Il trattamento della tosse nella fitoterapia occidentale e cinese

Emanuela Naticchi*

 ** Farmacista esperta in fitoterapia Azienda Farmacie Comunali Civitanova Marche

 

Introduzione e fisiopatologia dell’apparato respiratorio

L’apparato respiratorio è costituito dall’insieme degli organi preposti allo scambio di ossigeno e anidride carbonica tra sangue e l’aria atmosferica.

Fanno parte dell’apparato respiratorio le due cavità nasali, la faringe, la laringe, la trachea, che si biforca nei bronchi polmonari destro e sinistro, ognuno dei quali penetra nel polmone dello stesso lato, ramificandosi in diramazioni dal diametro sempre più ridotto. Dal punto di biforcazione della trachea si producono 23 generazioni di rami. Le prime 10 generazioni prendono il nome di bronchi, le ramificazioni successive fino alla 19 esima vengono dette bronchioli, a queste succedono i canali alveolari fino a i sacchi alveolari, ciascuno dei quali comprende circa una ventina di alveoli, strutture sferiche ed estremamente numerose.

Ciascun atto respiratorio è diviso in tre fasi: l’inspirazione che consiste nell’immissione di aria nell’apparato respiratorio fino ai polmoni, la pausa inspiratoria e l’espirazione, che prevede l’emissione dell’aria all’esterno. Attraverso la sottilissima membrana respiratoria, che costituisce il rivestimento degli alveoli, avviene la fase di scambio gassoso: l’ossigeno diffonde dall’aria alveolare nel sangue dei capillari, mentre l’anidride carbonica segue il percorso inverso.

Questa attività viene chiamata respirazione polmonare per distinguerla dalla respirazione cellulare, processo che richiede l’utilizzo di ossigeno per i processi ossidativi cellulari. Le cellule del nostro organismo, per il loro metabolismo, necessitano di un costante apporto di ossigeno che viene consumato per favorire la produzione di ATP. Questo processo produce notevoli quantità di anidride carbonica che viene espulsa attraverso i polmoni durante la respirazione.

La ventilazione polmonare provvede al ricambio continuo di 500 ml di aria per ogni atto respiratorio. La respirazione, inoltre, contribuisce a mantenere la temperatura corporea nella norma e ad eliminare circa 350 cm cubici di acqua al giorno.

La respirazione avviene grazie ai muscoli inspiratori ed espiratori che rendono possibile l’atto respiratorio e al sistema nervoso autonomo parasimpatico e ortosimpatico La regolazione nervosa viene innescata dalla stimolazione dei recettori nasali, epifaringei, faringei, tracheali e polmonari. I neuroni stimolanti parasimpatici adrenergici e non colinergici (NANC) causano broncocostrizione, mentre i neuroni ortosimpatici e l’adrenalina circolante causano broncodilatazione.

Gli scambi gassosi tra aria alveolare e sangue possono subire delle alterazioni in conseguenza di alterazioni del trasporto o della diffusione dei gas respiratori nel sangue. Le patologie respiratorie croniche come l’asma e la broncopatia cronica ostruttiva (BPCO) sono oggi fra le principali cause di morbilità e mortalità a livello mondiale, mentre raffreddore, tosse, rinite e bronchite sono tra i più comuni disturbi respiratori.

 

La tosse

La tosse è un meccanismo difensivo che ha lo scopo di espellere dall’albero tracheo-bronchiale  i secreti bronchiali quando questi diventano abnormi per volume o viscosità o per la presenza di corpi estranei o in caso di flogosi o infiammazione; può essere secca o umida, ovvero accompagnata da secreto bronchiale.

Il muco bronchiale o tracheale mantiene umido il tratto respiratorio, riscalda e umidifica l’aria inalata, inoltre è in grado di intrappolare al suo interno batteri, microrganismi, cellule di sfaldamento delle mucose, leucociti e particelle estranee inalate e di trasportarle all’esterno grazie al movimento coordinato delle ciglia vibratili, impedendone la discesa negli alveoli polmonari. Il muco, una volta raggiunta la faringe viene in parte deglutito e in parte riassorbito. In caso di irritazione o di infiammazione dell’albero respiratorio il muco viene secreto in quantità maggiore e può ostacolare il normale meccanismo respiratorio. Il nostro organismo quindi ricorre alla tosse per espellere il catarro in eccesso.

 

In rimedi antitussigeni della fitoterapia cinese ed occidentale

In fitoterapia esistono prodotti in grado di sedare la tosse in virtù di un’azione antinfiammatoria locale, inibente il riflesso tussivo a livello periferico o centrale e in grado di svolgere un’azione espettorante diretta e indiretta.

