: esplicitando questo concetto si può affermare che nella cultura cinese non sono tanto importanti i singoli elementi della frase: il soggetto, l’azione, l’oggetto, quanto le relazioni reciproche che intercorrono tra di loro.
I fatto che un carattere non possegga solo un significato certo in sé – se preso isolatamente ed indipendentemente dal contesto –  ma si definisca precisamente in relazione con la posizione che occupa all’interno della struttura della frase, cioè in “relazione” con gli altri caratteri che lo seguono o precedono e che lo definiscono in maniera inequivocabile è un esempio di questa reciprocità che guida la lingua cinese. Le qualità “nominale” di sostantivo, “qualificativa” di aggettivo o “dinamica” di verbo espresse con un carattere cinese non dipendono soltanto dal “senso in sé” del carattere dato quanto dalla “relazione di senso” che viene definita dallo svolgersi della frase.
Prendiamo un  esempio classico fondato su solo due caratteri:  ‘hóng’ cioè rosso e ‘lîan’ cioè viso e vediamo come si definiscono reciprocamente. ‘hóng lîan’ significa “viso rosso” e ‘lîan hóng’ al contrario equivale a dire che “il viso arrossisce”: il fatto di precedere o seguire il termine ‘lîan’ fa acquisire al carattere ‘hóng’ una prima volta la natura qualificativa dell’aggettivo “rosso” e la seconda volta quella verbale del vocabolo “arrossisce”.
Un “pensiero relazionale” come quello cinese che – come abbiamo appena visto – anche nella lingua usa il sistema delle relazioni per significare i termini con cui si esprime non poteva certo immaginare, neppure in ambito medico, di isolare l’uomo dal suo ambiente per studiarlo. Il “contesto” dà significato agli elementi che lo compongono che – come nel caso dei caratteri – ne dipendono al punto che, astratti dal loro contesto, perdono di significato certo. Questo fenomeno è determinante sia nell’impostazione dei fondamenti della medicina cinese che nel loro sviluppo fa intuire intuire come, partendo da paradigmi diversi, la medicina cinese non possa non aver sviluppato un diverso mosaico di conoscenze. Anzi questo esempio del mosaico ci permette di fare un ulteriore esempio per approfondire somiglianze e differenze tra medicina cinese ed occidentale: mentre alla medicina occidentale preme approfondire attraverso il suo metodo analitico-deduttivo la conoscenza delle singole tessere del “mosaico dell’uomo”, a quella cinese preme conoscere attraverso il metodo analogico-simbolico i rapporti tra singola tessera e tessere vicine e tra singola tessera ed intero mosaico.



