L’ecografia e lo studio del fegato

Cesare Bartolucci*

Nell’ormai quarantennale storia dell’ecografia lo studio del fegato è uno degli argomenti che di più ha sollecitato l’attenzione dei ricercatori.

Affascinava molto poter riuscire a valutare in modo indolore le condizioni di un organo che in passato era visibile (e non in toto) tramite una laparotomia esplorativa, quindi con l’apertura chirurgica dell’addome.

Oggi l’ecografia occupa un posto di primo piano nella diagnostica epatologica, senza nulla togliere al ruolo primario e fondamentale dell’anamnesi e dell’esame obiettivo.

L’indagine ecografica è semplice, veloce, ripetibile. Non utilizza radiazioni ionizzanti, ma ultrasuoni.

L’identificazione delle lesioni avviene infatti per “contrasto” di ecostruttura.

L’apparecchiatura ha costi relativamente modesti, può essere multidisciplinare e pertanto può essere utilizzata da più specialisti.

Il successo diagnostico è subordinato alla costituzione del paziente, ai suoi aspetti clinici, alla sua collaborazione attiva ed alla presenza di obesità e meteorismo.

Non a caso la comunità epatologica giapponese nel 2008 ha raccomandato l’uso della RMN in “soccorso” all’ecografia per superare tali limitazioni.

L’ecografia fornisce indicazioni sulle dimensioni e sull’ecostruttura del fegato.

Una delle alterazioni di più frequente riscontro è la steatosi epatica generata da un’anomalia acquisita del metabolismo intermedio con deposizione più o meno massiva di trigliceridi negli epatociti.

L’eziologia è varia ed è prevalentemente legata ai ritmi ed agli stili di vita imposti dai nostri tempi (abuso di alcool, di farmaci, disordini alimentari, diabete, sindrome metabolica, obesità, etc.).

Trattandosi di una condizione reversibile l’ecografia è molto utile nel follow up della steatosi.

Per quanto concerne le altre epatopatie diffuse l’ultrasonografica evidenzia l’epatomegalia, lo stato delle strutture vascolari e l’eventuale splenomegalia. Il valore diagnostico dello studio del parenchima è piuttosto limitato non registrandosi spesso significative alterazioni strutturali nelle epatiti acute.

Ben diverso è il discorso relativo alle patologie croniche.

Nel caso delle epatiti croniche e della cirrosi gli echi parenchimali non sono più distribuiti in maniera fine e regolare, ma in modo ispessito ed irregolare, venendosi a configurare il quadro del “coarse pattern” (parenchima grossolano) incisivamente e sinteticamente così definito dagli anglossassoni.

In tale situazione è insoddisfacente la capacità dell’ecografia di evidenziare la comparsa di piccoli noduli tumorali insorti su cirrosi. (Le percentuali oscillano dal 10 al 14 per cento nei lavori di Dodd del 1992, di Kim del 2001, di Bennet del 2002).

Le ditte produttrici stanno investendo molto nella ricerca per migliorare la tecnologia anche in considerazione che l’epatocarcinoma su cirrosi rappresenta il 4% delle neoplasie nel mondo e che è più frequentemente associato a cirrosi post epatitica piuttosto che a cirrosi alcolica.

Una “consolazione”, se così la si può chiamare, è che nel futuro l’incidenza dell’epatite C post trasfusionale dovrebbe fortemente ridursi, almeno stando ad un lavoro di TABOR del 1989 che stimava in trenta anni il tempo necessario per raggiungere un traguardo così importante.

L’ecografia del fegato consente la visualizzazione di lesioni intraparenchimali isolate o multiple.

Le più frequenti sono rappresentate delle cisti biliari, dagli angiomi, dalle calcificazioni, dalle aree di iperplasia nodulare focale, dagli ascessi, dagli ematomi e dalle neoplasie primitive o secondarie.

Le linee guida dell’AISF (Associazione Italiana Studio Fegato) affermano che “la visualizzazione di lesioni di 1 centimetro non è la regola e deve essere piuttosto considerata occasionale”.

In un’elevata percentuale dei casi le lesioni propongono quadri ecografici tipici così da permettere una diagnosi di certezza.

Esistono comunque problemi di diagnosi differenziale laddove non sia consentita una precisa distinzione con la sola ecografia.

Il ricorso a tecniche “pesanti” come la RMN o la TAC è quasi sempre risolutivo.

Eseguendo un’ecografia del fegato non ci si può esimere dall’esplorazione della colecisti e delle vie biliari.

Per quanto riguarda queste ultime gli ultrasuoni forniscono informazioni sul loro calibro e sulla presenza di calcolosi endoluminale.

A livello colecistico esiste una corposa letteratura riguardante la litiasi biliare.

Grazie all’ecografia è possibile individuare i calcoli già sul nascere quando ancora si parla di microlitiasi o addirittura di fango biliare o persino di bile densa.

La non invasività e la ripetibilità dell’esame permettono di controllare l’evoluzione della terapia litolitica o l’insorgere di complicazioni come l’idrope o l’empiema.

Oggi si è unanimemente d’accordo nel ritenere che l’ecografia debba rappresentare il primo esame nell’approccio alle patologie della cistifellea essendo in grado di visualizzare oltre ai calcoli anche le patologie di parete come le colecistiti acute e croniche, le colecistosi ed i tumori.

Pur essendo una metodica con molti aspetti vantaggiosi non bisogna dimenticare che la sonda ecografica rappresenta la “prolunga” delle mani del medico e che come tale va impiegata nell’ambito di un piu’ ampio ragionamento clinico.