Gli espettoranti diretti sono droghe che contengono oli essenziali: complesse miscele di sostanze organiche di varia natura chimica, per lo più volatili, con una densità minore di quella dell’acqua, che si ottengono dalla distillazione in corrente di vapore di piante o alberi aromatici, per estrazione con solventi o nel caso degli agrumi, per spremitura a freddo

Gli oli essenziali svolgono un duplice ruolo antitussivo ed espettorante, di grande interesse terapeutico. A basse dosi esplicano un effetto espettorante per stimolazione delle ghiandole sierose bronchiali, agevolano l’azione delle ciglia, sopprimono l’attività delle cellule a secrezione mucosa e l’infine mostrano un effetto surfattante.

Le proprietà terapeutiche degli oli essenziali sono note fin dai tempi antichi, infatti i primi a scoprire l’azione antibatterica e antisettica degli oli essenziali furono i sacerdoti egiziani che utilizzavano resine e spezie nel processo di imbalsamazione dei morti.

La composizione chimica degli oli essenziali determina le proprietà farmacologiche e tossicologiche degli oli stessi: alcune sostanze, come i fenoli, sono caratterizzate da una notevole attività antimicrobica, mentre altre mostrano una debole attività antisettica ma presentano un’elevata tossicità ad alte dosi. Gli alcoli invece, pur mantenendo una certa attività antimicrobica, risultano meno efficaci dei fenoli ma presentano una minore tossicità.

Un olio essenziale costituito da aldeidi ha non solo azione antimicrobica, ma anche antinfiammatoria; mentre un olio ricco in ossidi è privo di azione antimicrobica ma esercita un’azione espettorante, mucolitica e decongestionante. Infine i monoterpeni sono costituenti chimici molto utili in quanto esercitano un’azione complementare decongestionante, antinfiammatoria, balsamica, antitussiva e mucolitica.

Le più famose piante medicinali ad azione espettorante e antitussiva della fitoterapia occidentale sono Eucalyptus globulus caratterizzato dalla presenza di un olio essenziale composto per il 70-85%  da eucaliptolo, con azione antinfiammatoria, espettorante, spasmolitica, mucolitica e antibatterica, e Thymus vulgaris che contiene un olio essenziale con proprietà spasmolitiche, antibatteriche, antinfiammatorie espettoranti e antitussive, probabilmente attribuibili ai due componenti timolo e carvacrolo di natura fenolica.

Oltre agli oli essenziali in fitoterapia ci sono prodotti fitoterapici in grado di sedare la tosse con altri meccanismi, ad esempio le droghe mucillaginose come il lichene islandico (Lichen islandicus) e Althaea officinalis svolgono un’utile azione nel trattamento della tosse secca  perché sono in grado di proteggere la mucosa orale dalle irritazioni. Le mucillagini contenute nella droga svolgono un’azione antinfiammatoria,  emolliente e lenitiva.

Gli espettoranti indiretti contengono invece saponine, sostanze che quando vengono somministrate per via orale possono causare una lieve irritazione della mucosa gastrointestinale che, per azione riflessa stimola la secrezione di muco bronchiale fluido, facilitando l’espettorazione e prevenendo la tosse, inoltre le saponine rendono il muco più fluido e facilmente eliminabile grazie alla capacità di abbassare la tensione superficiale  La liquirizia (Glycyrrhiza glabra) possiede una marcata azione espettorante ed antitussiva. Il suo principale componente, la glicirrizina, è una saponina triterpenica. La somministrazione di liquirizia riduce l’infiammazione della mucosa orale, agendo sia da emolliente che da antinfiammatorio ed esercita un effetto antibiotico e antivirale.

La liquirizia non è nota solo in Occidente per le sue proprietà terapeutiche, oltre alle già citate ricordiamo anche l’attività gastroprotettiva, epatoprotettiva, antiiperlipidemica e antitossica. In Cina è conosciuta come gan cao la Glycyrrhiza uralensis, si tratta di una specie simile alla Glycyrrhiza glabra che è uno dei fitoterapici più antichi e più comunemente prescritti in caso di febbre, dispepsia, ulcera gastrica, tosse, asma e bronchite. La radice di liquirizia è una delle sostanze maggiormente usate in medicina cinese ed è presente in numerose prescrizioni mediche. Le prescrizioni bechiche cinesi agiscono favorendo la “diffusione dell’energia del polmone” e trattando la tosse che consegue ai disturbi del sistema respiratorio. Una delle prescrizioni più conosciute è il decotto di Ephedra, che possiede un’attività antiasmatica, diaforetica e bechica. Questa ricetta è tratta dallo “Shang Han Lun”, un testo compilato 1800 anni or sono,  prevede la decozione di ma huang, xing ren, gui zhi e gan cao. Ma huang non è altri che l’efedra o Herba Ephedrae, nota per il suo effetto diaforetico, broncodilatatore e antitussivo. I due principi attivi efedrina e pseudoefedrina, due alcaloidi ad attività simpaticomimetica, mediano un prolungato effetto broncodilatatorio per attivazione dei recettori β2 adrenergici. L’efedrina provoca anche un effetto espettorante per aumento della motilità delle ciglia vibratili e perché opera una maggior fluidificazione del muco.