Dal carattere al significato

La differenza sostanziale tra la lingua cinese ed una qualsiasi lingua occidentale può essere riassunta nel fatto che mentre le 80.000 o 100.000 differenti parole del vocabolario sono espresse in Cina da combinazioni di 10.000 differenti caratteri (alla cui base ci sono 200 radicali e 6 tratti fondamentali) nel nostro mondo esse sono espresse dalla combinazione di soltanto 25-30 lettere delle scritture alfabetiche.
Le lingue occidentali impiegano un sistema basato sui suoni e su forme puramente astratte per incapsulare all’interno delle parole il loro specifico significato. In Cina invece il sistema si fonda su migliaia di ‘immagini’ che nel corso dei millenni hanno subito fenomeni di astrazione e semplificazione per arrivare alla loro attuale trascrizione.
Vale la pena di sottolineare a questo punto anche come il cervello dell’uomo possa essere stimolato in maniera del tutto differente da una scrittura alfabetica basata su un ‘metodo di rappresentazione fonetica’ – quella in uso in Occidente – o da una scrittura con caratteri basata su un ‘metodo di rappresentazione visiva’ – quello in uso in Cina. Sicuramente il fatto di imparare ed usare l’uno o l’altro metodo comporta una differenza di percezione ed interpretazione del reale che mentre nel primo caso si fonda su un fenomeno quasi esclusivamente ‘uditivo’, nel secondo è basato su una acquisizione ‘visiva’. La lingua cinese si serve di su una sorta di ‘fotografia mentale e linguistica del reale’ che ha un suo risvolto ‘musicale’ nella lingua parlata; per certi versi potremmo paragonare il linguaggio cinese a quello ‘televisivo’ mentre quello occidentale è sostanzialmente ‘radiofonico’.
I caratteri sono visualizzazioni di idee relative ai vari elementi del reale ed alle loro azioni ed interazioni. Queste visualizzazioni sono fornite e supportate da tratti e radicali che funzionano come bit di dati, il significato finale è la risultante dell’integrazione ed aggregazione di questi bit.
Vale la pena di sottolineare un altro elemento della modernità della lingua cinese paragonandola al linguaggio pubblicitario: il carattere si serve di una immagine che funziona come ‘logo’ e di un suono che funziona come ‘slogan’ che sono in grado di stimolare l’occhio e l’orecchio attraverso la percezione visiva e quella acustica. Gli studi condotti sul linguaggio pubblicitario ci insegnano come l’uso di un ‘logo’ ed uno ‘slogan’ più o meno collegati ed indovinati sia in grado di trasmettere il messaggio ad essi correlato in maniera più o meno efficace.
Un altro elemento della lingua cinese che abbiamo già affrontato, ma vale la pena sottolineare, è l’aspetto ‘mutevole’ dello stesso carattere che assume significati assai differenti a seconda del contesto. Il carattere shàng che abbiamo già esaminato può significare ‘sopra’, ‘andare sopra’,  ‘entrare’ e spesso gli occidentali al loro primo contatto con la lingua cinese sono disorientati e stressati dalla natura ‘camaleontica’ di parole come questa: è il contesto che ne definisce il significato. Un altro esempio di questa ‘mutevolezza’ è fornito dai testi antichi che mancano di punteggiatura e di una precisa regola di lettura: esaminandoli la prima cosa da scoprire è il senso di lettura; in genere si leggono da destra a sinistra e dall’altro in basso, ma ci sono esempi di testi che possono essere letti in direzioni differenti ognuna delle quali non esclude le altre e possiede tuttavia dei significati diversi e spesso complementari. Il significato finale sarà dunque la sintesi e contestualizzazione dei vari singoli significati non solo del singolo carattere, ma anche dei diversi contesti in cui il carattere è inserito a seconda del senso di lettura.
Quanto affermato fino ad ora serve a far intuire come la scrittura alfabetica abbia una sua strutturazione ‘lineare’, ‘univoca’ e ‘temporale’ mentre quella ideografica tende ad essere ‘multidimensionale’, ‘multipla’ e ‘spaziale’. Forse per questo motivo la scrittura occidentale è adatta a studiare e descrivere la realtà secondo il metodo analitico-deduttivo e secondo quello sperimentale che sono anch’essi ‘lineari’, ‘univoci’ e ‘temporali’, così come quella cinese ‘multidimensionale’, ‘multipla’ e ‘spaziale’ si adatta meglio allo studio dei sistemi complessi attraverso il suo metodo analogico-simbolico.
Lo studio della medicina cinese non può prescindere  dallo sforzo di percepire il senso complesso determinato dall’interazione delle immagini dei caratteri e dalla multidimensionalità del contesto in cui si inseriscono.
Una ultimo punto importante da sottolineare è quello relativo agli idiomi, ai modi di dire, ai proverbi, alle giaculatorie, agli aforismi che ogni lingua possiede e di cui la lingua cinese è ricchissima. In Italia, ad esempio, tutti conoscono il significato della frase “meglio un uovo oggi che una gallina domani” e sanno associare l’idea ‘dell’uovo oggi’ al concetto di certezza e della ‘gallina domani’ a quello di incerto ed improbabile. In Cina i modi di dire permettono di arricchire di significati singoli caratteri o parole o brevi frasi: ciò permette di racchiudere complessi ragionamenti in concisi giochi di pochi parole o di poche espressioni.
Anche la medicina si avvale degli aforismi che anzi sono il fondamento del suo studio; attraverso la loro acquisizione, la loro memorizzazione è possibile richiamare alla mente complessi concetto con brevi frasi. “Il qì è il comandante del Sangue, il Sangue è la madre del qì ” è un breve aforisma che richiama sinteticamente i rapporti tra bioenergia e sangue; “La natura del fuoco è quella di divampare il alto” richiama alle caratteristiche di questo movimento etc.




Scrittura e Salute, il progetto

Lucio Sotte Direttore di Olos e Logos

La “medicina” è una scienza che si fonda sul tentativo di “descrivere” le strutture del corpo umano, il loro funzionamento nella normale fisiologia, le loro alterazioni patologiche e le strategie per mantenere la salute e curare la malattia.

Proprio perché questa scienza si basa sullo “studio” delle “strutture del corpo”, della loro “fisiopatologia”, della “clinica”, della “prevenzione” e della “terapia”, le modalità che utilizza per “de-scrivere” sono fondamentali perché influenzano anche i “contenuti” che vengono così dettagliati o illustrati.