4 immagini ecografiche di casi di calcolosi della colecisti e di evidenziazione della vena porta e delle vene sovraepatiche

 




La Risonanza Magnetica Funzionale 3T nella stimolazione con aghi della linea MS6 della cranio puntura

Zanardi Romeo1,2, Tomasino Barbara3, Maieron Marta4, Giovanardi Carlo Maria1, Biasizzo Elsa2

1Scuola AMAB (BO), 2SOC di Neuroradiogia, AOUSMM Udine, 3IRCCS “E.Medea”, San Vito al Tagliamento (PN), 4 SOC di Fisica Sanitaria , AOUSMM, Udine,

ABSTRACT

Scopo: verificare mediante Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI) se la stimolazione mediante agopuntura dei 2/5 medi della linea MS6 della craniopuntura, corrispondenti al segmento motorio dell’arto superiore, moduli l’attivazione corticale nella rappresentazione corrispondente in corteccia sensorimotoria.

Materiali  e metodi: Abbiamo eseguito uno studio fMR (3 Tesla, Achieva Philips, imaging ecoplanare sequenze BOLD-EPI, bobina a 8 canali Sense) in quindici volontari sani destrimani, prima e  dopo stimolazione con  aghi dei 2/5 medi della linea MS6 sul lato sinistro. L’aquisizione funzionale post-craniopuntura viene eseguita dopo la  rimozione degli aghi dallo scalpo. Abbiamo utilizzato tre compiti motori espliciti (movimento mani; piedi; lingua) e un compito motorio implicito (immaginazione movimento delle mani).

Risultati: Abbiamo osservato una specifica attivazione delle aree corticali parietali superiori e del precuneo, necessarie alla pianificazione degli eventi motori. La stimolazione con aghi sembrerebbe, pertanto, avere un effetto facilitatorio attivando le aree parietali implicate nella pianificazione dell’attività motoria e nel mantenimento dello schema corporeo.

Conclusioni: l’analisi dei dati funzionali, per quanto preliminare e necessitante di studi su più larga scala ha evidenziato specifici effetti della cranio puntura sulla attività corticale. Questi pattern di attivazione corticale specifica sembrerebbero confermare  l’efficacia e le indicazioni  della craniopuntura .

INTRODUZIONE

La  cranio puntura si è sviluppata sulla basi del sistema dell’agopuntura tradizionale a partire dagli anni 50 per trattare le malattie attraverso l’agopuntura di certe aree del cuoio capelluto. E’ stato redatto uno schema di nomenclatura standard di cranio puntura che descrive 14 linee. La craniopuntura è impiegata principalmente nelle patologie cerebrovascolari ed in altre patologie del sistema nervoso (1,2).

La linea MS6 (Dingnie Qianxiexian), linea parieto-temporale obliqua anteriore,corrispondente all’area motoria, unisce qianshenchong a GB6 xuanli. Tale zona motrice e’ divisa in tre segmenti:

– 1/5 superiore corrispondente al segmento motorio dell’arto inferiore e del tronco;

-2/5 medi corrispondenti al segmento motorio dell’arto superiore;

-2/5 inferiori corrispondenti al segmento motorio della faccia e del linguaggio.

Indicazioni: paresi, astenia, dolori degli arti controlaterali, paralisi facciale centrale contro laterale, disartria, afasia, algie al volto.

Oggigiorno la valutazione della attivazione cerebrale è possibile grazie all’impiego di tecniche di Risonanza Magnetica funzionale (fMRI). Tra queste la più impiegata è quella basata sui cambiamenti di segnale dovuti all’effetto BOLD (Blood Oxygenation Level Dependent Contrast) Il presupposto è che le variazioni dell’attività neuronale sono accompagnate da modificazioni locali del consumo d’ossigeno: questo porta ad una variazione del segnale rilevabile dalla RM, capace così di rappresentare le aree corticali attivate da una particolare funzione. E’possibile  studiare le aree motorie, somatosensoriali, visive, uditive, e di altre funzioni cognitive o del linguaggio (3,4). La principale applicazione clinica è lo studio della corteccia primaria sensori-motoria e delle aree del linguaggio preliminarmente agli interventi neurochirurgici, per  pianificare l’asportazione di neoplasie o malformazioni vascolari onde  ridurre le complicanze postoperatorie.

MATERIALI E METODI.

Abbiamo sottoposto a RM funzionale quindici soggetti sani destrimani, di età compresa tra i 26 ed i 37 anni. Lo studio è stato approvato dal comitato etico della nostra struttura. E’ stato impiegato un magnete a 3 Tesla (Achieva Philips) usando sequenze eco-planari (BOLD-EPI) e una bobina per la testa (8 canali, Sense). Sono stati impiegati quattro run diversi in un disegno a blocchi. In ognuno ai soggetti veniva chiesto di muovere rispettivamente: le mani, i piedi, la lingua (compiti motori espliciti). Nell’ultimo run (compito motorio implicito) venivano mostrate delle immagini di mani ruotate nello spazio, e i soggetti dovevano riconoscere se la mano-stimolo corrispondesse alla loro mano destra o sinistra, immaginando il movimento delle proprie mani. Le mani presentavano, in aggiunta, un marker rosso in corrispondenza di un dito: nel compito di controllo, il soggetto doveva decidere se il marker si trovasse a destra o sinistra dello schermo una volta portata la mano con le dita verso l’alto. I soggetti rispondevano tramite pulsanti posti su una pedaliera. I compiti sono stati eseguiti prima e dopo il posizionamento al di fuori della sala magnete di due aghi da 0,30 mm di diametro e 25 mm di lunghezza posti ai 2/5 medi della linea MS6 sinistra e lasciati per 30 minuti. Rimossi gli aghi i soggetti  ripetevano l’esame funzionale.