Xing ren o Semen pruni armeniaca  è meglio conosciuto come il seme di albicocca, agisce direttamente a livello del snc mediando un’azione antitussiva e antiasmatica. Dopo la somministrazione per os, i principi attivi amigdalina ed emulsina vengono metabolizzati nello stomaco in acido idrocianico, responsabile dell’effetto antitussivo.

Gui zhi o ramulus Cinnamomi cassiae è il ramo di due anni della pianta della cannella che contiene aldeide cinnamica, acido cinnamico, acetato di cinnamile ed ha dimostrato di possedere effetto antitussigeno, ma anche azione antibiotica, analgesica ed antinfiammatoria.

Gan cao è la radice di liquirizia di cui abbiamo precedentemente parlato.

Troviamo la liquirizia anche in un’altra prescrizione antitussiva, questa volta non si tratta di un decotto ma di uno sciroppo: il “Nin Jiom” o “Pei pa koa”. Si tratta di un rimedio naturale usato in Cina per il trattamento di tosse, mal di gola, raucedine e in caso di afonia. È un demulcente ed espettorante.

La formula è stata messa a punto intorno ai primi anni del 1900 e la sua efficacia è stata dimostrata non solo nella pratica clinica ma anche in vari studi; nel 1994 l’accademia cinese di Medicina Tradizionale Cinese ha pubblicato un articolo dal titolo “Pharmacological studies of nin jiom pei pa koa”, I risultati di questi studi indicano che lo sciroppo è in grado di trattare la tosse, favorire l’espettorazione e alleviare i sintomi dell’asma in vivo ed in vitro.

Questo rimedio contiene gan cao, pi pa ye, ju hong, xing ren, sheng jiang e wu wei zi.

Pi pa ye  o Eriobotrya japonica, è il nespolo giapponese, la cui foglia è nota per le sue proprietà antitussive. Quando viene somministrato insieme al miele ne potenzia l’azione demulcente.

Ju hong è il pummelo dal nome botanico di Citrus grandis Osbeck. La scorza è ricca in oli essenziali, vitamine e potassio e viene tradizionalmente decotta e utilizzata per le sue proprietà sedative della tosse. Viene utilizzato anche per la prevenzione dell’asma bronchiale.

Sheng jiang o rhizoma Zingiberis officinalis è lo zenzero, conosciuto in Cina sia come spezia che come rimedio. La parte utilizzata è il rizoma, generalmente utilizzato fresco per molti disturbi, in particolare per quelli digestivi e intestinali e in caso di reumatismi. Esercita un’azione analgesica, antiossidante, antisettica, antitussiva, battericida, diaforetica, carminativa, espettorante e tonica.

Wu wei zi è il frutto della Schisandra chinensis. Oltre ad un effetto antibiotico, questa pianta è conosciuta per la sua attività antitussiva ed espettorante. Gli estratti alcolico ed acquoso dei semi di Schisandra esercitano un’azione stimolante diretta sui centri respiratori, incrementando sia la frequenza, che la profondità del respiro. Inoltre, alcuni studi hanno evidenziato che wu wei zi è in grado di contrastare la depressione respiratoria morfino-indotta.

In conclusione possiamo affermare che sono molti i fitoterapici usati nel trattamento della tosse, sia in medicina occidentale che cinese, e che un’approfondita ricerca su queste sostanze potrebbe favorire nuovi approcci terapeutici nel trattamento della patologie respiratorie.

 

Bibliografia

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Influenza A e farmacologia cinese: un’analisi retrospettiva

a cura di Piero Quaia*

* Capo Redattore Olos e Logos Dialoghi di Medicina Integrata, Pordenone

 Il numero di giugno 2012 del Journal of Traditional Chinese Medicine pubblica un’analisi retrospettiva condotta da Wang Yu-guang, del Dipartimento di Pneumologia dell’Ospedale di medicina tradizionale cinese di Pechino, e da alcuni collaboratori in cui viene valutata la persistenza della contagiosità in corso di influenza A sostenuta dal virus sottotipo H1N1, confrontando i risultati ottenuti mediante terapia con il farmaco antivirale oseltamivir e con farmaci della medicina tradizionale cinese (MTC) impiegati singolarmente o in associazione.