Lo studio della “scrittura” è importante soprattutto quando discipline mediche che provengono da contesti culturali differenti si confrontano tra loro allo scopo di conoscersi ed integrarsi. Ciò è particolarmente vero nel confronto tra Estremo Oriente ed Occidente perché, mentre le culture occidentali (tutte le culture occidentali: quella europea, quella araba, quella ebraica etc) utilizzano un metodo di scrittura di tipo alfabetico, quelle estremo-orientali utilizzano invece quello ideografico. Queste due modalità di codificazione non sono diverse solo da un punto di vista grafico come accade anche per i diversi alfabeti (greco, latino, cirillico, ebraico, arabo etc), ma soprattutto da un punto di vista concettuale. Le scritture alfabetiche si adattano al metodo di conoscenza analitico-deduttivo delle culture e delle scienze occidentali mentre la scrittura ideografica è figlia del metodo analogico-simbolico delle culture e scienze estremo-orientali. La conoscenza delle relative differenze è utile perché mentre la “de-scrizione” della medicina occidentale tende a scomporre, ad “analizzare” l’individuo nei suoi componenti di base per poterli studiare approfonditamente quasi “isolandoli dal contesto”, all’incontrario quella cinese parte dal presupposto che conoscere equivalga a “contestualizzare”, a studiare attraverso le reciproche relazioni che ogni elemento ha con gli altri che lo circondano.

Si tratta di due punti di vista che apparentemente sembrano opposti e che proprio per questo motivo non solo non sono alternativi ma anzi “complementari”.

In questa rubrica dunque esamineremo le differenti scritture e le differente modalità di decodificazione del reale che ad esse corrispondono.

Un altro aspetto che prenderemo in considerazione è quello della scienza grafologica che studia la “scrittura” come modalità di espressione psico-fisica dello “scrittore”. Ognuno di noi esprime attraverso la sua grafia le sue caratteristiche psicofisiche ed emozionali. Il gesto scrittorio coinvolge il sistema nervoso centrale e periferico sia in senso afferente (propriocezione, sensibilità tattile etc) che efferente (trasmissione dell’impulso motorio alle catene muscolari), il sistema osteoarticolare e quello legamentoso e muscolare, la grafia è influenzata inoltre dalle caratteristiche caratteriali e emozionali. Questi sono i motivi per cui la grafologia può essere utilizzata in ambito medico sia da un punto di vista diagnostico che in senso prognostico. Dal punto di vista della medicina cinese la scrittura ha anche un valore preventivo e terapeutico perché attraverso l’esecuzione del gesto grafico è possibile allenare il coordinamento psico-fisico che è alla base del nostro stato di salute.

Inoltre la “calligrafia”, ed in particolare quella cinese, è un’arte sublime che permette di trasferire sulla carta con un gesto artistico che sfrutta la millenaria esperienza dell’ideografia, la nostra riflessione sul reale e l’impressione che esso esercita nei nostri confronti.

LinYu Tang afferma: «La posizione della calligrafia cinese nella storia dell’arte mondiale è veramente unica. A motivo dell’uso del pennello che è più mordibo e sensibile di una penna, la calligrafia è stata elevata a livello di un’arte alla pari della pittura. I cinesi sono consci e considerano pittura e calligrafia due arti sorelle che vengono animate dallo stesso soffio. La calligrafia sta alla pittura come la matematica sta all’astronomia ed all’ingegneria».
La scrittura cinese è molto di più che l’uso di simboli arbitrari. Si fonda su rappresentazioni vivide dei movimenti della natura che si contestualizzano in una vera poesia. Tuttavia la lingua cinese sarebbe assai scarsa e la poesia cinese un’arte assai modesta se esse non rappresentassero ciò che è invisibile.
La poesia migliore non affronta le immagini naturali ma pensieri nascosti, suggestioni spirituali e relazioni oscure. La parte più grande della verità naturale è nascosta in processi troppo minuscoli da essere osservati e descritti e contemporaneamente troppo grandi in vibrazioni, affinità, coesioni. La scrittura cinese include tutto ciò.
Ci si potrebbe chiedere, come hanno fatto i cinesi a costruire questa grande modalità di comprensione intellettuale partendo da una scrittura pittorica. Alla mente occidentale che crede spesso che la verità consista solo di categorie logiche e che condanna l’immaginazione, la percezione diretta, questo sembra impossibile. La lingua cinese con le sue categorie descrittive ha collegato il visibile e l’invisibile con lo stesso processo di tutti gli altri antichi popoli. Questo processo si fonda sulla metafora, l’uso di immagini materiali per suggerire quelle immateriali.