I dati funzionali sono stati analizzati usando MatLab 7.5(The Mathworks Inc., Natick, MA/USA), e SPM5 (Statistical Parametric Mapping software; Welcome Department of Imaging Neuroscience, London, UK http://www.fil.ion.ucl.ac.uk/spm). Il preprocessamento dei dati funzionali ha compreso i seguenti passaggi: riallineamento delle immagini al volume di riferimento della time-series, segmentazione, e utilizzo del file con i parametri di segmentazione per la normalizzazione dei dati EPI sul template standard (Montreal Neurological Institute) fornito da SPM5, re-sampling al voxel size di 2×2×2 mm, smoothing spaziale con un 6-mm FWHM Gaussian kernel per raggiungere i requisiti statistici del Modello Lineare Generale (General Linear Model) e per compensare per variazioni residue macro-anatomiche tra i soggetti. Abbiamo eseguito la random effects analysis (analisi sul caso singolo) su tutto il cervello.  Le condizioni sperimentali sono state specificate come regressori di interesse. A livello di singolo soggetto abbiamo applicato i contrasti lineari ai parameter estimates delle condizioni sperimentali ottenendo così t-statistics per ogni voxel. A livello di analisi di gruppo abbiamo eseguito la Random Effects Analyses. Abbiamo usato una soglia statistica di p<0.05, corretta per contrasti multipli a livello dei cluster, con una height threshold a livello dei voxel di p<0.001, non corretto. L’interpretazione anatomica dei risultati funzionali viene condotta utilizzando l’SPM Anatomy toolbox (Eickhoff et al., 2005).

RISULTATI

La stimolazione mediante agopuntura  dei 2/5 medi della linea MS6 della craniopuntura, corrispondenti  al segmento motorio dell’arto superiore, ha mostrato di influenzare selettivamente il compito motorio esplicito del movimento delle mani attivando il precuneo destro; non si sono notate variazioni di rilievo nel movimento della lingua e dei piedi. Ha dimostrato azione specifica nel compito motorio implicito andando a modulare l’area deputata alla pianificazione e alla previsione del movimento (lobo parietale superiore).

DISCUSSIONE

Negli anni la ricerca si è largamente dedicata a individuare i meccanismi neurofisiologici alla base dell’efficacia dell’agopuntura. A partire dalla fine degli anni 90 sono stati condotti numerosi studi di RM funzionale durante la stimolazione con aghi che hanno evidenziato l’attivazione di svariate aree corticali, schematicamente inquadrabili in uno di quattro sistemi di base: il sistema somato-sensoriale, il sistema motorio, il sistema delle integrazioni sensitive, il sistema dei sensi specifici (visione, udito) (5-8). Non risulta, al meglio della nostra conoscenza, che siano stati eseguiti studi che comparassero l’esecuzione di compiti motori espliciti ed impliciti prima e dopo la stimolazione con cranio puntura L’attivazione di specifiche aree corticali, in particolare quelle deputate alla pianificazione degli eventi motori (9) ha consentito di dimostrare da una parte l’efficacia della cranio puntura e la effettiva corrispondenza somatotopica dei segmenti della linea MS6; dall’altra rappresenta una riprova che la terapia agopunturale attivi meccanismi e induca risposte fisiologiche che perdurano oltre il lasso temporale in cui gli aghi vengono lasciati in situ. L’esperienza è preliminare ma incoraggiante, e sono necessarie ulteriori ricerche per validare i dati.

BIBLIOGRAFIA

1.     Shoukang L. Scalp acupuncture therapy and its clinical application. Journal of TCM, 11(4):272-280, 1991.

2.     Wang Yukang et al(1993) Treatment of apoplectic hemiplegia with scalp acupuncture in relation to CT findins. Journal of TCM, 13(3): 182-184.

3.     Ogawa S, Menon RS, Tank DW et al.(1993)Functional brain mapping by blood oxygenation level-dependent contrast magnetic resonance imaging. A comparison of signal characteristic with a biophysical model. Biophys J 64:803-812

4.     Scarabino T, Giannatmpo GM,popolizio T et al. (2007) L’imaging funzionale cerebrale 3.0T: l’esperienza di 5 anni. Radiol med 112: 97-112

5.     Wu MT, Hsieh JC, Xiong H, et al. (1999)Central nervous pathway for acupuncture stimulation:localization of processing with functional MR imaging of the brain- preliminary experience. Radiology 212: 133-141.

6.     Biella G, Sotgiu ML, Pellagata G, et al (2001). Acupuncture produces central activations in pain regions. Neuroimage 14: 60-66.

7.     Fang JL, Krings T, Weidemann, et al (2004). Functional MRI in healthy subjects during acupuncture: different effects of needle rotation in real and false acupoints. Neuroradiology 46(5):359-62

8.     Beissner Florian. Functional magnetic resonance imaging studies of acupuncture mechanism: a critique. Focus on alternative and Complementary Therapies. 2010;16:3-11.

9.     Wolbers T, Weiller C, Buchel C. Contralateral coding of imagined body parts in the superior parietal lobe. Cerebral Cortex 2003;13:392-399.