 

Pazienti, metodo diagnostico e terapia

Lo studio è stato condotto su 963 pazienti ricoverati in otto diversi ospedali cinesi tra i mesi di maggio e giugno del 2009. L’età dei pazienti variava tra meno di 5 anni e oltre 65, con una sostanziale equivalenza tra maschi e femmine.

La presenza di infezione da virus H1N1 era confermata con il metodo della trascrizione inversa della catena della polimerasi (RT-PCR).

In genere, i pazienti con temperatura corporea compresa tra 38 e 38,9°C furono sottoposti a terapia con oseltamivir alla dose di 75mg due volte al dì per via orale oppure con farmaci della MTC, quelli con temperatura ≥39°C associando le due opzioni terapeutiche, mentre i pazienti con febbre lieve (temperatura inferiore a 38°C) o apiretici non ricevettero alcun trattamento. La temperatura corporea venne pertanto assunta come discriminante per la scelta terapeutica.

Oseltamivir

Oseltamivir è un farmaco antivirale disponibile sotto forma di sale fosfato con caratteristiche di pro-farmaco. Metabolizzato nel fegato nella sua forma attiva oseltamivir carbossilato, agisce come inibitore selettivo della neuraminidasi, glicoproteina presente sulla superficie del virus influenzale il cui blocco inibisce la replicazione e la patogenicità del virus.

Prescrizioni della MTC

I farmaci della MTC erano costituiti dalle seguenti tre formulazioni:

1) Shuang Huang Lian soluzione orale, somministrata alla dose di 20 mL tre volte al dì.

2) Lian Hua Qing Wen, somministrata alla dose di quattro capsule quattro volte al dì.

3) Shu Feng Jie Du, somministrata alla dose di quattro capsule tre volte al dì.

La composizione delle tre prescrizioni è indicata nel successivo paragrafo.

 

Analisi tradizionale cinese e farmacologica delle formule

1) Shuang Huang Lian

Jin yin hua (flos Lonicerae) si rivolge al canale di Polmone, purifica il calore tossico du e il calore al Polmone, libera il biao dal vento-calore. È  dotato di azione antipiretica, antiinfiammatoria e antibiotica.

Huang qin (radix Scutellariae) purifica il calore al jiao superiore e al Polmone e tratta il calore tossico du. Svolge azione antipiretica e  antibiotica.

Lian qiao (fructus Forsythiae) purifica il calore tossico dal jiao superiore, libera il biao dal vento-calore. È antiinfiammatorio e antipiretico.

Nel complesso la prescrizione si rivolge al Polmone e al jiao superiore con un’intensa attività purificatrice sul calore, antiinfiammatoria e antipiretica, utilizzabile nei pazienti il cui decorso di malattia è caratterizzato prevalentemente dalla febbre, in assenza o con limitata espressione di altri sintomi.

2) Lian Hua Qing Wen

Lian qiao (fructus Forsythiae) e jin yin hua (flos Lonicerae), vedi paragrafo precedente.

Ma huang (herba Ephedrae) libera il biao dal vento-freddo, seda la tosse. Aumenta la traspirazione, è dotato di effetto antipiretico e broncodilatatore.

Ku xing ren (semen Armeniacae amarum) tratta la tosse e la dispnea, dirige il qi di Polmone verso il basso. Svolge azione sedativa della tosse e antiasmatica.

Shi gao (Gypsum fibrosum) è diretto al Polmone, purifica il calore e disperde il fuoco, promuove la formazione dei liquidi. È antipiretico e stimola il sistema immunitario.

Ban lan gen (radix Isatidis) purifica il calore tossico du, rinfresca il sangue e porta beneficio alla gola. È dotato di azione antibiotica e stimola il sistema immunitario.

Guan zhong (rhizoma Cyrtomii), denominato  anche rhizoma Dryopteris, purifica il calore tossico du e rinfresca il sangue. Antibiotico, previene l’influenza.

Yu xing cao (herba Houttuyniae) purifica il calore tossico du, drena il calore-umidità. È antivirale, antibatterico, analgesico.

Huo xiang (herba Agastaches seu Pogostemi) libera il biao, disperde il calore estivo, tratta il qi ni di Stomaco. È dotato di attività antiemetica.

Da huang (radix et rhizoma Rhei) purifica il calore, rinfresca e muove il sangue, drena il calore-umidità. È dotato di azione analgesica, antiinfiammatoria, antipiretica e antispastica.

Rhodiola integrifolia appartiene più alla farmacopea tradizionale tibetana. Svolge attività analgesica e adattogena in condizioni di stress ossidativo.

Mentholum, derivato dalla menta piperita, è analgesico e decongestionante.

Gan cao (radix Glycyrrhizae) tonifica il qi di Milza-Pancreas, umidifica il Polmone. Stimola il sistema immunitario, è antiinfiammatorio, sedativo della tosse, analgesico.

Nel suo complesso la prescrizione si presenta a spettro più ampio rispetto alla precedente unendo all’azione antiinfiammatoria e antipiretica un’attività sintomatica su tosse, faringodinia e vomito e broncodilatatrice, nonché di stimolo sul sistema immunitario.

3) Shu Feng Jie Du

Hu zhang (rhizoma Polygoni cuspidati) purifica il calore, dissolve i tan e tratta la tosse.

Lian qiao (fructus Forsythiae), gan cao (radix Glycyrrhizae) e ban lan gen (radix Isatidis), vedi paragrafi precedenti.

Bai jiang cao (herba Patriniae) purifica il calore tossico du, elimina il pus. È dotato di azione antibatterica.

Ma bian cao (herba Verbenae) purifica il calore, rinfresca il sangue. Agisce sulle raccolte ascessuali.

Chai hu (radix Bupleuri) muove il qi di Fegato, elimina il vento-calore dallo shaoyang. Svolge azione antipiretica, analgesica, antiinfiammatoria, sedativa, immunostimolante, attiva la liberazione da parte dell’ipotalamo del fattore di rilascio della corticotropina (CRF) e la secrezione di ACTH.

 

Lu gen (rhizoma Phragmitis) purifica il calore di Polmone e Stomaco, tratta il qi ni di Stomaco. Possiede azione sedativa della tosse, antiemetica, antipiretica, immunomodulatrice.

In aggiunta all’azione delle precedenti, la prescrizione svolge anche azione sedativa, riduce le secrezioni, sostiene in generale l’organismo ed è immunomostimolante.

A conclusione dell’analisi delle tre prescrizioni, va osservato che gli Autori non indicano il dosaggio di ogni singolo componente.

 

Modalità di trattamento e risultati

Complessivamente i pazienti trattati con oseltamivir furono 268, di cui 172 entro i primi due giorni dall’esordio della malattia e 96 dopo i primi due giorni, 208 furono quelli trattati con farmaci della MTC e 390 quelli sottoposti a trattamento combinato, di cui 256 entro i primi due giorni e 134 successivamente, e infine 97 pazienti non ricevettero alcun trattamento. I pazienti trattati con i farmaci della MTC furono complessivamente 598, di cui 416 con due formulazioni in associazione e 182 con una sola formulazione. Come già osservato, in 390 di questi casi le formulazioni della MTC vennero associate al farmaco antivirale. Gli Autori tuttavia non specificano in quanti casi ogni singola formulazione venne utilizzata, né quali criteri si adottarono nella scelta della prescrizione da impiegare da sola, associata a un’altra o ancora associata all’oseltamivir.

Per valutare l’efficacia della terapia fu presa in considerazione la durata della contagiosità del virus sulla base del fatto che il controllo della diffusione della malattia rappresenta un fondamentale obiettivo del trattamento contro il virus H1N1. La durata della contagiosità fu definita come il periodo di tempo che intercorreva tra il giorno di insorgenza della sintomatologia e la negativizzazione del test RT-PCR in due tamponi faringei o nasofaringei consecutivi.

L’analisi statistica dei dati ottenuti venne realizzata, secondo il caso, con i test ANOVA, del chi-quadrato e il test esatto di Fisher.

Rispetto ai pazienti non trattati, la durata della contagiosità del virus non subì una riduzione significativa nei pazienti apiretici o con febbre lieve trattati con oseltamivir o con le formulazioni della MTC. Queste ultime si dimostrarono invece efficaci nel ridurre la durata della contagiosità nei pazienti con temperatura corporea ≥38.1°C rispetto a quelli non sottoposti ad alcuna terapia, portando alla conclusione da parte degli Autori che questa opzione terapeutica può essere la scelta migliore per ridurre la contagiosità nei pazienti febbrili. Confrontando le due modalità di somministrazione dell’antivirale, vale a dire entro due giorni dall’esordio della malattia e dopo due giorni, la riduzione della contagiosità si dimostrava significativamente più efficace con la prima modalità. Sempre nel confronto con i soggetti non trattati, la tardiva somministrazione di oseltamivir, vale a dire dopo due giorni dall’esordio della malattia, portava addirittura a un prolungamento della durata della contagiosità. Gli Autori osservano inoltre che il trattamento secondo la MTC può costituire un’efficace alternativa alla terapia con oseltamivir in condizioni di sviluppo di resistenza all’agente antivirale causata dal suo uso ripetuto in caso di recidiva di infezione da virus H1N1. L’utilizzo combinato delle due opzioni terapeutiche non sembra produrre significativi vantaggi.