 




Rapporto dei punti di agopuntura e dei canali con gli strati del tessuto connettivo

A cura di Piero Quaia**

  • Capo Redattore Olos e Logos Dialoghi di Medicina Integrata

Come è ben noto a tutti coloro che si occupano di medicina non convenzionale, la selezione di contributi che possano essere accettati da parte della comunità scientifica occidentale è cosa quanto mai ardua. Le esigenze della medicina basata sulle evidenze e degli studi randomizzati e controllati mal si conciliano con la metodologia di valutazione riportata nella maggior parte dei lavori “non convenzionali”, e questo rappresenta il punto di forza del grande e agguerrito esercito dei detrattori e il punto debole dei cultori di queste scienze. È d’altra parte vero che, in particolare nelle pubblicazioni originali cinesi, il pragmatismo tipico dei Cinesi nutre scarso interesse per una dimostrazione di efficacia come voluto dall’Occidente, preoccupandosi unicamente di “far star bene” il paziente senza avvertire la necessità di confronti con placebo o altro, in perfetta sintonia con il proverbio (naturalmente cinese) che dice che “non è importante che il gatto sia bianco o nero, l’importante è che prenda i topi”.

Negli ultimi anni, tuttavia, lo sforzo per produrre contributi scientifici secondo i criteri occidentali è stato enorme e soprattutto coronato da un confortante successo, tanto che ormai non è più possibile affermare che l’efficacia (almeno di alcune delle medicine non convenzionali) sia dovuta a puro effetto placebo.

La rubrica che oggi prende il via sui “Dialoghi”, ovviamente aperta al contributo di  tutti, vuole in primo luogo favorire il confronto e, appunto, il dialogo fra i cultori delle medicine non convenzionali, in secondo luogo (ma certo non meno importante) aprirsi alla pubblicazione di resoconti, rassegne e altri contributi che possano avvicinare anche coloro che per queste forme di medicina nutrono solo una semplice curiosità e un semplice desiderio di conoscenza, ma soprattutto promuovere l’integrazione di tutte le medicine, vera strada per un futuro che privilegi veramente la libera scelta del paziente, che offra tutte le opportunità di avvicinamento a qualsiasi forma di terapia e che porti all’attuazione di una crescita culturale tra gli addetti ai lavori e al crollo di barriere che poggiano le loro basi su pregiudizi e preconcetti e spesso, spiace dirlo ma la realtà è questa, su malafede e difesa di interessi e privilegi acquisiti.

Apriamo la rubrica con la pubblicazione di un riassunto di tre interessanti lavori che propongono una moderna visione della teoria dei canali della medicina tradizionale cinese. Il lavoro che presentiamo in questo numero è un sunto degli autori: Helene M. Langevin e Jason A. Yandow del Department of Neurology, University of Vermont College of Medicine, Burlington, VT, USA pubblicato su  The Anatomical Record (New Anat.), 269:257-265, 2002.

 

 

INTRODUZIONE E CONCETTI TRADIZIONALI

Assumendo come riferimento la teoria cinese classica dei punti di agopuntura e dei canali e prendendo atto della mancanza di una definizione e caratterizzazione di queste strutture, nonostante inoltre il notevole impegno profuso per comprendere l’anatomia e la fisiologia dei punti di agopuntura e dei canali, gli Autori elaborano una prospettiva a sostegno di un modello concettuale che metta in relazione la teoria dell’agopuntura tradizionale cinese con l’anatomia convenzionale.  Viene avanzata l’ipotesi che la rete dei punti di agopuntura e dei canali possa essere vista come una rappresentazione della rete formata dal tessuto connettivo interstiziale e che il rapporto sia rilevante per la comprensione del meccanismo terapeutico dell’agopuntura.

I canali sono rappresentati come una rete attraverso la quale scorre il qi e, benché il concetto di qi non abbia corrispondenza con un equivalente fisiologico, nei testi di agopuntura il termine più generale “qi” evoca un processo dinamico, come comunicazione, movimento e scambio di energia.

Il carattere cinese rappresentativo del punto di agopuntura significa anche “buco”, dando l’impressione che i punti di agopuntura rappresentino una sede in cui l’ago può avere accesso a componenti tissutali più profonde. La localizzazione dei punti avviene attraverso l’individuazione di reperi anatomici (prominenze ossee, muscoli, tendini) o la determinazione di misure proporzionali (per esempio frazioni della distanza tra gomito e polso). La localizzazione precisa del punto, con un’approssimazione di 5mm, viene ottenuta mediante la palpazione durante la quale l’agopuntore ricerca una lieve depressione oppure un’area in cui i tessuti cedono sotto una leggera pressione.

 

I PUNTI DI AGOPUNTURA SONO DIVERSI DAL TESSUTO CIRCOSTANTE?

Nel corso degli ultimi 30 anni, sono stati numerosi, ma sempre coronati da scarso successo, i tentativi di comprendere il sistema dei punti di agopuntura e dei canali sotto un’ottica “occidentale”, dimostrando in particolare una struttura istologica del punto distinta dal tessuto circostante. Sono state descritte come punti di agopuntura varie strutture, come fasci neurovascolari, giunzioni neuromuscolari e vari tipi di terminazioni nervose sensoriali, senza tuttavia realizzare un’analisi statistica che confrontasse i punti di agopuntura con appropriati punti di controllo “non di agopuntura”.

Altri studi hanno indagato l’esistenza di possibili differenze fisiologiche tra i punti di agopuntura e i tessuti circostanti, utilizzando la conduttanza della cute che risulterebbe superiore nei punti di agopuntura rispetto ai punti di controllo, conduttanza che può d’altra parte essere influenzata da vari fattori, come pressione, umidificazione, abrasioni. Gli studi eseguiti non hanno mai considerato adeguatamente questi fattori né sono stati in grado di identificare caratteristiche anatomiche e/o fisiologiche specifiche dei punti di agopuntura.