A conclusione del loro lavoro, gli Autori sottolineano il limite dello studio essendosi trattato di una raccolta e un’analisi retrospettiva dei dati, suggerendo la necessità di ulteriori studi a conferma delle osservazioni riportate. Inoltre, sarà necessaria l’individuazione più precisa di sottogruppi da trattare con le formulazioni della MTC utilizzate nello studio, sia individualmente che in associazione.

 

 




Le malattie infettive respiratorie stagionali: trattamento energetico

Leonardo Paoluzzi*

* Medico chirurgo agopuntore fitoterapeuta, Presidente Yecabara Italia onlus, Consigliere nazionale SIFIT, Docente master biennale fitoterapia Università di Siena, Membro commissione ordinistica medicine non convenzionali Terni, e mail paolluzzi7@interfree.it

“ogni stato d’ animo é fedelmente riflesso da uno stato fisiologico del sistema immunitario

Questa affermazione cambia completamente l’approccio terapeutico nei confronti di tali patologie, in quanto chiama in causa la relazione esistente tra Psiche, Sistema Nervoso, Apparato Endocrino ed Immunità (PNEI).

Partendo da questo dato scientifico possiamo affermare che le malattie infettive respiratorie stagionali, per lo meno quelle banali, quelle che ad ogni autunno-inverno si ripresentano, dipendono da noi, ovvero dalla nostra costituzione (legno, fuoco, terra, metallo, acqua) e dalla nostra partecipazione emozionale (collera, gioia, ruminazione, tristezza, paura) agli eventi che si susseguono e ci circondano.  La capacità di adattamento è ciò di cui si ha bisogno in queste situazioni. Certo la situazione climatica ha la sua intrinseca patogenicità, come pure l’età del soggetto, ma la costituzione e  l’emozionale fanno tutto il resto.

 

Occorre puntualizzare che, fino ad una ventina di anni fa, termini come “mente”, “emozione” o “coscienza” non erano nemmeno menzionati nei testi di medicina, in quanto il modello medico  ufficiale considerava il corpo come unica realtà fisica e la mente un concetto estraneo alla scienza, non indispensabile al funzionamento del corpo e soprattutto che non potesse partecipare alle risposte organiche.

Considerare la possibilità che un raffreddore o una influenza trovassero un terreno favorevole in un soggetto psicologicamente fragile e quindi predisposto, era ed è un concetto ancora estraneo alla maggior parte dei medici allopatici. Che ci possa essere una energia debole e precaria incapace di difenderci dall’attacco virale e che tale debolezza possa essere determinata da una cattiva alimentazione o da una condizione di paura o ansia o altro, non era assolutamente ipotizzabile.

In neurofisiologia si riteneva che il cervello “producesse” il pensiero e che il suo funzionamento fosse quello di un computer, basato su una semplice logica di acceso-spento. La scoperta dei primi mediatori sembrava avvalorare questa concezione puramente meccanicista, ad esempio un neurotrasmettitore “eccitava” un neurone che “attivava” un muscolo mentre un secondo mediatore “inibiva” il neurone e “rilassava” il muscolo.

Oggi non è più così in quanto  le scoperte della Candace Pert sui neuropeptidi, hanno scardinato completamente questo modello poichè i neuropeptidi devono essere considerati delle molecole “psichiche”, in quanto non trasmettono solo informazioni ormonali e metaboliche, ma “emozioni” e segnali psicofisici: ogni stato emotivo (amore, paura, piacere, dolore, ansia, ira… ), è veicolato nel corpo da specifici neuropeptidi. Anche la vecchia divisione  tra neurotrasmettitori e ormoni è diventata obsoleta, in quanto entrambi sono da considerarsi categorie di neuropeptidi. Contrariamente alle aspettative, questi neuropeptidi e i loro recettori sono stati rinvenuti in ogni parte del corpo e non soltanto nel sistema nervoso: inoltre la semplice meccanica dell’”acceso-spento” è stata soppiantata dalla logica estremamente più complessa della “neuromodulazione”, ovvero di quel complesso sistema di regolazione nervosa o chimica globale che interessa tutto il corpo.

Ogni stressor che perturba l’omeostasi dell’organismo richiama immediatamente delle reazioni regolative neuropsichiche vegetative , emotive, locomotorie, ormonali e immunologiche.

Questo significa che l’intero corpo “pensa”, che ogni cellula o parte del corpo “sente” e prova “emozioni”, elabora le proprie informazione psicofisiche e le trasmette ad ogni altra parte attraverso una fittissima rete di comunicazioni di estrema varietà comunicativa.

Finalmente la medicina scopre che il corpo non è una macchina!

Ebbene solo attraverso queste brevi ed essenziali considerazioni, possiamo dire che il trattamento delle sindromi da raffreddamento della stagione autunno-inverno, possono e devono essere affrontate con una azione di sostegno del sistema immunitario che passa attraverso quello psichico.

Quindi se pensiamo di usare gli oli essenziali, che rappresentano il jing della pianta, penseremo ad oli che avranno certamente un’azione antibatterica o antivirale intrinseca, ma che soprattutto mireranno a rinforzare il jing e lo shen del soggetto malato.

Nasce così la “Terapia Olfattiva di Regolazione” ossia la possibilità di agire con gli oli  essenziali a livello della struttura limbica, i centri di regolazione delle emozioni, l’amigdala, l’ippocampo eccetera.

Sulla base di tutto ciò avremo oli che stimolano il simpatico o il parasimpatico e oli che agiranno al contrario, ovvero che frenano il simpatico e il parasimpatico.

In particolare parlando dell’olio essenziale di Eucalipto, che rappresenta l’olio più usato e conosciuto per l’apparato respiratorio, diremo, in termini più ampi, che  può essere considerato come il principale olio per il trattamento delle patologie da esterno: libera l’esterno dal vento freddo, espelle il catarro umidità e drena l’umidità. Varie possono essere le preparazioni: in diluizione al 10% l’Eucalipto citriodora (50%) insieme alla Lavanda (30%) e alla Menta piperita (20%) è  la miscela più adatta a trattare il calore esterno e il catarro calore; per trattare il vento freddo miscelare Eucalipto globulus (50%), terebentina (20%) e Rosmarino (30%);  per il vento calore interno Eucalipto radiata (50%), Timo linalolo (30%), Lavanda (20%); per calore estivo Eucalipto citriodora (50%), Patchouli (30%), Cardamomo (20%). Per il catarro freddo nei polmoni Eucalipto polibractea è risultato estremamente attivo sia come antivirale influenzale che per herpes virus.

 

 

 

 

 

 

 

 

 




I rimedi che disperdono il vento-umidità – QU FENG SHI YAO

Lucio Sotte Direttore Olos e Logos

Emanuela Naticchi, Farmacista, Esperta di fitoterapia

I rimedi di questa categoria possiedono la proprietà di disperdere vento e umidità e di ristabilire la circolazione energetica nei canali. Alcuni di essi espletano anche un’azione tonica sul Rene o sul Fegato e consolidano ossa e tendini.

In medicina tradizionale cinese le ossa e i tendini costituiscono un insieme indissociabile, strettamente connesso agli organi Rene e Fegato. Le ossa sono nutrite e umidificate dal jing di Rene e una sua carenza può determinare nel bambino un ritardo dello sviluppo osseo o della marcia, nell’adulto una facilità a contrarre fratture o patologie ossee, nell’anziano lo sviluppo di osteoporosi. Il termine tendini comprende tutte le strutture periarticolari implicate nella mobilizzazione degli arti; tali strutture sono nutrite e sostenute dal sangue di Fegato e una sua carenza può comportare la comparsa di rigidità, crampi, tremori.

Le azioni proprie ai qu feng shi yao li rendono particolarmente adatti al trattamento del dolore ostruttivo bi causato dalla penetrazione del vento-umidità a livello della superficie corporea (biao), a livello dei muscoli (ji), a livello dei canali (jing luo), dei tendini (jing) e delle ossa (gu). Questi eventi si manifestano clinicamente con la comparsa di parestesie, crampi, rigidità, debolezza muscolare, dolore articolare, nevralgie; è in tal senso che, riduttivamente, questi rimedi sono da taluni definiti «antireumatici».

Se le energie patogene xie qi sono localizzate al biao, questi rimedi vengono associati ai jie biao yao, cioè ai rimedi picccanti e tiepidi che liberano la superficie.

Quando il qi patogeno si approfondisce a livello di canale, si determina un’ostruzione alla circolazione di qi e sangue e si associano gli huo xue qu yu yao, rimedi che muovono il sangue, e sostanze dotate della particolare proprietà di disostruire i canali; nei casi in cui la malattia perdura, si sviluppa spesso un deficit di qi e di sangue e un’alterazione dello xing (forma, materialità) di Rene e Fegato per coinvolgimento di tendini e ossa: in tal caso si associano rimedi tonici del qi, sostanze che nutrono il sangue, il Rene e il Fegato e rimedi che possiedono quella particolare proprietà, descritta poco sopra, di «consolidare tendini e ossa».