Alcuni studi hanno suggerito l’esistenza di una corrispondenza tra canali di agopuntura e tessuto connettivo e su questa scorta gli Autori hanno iniziato a fornire evidenze sperimentali a sostegno di questa ipotesi in recenti ricerche in cui viene caratterizzata una risposta del tessuto connettivo all’agopuntura quantitativamente differente sui punti di agopuntura rispetto ai punti di controllo che può costituire un importante filo conduttore sulla natura dei punti e dei canali in agopuntura.

 

LA RISPOSTA BIOMECCANICA ALLA PUNTURA: “LA PRESA DELL’AGO”

Un caposaldo della terapia con agopuntura è costituito dalla manipolazione dell’ago dopo la sua inserzione attraverso le tipiche manovre di rotazione rapida e/o sollevamento-infissione, con le quali l’agopuntore cerca di evocare il “de qi” o di “ottenere il qi”, istante in cui il paziente avverte una sensazione di dolenzia nell’area circostante l’ago. Contemporaneamente l’operatore percepisce uno strattone sull’ago, descritto dagli antichi testi cinesi “come un pesce che abbocca all’amo”. Questo fenomeno biomeccanico viene indicato come “presa dell’ago”.

Il de qi è essenziale per l’efficacia dell’agopuntura e costituisce la via di accesso e di azione sulla rete dei canali. Il fenomeno biomeccanico della presa dell’ago, pertanto, è il vero nucleo del costrutto teorico dell’agopuntura.

La manipolazione aumenta la presa dell’ago. Gli Autori hanno quantificato il fenomeno della presa dell’ago misurando la forza necessaria per l’estrazione dell’ago dalla cute (forza di estrazione), significativamente incrementata dalla rotazione dell’ago stesso. In uno studio quantitativo sulla presa dell’ago condotto su 60 volontari sani, la forza di estrazione misurata su otto differenti punti di agopuntura è risultata in media del 18% superiore rispetto a corrispondenti punti di controllo localizzati controlateralmente a due centimetri di distanza da ciascun punto di agopuntura. La manipolazione ha incrementato la forza di estrazione sia sui punti di controllo che su quelli di agopuntura. La presa dell’ago non è pertanto esclusiva dei punti di agopuntura, ma piuttosto è più marcata ed evidente in questi punti.

 

RUOLO DEL TESSUTO CONNETTIVO NELLA PRESA DELL’AGO

Benché in precedenza attribuito a una contrazione del muscolo scheletrico, gli Autori hanno dimostrato che la presa dell’ago non è dovuta a una contrazione muscolare, bensì a un coinvolgimento del tessuto connettivo. La rotazione dell’ago da agopuntura determina l’attorcigliamento del tessuto connettivo attorno all’ago stesso, con la creazione di un tenace accoppiamento meccanico tra ago e tessuto che a sua volta, attraverso ulteriori movimenti dell’ago, stira e deforma il tessuto connettivo circostante liberando un segnale meccanico all’interno del tessuto.

L’osservazione al microscopio di un ago da agopuntura inserito nel tessuto sottocutaneo sezionato di ratto rivela che viene prodotta una “spirale” visibile di tessuto piccola come un giro di ago. (Figura 1A). Il tessuto tende ad aderire all’ago e a seguirlo in una rotazione fino a 180°. A questo punto il tessuto aderisce a se stesso e un’ulteriore rotazione dell’ago porterà alla formazione di una spirale. Il fenomeno si manifesta in modo differente utilizzando aghi di diverso materiale (acciaio, oro) o strumenti non propriamente usati per l’agopuntura, come aghi ipodermici, micropipette di vetro o aghi ricoperti di teflon. Quanto più piccolo è il diametro dell’ago (gli aghi da agopuntura hanno un diametro di 250-500ìm), tanto più marcato sarà l’attorcigliamento. Le forze di attrazione iniziale tra l’ago che ruota e il tessuto possono pertanto essere importanti per dare inizio al fenomeno dell’attorcigliamento. Queste possono comprendere tensione superficiale e forze elettriche e possono essere influenzate dalle proprietà del materiale di cui l’ago è composto.

Il confronto tra un ago d’oro riutilizzabile e un ago di acciaio monouso ha dimostrato un attorcigliamento del tessuto più rapido ed efficace sull’ago d’oro grazie alla sua superficie più rugosa, come evidenziato dalla microscopia elettronica a scansione (Figura 1B-D). L’accoppiamento tra ago e tessuto si verifica anche per rotazioni dell’ago molto piccole (inferiori a 360°), e nella rotazione avanti-indietro, in genere preferita nella pratica clinica alla rotazione unidirezionale, l’attorcigliamento si alterna a un disattorcigliamento che tuttavia è incompleto, con il risultato di un progressivo accumulo di spire sull’interfaccia ago-tessuto.

L’importanza di stabilire un accoppiamento meccanico tra ago e tessuto è dovuto al fatto che i segnali meccanici (1) sono riconosciuti come importanti mediatori di informazione a livello cellulare, (2) possono essere trasformati in segnali bioelettrici e/o biochimici, e (3) possono condurre a effetti flusso di corrente, comprendenti polimerizzazione attinica cellulare, attivazione di vie di segnalazione, alterazioni dell’espressione genica, sintesi proteica e modificazione della matrice extracellulare. La composizione della matrice extracellulare può modulare la transduzione di successivi segnali meccanici verso e tra le cellule, influenzare i potenziali elettrici indotti dallo stiramento tessutale e, in risposta allo stiramento meccanico, costituire un’importante forma di comunicazione tra differenti tipi di cellule. La modificazione della matrice extracellulare circostante l’ago indotta dalla manipolazione dell’ago stesso è in grado di influenzare le diverse popolazioni cellulari distribuite nella matrice del tessuto connettivo (per esempio fibroblasti, afferenze sensoriali, cellule immunitarie e vascolari).

La polimerizzazione attinica indotta dall’agopuntura può provocare una contrazione dei fibroblasti generando un’”onda” contrattile del tessuto connettivo e un’attivazione cellulare. Questo meccanismo può spiegare il fenomeno della “sensazione di propagazione” del qi lungo il decorso del canale.

 

CORRISPONDENZA DEI PUNTI DI AGOPUNTURA E DEI CANALI CON I PIANI DI TESSUTO CONNETTIVO

I canali di agopuntura tendono a localizzarsi lungo piani fasciali tra i muscoli o tra un muscolo e un osso o un tendine. Un ago inserito a livello del piano di clivaggio connettivale penetrerà non solo nel derma e nel tessuto sottocutaneo, ma anche più in profondità nel tessuto connettivo interstiziale, per cui la risposta di presa dell’ago più energica ottenuta nei punti di agopuntura si può spiegare con un contatto più esteso dell’ago con il tessuto connettivo (sottocute più fascia profonda). Nei punti di controllo il fenomeno è meno evidente poiché l’ago viene a contatto solo con il sottocute (Figura 2).

Per indagare l’ipotesi che i punti di agopuntura sono localizzati di preferenza su piani fasciali, gli Autori hanno utilizzato un modello umano post-mortem marcando la localizzazione di tutti i punti di agopuntura e dei canali in una serie di sezioni anatomiche del braccio distanti l’una dall’altra un “cun”, ovvero il pollice anatomico corrispondente a 1/9 della distanza tra la piega del gomito e la piega ascellare. In ciascuna sezione è stata individuata la corrispondenza dei punti di agopuntura e delle intersezioni dei canali con i piani di sezione. In tal modo, sono stati individuati tre punti del canale del cuore (HT3, HT2, HT1), due del canale del pericardio (PC3, PC2), cinque del canale del polmone (LU5, LU4, LU3, LU2, LU1), quattro del canale dell’intestino crasso (LI11, LI12, LI13, LI14), cinque del canale del triplice riscaldatore (TE10, TE11, TE12, TE13, TE14) e quattro del canale dell’intestino tenue (SI8, SI9, SI10, SI11), per un totale di 23 punti. I canali intersecavano il piano di sezione su altre 51 zone che non rappresentavano punti di agopuntura.

Tre dei sei canali comprendevano tratti che seguivano piani fasciali tra muscoli e precisamente: bicipite/tricipite – canale del cuore; bicipite/brachiale – canale del polmone; e brachiale/tricipite – canale dell’intestino crasso. Alcuni punti di questi canali (HT2, LI14, HT1) si localizzavano anche all’intersezione di due o più piani fasciali. Altri due meridiani comprendevano tratti che seguivano il piano di clivaggio intramuscolare: tra i capi del bicipite – canale del pericardio; e del tricipite – canale del triplice riscaldatore. Il canale dell’intestino tenue non seguiva alcun piano inter- o intramuscolare riconoscibile, ma tre dei quattro punti di agopuntura di questo tratto di canale (SI9, SI10, SI11) coincidevano chiaramente con le intersezioni di piani fasciali multipli. Complessivamente, oltre l’80% dei punti di agopuntura e il 50% delle intersezioni dei canali coincidevano con piani di tessuto connettivo intermuscolari o intramuscolari.

La possibilità che queste osservazioni fossero dovute al caso è stata esclusa attraverso la realizzazione di un modello rappresentante la porzione media del braccio paragonabile a un cilindro di 12.5cm di lunghezza e 30cm di circonferenza comprendente otto punti di agopuntura e 28 intersezioni di canali. Il modello ha dimostrato che la probabilità che sei/sette degli otto punti e che le intersezioni di 14 dei 28 canali cadano su piani fasciali risulta statisticamente significativa (P<0.001).

Questi risultati suggeriscono che la localizzazione dei punti di agopuntura, determinata empiricamente dagli antichi medici cinesi, si basa sulla palpazione di localizzazioni distinte o “buchi” in cui l’ago può raggiungere aree connettivali più abbondanti. L’efficacia terapeutica superiore ottenuta sui punti di agopuntura può essere almeno parzialmente spiegata dai segnali meccanici più potenti e dall’effetto flusso di corrente ottenuti su questi punti.

Situazioni analoghe si possono riscontrare anche a livello degli altri segmenti degli arti e sul tronco dove i canali prossimi alla linea mediana (rene, stomaco, milza e vescica) decorrono longitudinalmente, mentre quelli più laterali (fegato e vescicola biliare) decorrono obliquamente, paralleli all’orientamento di importanti gruppi muscolari e dei piani connettivali che li separano. Sul volto i canali si incrociano l’uno con l’altro in una complessa rete compatibile con la complessità dei muscoli e delle strutture connettivali della faccia.

 

LA RETE CANALI/TESSUTO CONNETTIVO

I canali di agopuntura si possono considerare come una rete che attraversa il corpo e che mette in connessione i tessuti periferici l’uno con l’altro e con i visceri centrali. Il tessuto connettivo “lasso” (compreso il tessuto sottocutaneo) costituisce una rete continua che avvolge tutti i muscoli degli arti, le ossa e i tendini e che si estende ai piani connettivali dei cingoli scapolare e pelvico, della parete del torace e dell’addome, del collo e della testa. Di conseguenza, una forma di segnale (meccanico, bioelettrico e/o biochimico) trasmesso attraverso il tessuto connettivo interstiziale può sviluppare funzioni integrative potenzialmente molto forti, sia a livello spaziale (“connettendo” diverse parti del corpo), che attraverso sistemi fisiologici dal momento che il tessuto connettivo penetra in tutti gli organi e circonda nervi, vasi e linfatici. Inoltre, poiché la struttura e la composizione biochimica del tessuto connettivo interstiziale rispondono a stimoli meccanici, gli Autori ipotizzano un ruolo chiave del tessuto connettivo nell’integrazione di diverse funzioni fisiologiche (neurosensoriali, circolatorie e immunitarie) con livelli ambientali di stiramento meccanico.

Un meccanismo che coinvolge primariamente la transduzione di segnali attraverso il connettivo appare più vicino alla teoria dell’agopuntura tradizionale cinese e anche compatibile con i meccanismi neurofisiologici precedentemente proposti.

 

MODELLO CONCETTUALE PER I PUNTI DI AGOPUNTURA E I CANALI

Piuttosto che considerare i punti di agopuntura come entità distinte, gli Autori li fanno corrispondere a sedi di convergenza della rete del tessuto connettivo. Gli effetti fisiologici e terapeutici “specifici” dei punti di agopuntura rispetto a punti non di agopuntura, argomento controverso nella ricerca, può essere attribuito a una forza di transduzione più potente e a una propagazione del segnale più efficace a livello di questi punti dovuti a un diverso allineamento delle fibre collagene.

In sintesi, la corrispondenza anatomica dei punti di agopuntura e dei canali con i piani del tessuto connettivo nel braccio suggerisce una spiegazione fisiologica plausibile di alcuni importanti concetti della medicina tradizionale cinese, riassunti nella Tabella 1. La manipolazione degli aghi genera modificazioni cellulari che si propagano lungo piani connettivali e che si verificano indipendente dalla sede di infissione dell’ago, ma che aumentano nei punti di agopuntura.

L’anatomia dei punti di agopuntura e dei canali può così essere un fattore importante per iniziare a dissipare il velo di mistero che circonda l’agopuntura.




Riflessioni su alcune problematiche della ricerca in agopuntura

Carlo Maria Giovanardi*

*Presidente Federazione Italiana delle Società di Agopuntura Direttore AMAB Scuola Italo Cinese di Agopuntura Esperto del Consiglio Superiore di Sanità per le Medicine non Convenzionali

 

La Cochrane Library  ha pubblicato diverse revisioni sistematiche di RCT sull’agopuntura che hanno dato le seguenti indicazioni:

efficace per la prevenzione della nausea postoperatoria;

promettente per cefalea idiopatica, dismenorrea, dolore lombare in gravidanza, induzione del travaglio di parto, dolore in travaglio di parto, come terapia  aggiuntiva ad altre terapie per il dolore lombare cronico;

di efficacia incerta per ictus cerebrale, paralisi di Bell, asma cronica, depressione, dolore alla spalla, dolore laterale del gomito;

non efficace per artrite reumatoide e cessazione del fumo.

Da una prima analisi dei risultati occorre chiedersi perché, ad esempio nel campo del dolore, l’agopuntura abbia risultati così difformi in patologie che, seppur interessando articolazioni diverse, hanno una patogenesi simile.

Eppure tra i vari meccanismi d’azione dell’agopuntura, quello analgesico è sicuramente il più studiato e la ricerca di base ha chiaramente evidenziato i rapporti tra agopuntura e modulazione del sistema degli oppioidi endogeni, tra agopuntura e inibizione delle vie deputate alla trasmissione dello stimolo nocicettivo e tra agopuntura e adenosina.

Alcune risposte le possiamo avere se studiamo e valutiamo la qualità degli RCT che determinano i risultati delle revisioni sistematiche così riassunte:

mancanza di rigore nei criteri di inclusione e di esclusione adottati negli RCT

E’ scorretto includere in una stessa revisione sperimentazioni che utilizzino forme di  agopuntura differenti o tecniche di stimolazione di punti di agopuntura diverse dall’infissione dell’ago quali ad esempio il laser, i campi magnetici, la pressione o l’iniezione di farmaci.

scarsa qualità dell’agopuntura utilizzata negli RCT

Quando si parla di qualità di agopuntura ci si riferisce al tipo di agopuntura utilizzata e nell’ambito del tipo di agopuntura utilizzata se la qualità della stessa è da considerarsi adeguata o meno.

Esistono vari approcci di agopuntura, l’agopuntura tradizionale cinese, l’agopuntura giapponese, l’agopuntura coreana, l’agopuntura vietnamita, la riflessoterapia e l’elenco non è certamente esaustivo.

Pur avendo un filone comune questi approcci differiscono molto spesso non solo nella scelta dei punti ma anche nella modalità di stimolazione degli stessi, ad esempio la puntura è più profonda ed energica nell’agopuntura tradizionale cinese, mentre è più superficiale e “dolce” nell’agopuntura giapponese.

Come non pensare che in termini di attivazione di meccanismi neurofisiologici questo non comporti risultati diversi?

Ancora più interessante è la qualità del tipo di agopuntura scelto e utilizzato negli RCT.

Quando è stato chiesto a 15 esperti di agopuntura di 9 paesi differenti di valutare con un punteggio la qualità dell’agopuntura utilizzata in 24 RCT sull’efficacia dell’agopuntura nel trattamento della lombalgia, in base a dei criteri specifici quali ad esempio la corrispondenza della scelta dei punti con le indicazioni contenute nei testi di riferimento cinesi e la loro esperienza personale, è risultato che solo 6 su 24 (25%) raggiungevano un punteggio tale da attribuire una qualità buona e cosa ancor più importante che c’era un’alta correlazione tra la qualità dell’agopuntura utilizzata e il miglioramento del dolore lombare (Molsberger A. 2011).

Mancanza di un reale placebo nel gruppo controllo

Nei vari lavori pubblicati sono proposte varie modalità di placebo, la puntura di non agopunti, la puntura superficiale (profondità di 1-2 mm) di agopunti, la puntura di agopunti senza l’indicazione del disturbo da trattare sino ad arrivare all’agopuntura simulata tipo l’ago di Park, dove l’ago non penetra nella pelle in quanto fermato da una barriera che gli impedisce al momento della pressione sull’ago di penetrare la cute. (Park J. 1999)

Ognuno di questi metodi offre vantaggi e svantaggi ma tutti a un’analisi accurata dimostrano che non sono controlli inerti e quindi per definizione non possono essere considerati placebo.

La puntura di non agopunti comporta sempre la stimolazione della cute, a volte addirittura l’infissione e la stimolazione dei non agopunti dista 5 o pochi mm dall’agopunto reale. Considerare placebo questo intervento è smentito sia se viene analizzato dal punto di vista della moderna medicina e sia secondo l’ottica della medicina tradizionale cinese. La stimolazione della cute attiva in ogni caso vie nervose e modificazione di concentrazione di neuromodulatori. Se poi la stimolazione della cute avviene sullo stesso dermatomero e/o a così pochi mm dall’agopunto, l’azione sarà in parte simile a quello dell’agopunto stesso.

In medicina tradizionale cinese l’agopunto ha una sua caratteristica con una localizzazione e indicazioni cliniche e terapeutiche precise, ma la stessa medicina tradizionale cinese descrive come le zone cutanee tra gli agopunti non siano zone “inerti” bensì attive e quindi con indicazioni terapeutiche, basti approfondire i temi delle zone cutanee (Pi Bu) e dei canali tendino muscolari (Jing Jin).

Le considerazioni appena espresse, seppur con alcuni distinguo, valgono per la puntura superficiale degli agopunti e per la puntura di agopunti che non hanno, tra le indicazioni, il disturbo da trattare.

Una riflessione a parte richiede l’utilizzo come placebo dell’ago di Park. Apparentemente sembrerebbe il controllo placebo migliore, in parte lo è ma presenta due limiti: la pressione sulla cute innesca in ogni caso, pur con intensità diversa, i meccanismi precedentemente descritti e l’azione “confondente” sul paziente. Chi si sottopone ad agopuntura sa che gli aghi penetrano la cute e si aspetta una sensazione associata alla penetrazione degli aghi. A questo proposito alcuni studi hanno dimostrato come una percentuale significativa di pazienti in lavori dove veniva utilizzato questo controllo riuscivano a distinguere che non era stato infisso nessun ago, come invece prevedeva il protocollo.

Quindi nella valutazione di un RCT, il traumatismo o meno della cute (ago, pressione, ecc) diventa il punto distintivo nel valutare adeguato o perlomeno credibile l’RCT in esame.

A sostegno di questa tesi è utile richiamare l’attenzione su un RCT pubblicato da Pain dove due gruppi di bambini affetti da cefalea sono stati sottoposti a laserterapia e a laser placebo. Nel primo gruppo gli agopunti per la cefalea erano stimolati dal fascio laser mentre nel gruppo controllo gli agopunti non venivano stimolati in quanto il laser, pur avendo il segnale luminoso acceso, non emmetteva nessun fascio laser. L’effetto terapeutico si è avuto in maniera significativa solo nel gruppo del laser vero. (Gottschling S. 2008)

 

In conclusione, è importante sostenere la ricerca in agopuntura sia quella di base sia quella clinica, ma è fondamentale che la ricerca ne rispetti le caratteristiche.

Il trattamento con agopuntura è un trattamento complesso e solo in parte standardizzabile, più assimilabile a un intervento chirurgico che alla somministrazione di un farmaco.

Occorre quindi indirizzare la ricerca verso trials pragmatici dove l’agopuntura viene confrontata con terapie farmacologiche e non, già validate per dimostrare se e quando l’agopuntura ha una superiorità in termini di efficacia, sicurezza, riduzione dei costi economici e qualità della vita del paziente.

 

Bibliografia

Molsberger A, Zhou J, Boewing L, Arndt D, Karst M, Teske W, Drabik A. An International expert survey on acupuncture in randomized controller trials for low back pain and a validation of the low back pain acupuncture score. Eur J Med Res. 2011 Mar 28;16(3):133-8.

Park J, White A, Lee H, Ernst E. Development of a new sham needle. Acupunct Med 1999;17(2):110-2.

Gottschling S, Meyer S, Gribova I, Distler L, Berrang J, Gortner L, Graf N, Shamdeen MG.

Laser acupuncture in children with headache: a double-blind, randomized, bicenter, placebo-controlled trial. Pain. 2008 Jul 15;137(2):405-12. Epub 2007 Nov 19