Il vento-umidità può essere presente come tale o veicolare altre forme di qi cosmopatogeno quali il calore e, più spesso, il freddo. In relazione al qi patogeno in causa e alla sintomatologia clinica, si suole tradizionalmente distinguere quattro tipi di sindromi bi.

Bi «vento»: caratterizzato da poliartralgie migranti;

la terapia mira a disostruire i canali e alleviare il

dolore mediante l’uso dei qu feng shi yao, ai quali si

associano, per disperdere il vento, rimedi che

muovono il sangue.

Bi «freddo»: caratterizzato da dolore fisso, grave,

che peggiora con l’esposizione al freddo e migliora

con il caldo e il movimento; ai rimedi che disperdono

il vento-umidità si associano gli xin wen jie

biao yao, cioè i rimedi piccanti e tiepidi che liberano

la superficie (biao).

Bi «umidità»: caratterizzato da dolore fisso e gravativo

accompagnato da gonfiore articolare e parestesie;

si associano ai rimedi di questo gruppo

sostanze diuretiche appartenenti alla categoria

dei rimedi che drenano l’umidità, optando per

quelle caratterizzate da un’attività disostruttiva

sui canali.

Bi «calore»: caratterizzato da articolazioni dolenti,

calde e gonfie, febbre e sete; si associano in tal caso

sostanze appartenenti alla categorie dei qing re yao,

i rimedi che purificano il calore.

La penetrazione del qi cosmopatogeno implica un’ulteriore

valutazione da parte del medico, in quanto tale

evento può celare un deficit di qi corretto zheng sia per

carenza di qi di Milza-Pancreas o di Polmone, sia per

un deficit di Rene e Fegato (riguardo al loro legame

con ossa e tendini). In tali circostanze il trattamento

deve mirare anche alla tonificazione dell’organismo e

al riequilibrio degli organi in deficit.

È dunque chiaro che la selezione dei rimedi è condizionata

dalla natura e dalle caratteristiche della sindrome

bi ostruttiva, dallo stadio della malattia, dalla localizzazione

del bi, nonché dall’età del paziente e dalle sue

condizioni generali. In tal senso è da porre attenzione

non solo all’associazione necessaria, ma anche alla scelta

del singolo rimedio appartenente ai qu feng shi yao, in

quanto questi possiedono azioni diverse e molteplici.

La tradizionale classificazione in tre sottogruppi

evidenzia le fondamentali e differenti proprietà dei qu

feng shi yao:

– rimedi che disperdono il vento-umidità e calmano

i dolori;

– rimedi che disperdono il vento-umidità e disostruiscono

i canali (muovendo qi e sangue);

– rimedi che disperdono il vento-umidità e consolidano

ossa e tendini.

I qu feng shi yao sono in maggioranza di sapore piccante,

di natura tiepida, talora aromatici e disseccanti; tali

caratteristiche li rendono potenzialmente lesivi per yin

e sangue; pertanto è necessario usarli con cautela in

presenza di un deficit a carico di tali sostanze.

Tabella 4.1 I RIMEDI CHE DISPERDONO IL VENTO-UMIDITÀ (continua).

Rimedio Canali Farmacodinamica Indicazioni Dosi

I RIMEDI CHE CALMANO I DOLORI

Du huo Rene, Vescica Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie delle estremità 3-9

Diaforetico: libera il biao Sindrome da aggressione del biao

dal vento-freddo da vento-freddo in regione lombare

Analgesico e arti inferiori

Qin jiao Fegato, Vescicola Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie nelle estremità 3-9

Biliare, Stomaco Purifica il calore da deficit Ittero da calore-umidità

Drena il calore-umidità Sindromi da deficit di yin con febbre

Lassativo Stipsi da calore e secchezza all’Intestino

Wei ling xian Vescica Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 6-9

Disostruisce tutti i canali Spine di pesce conficcate in gola

e collaterali

Disperde i tan

Ammorbidisce le masse dure

Elimina le spine di pesce dalla gola

Analgesico

Hai tong pi Fegato, Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie soprattutto 6-15

Milza-Pancreas, Disostruisce i canali e collaterali in regione lombare e alle ginocchia

Rene Diuretico Edema

Disperde il vento alla cute Dermatiti pruriginose

trattandone il prurito Odontalgie da carie (uso topico)

Analgesico

Can sha Fegato, Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 4.5-9

Milza-Pancreas, Armonizza lo Stomaco Gastralgia, nausea, disarmonia dello

Stomaco Trasforma l’umidità torbida Stomaco da accumulo di umidità torbida

Eczemi (lavaggi esterni)

Cang er zi Polmone Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 3-9

Apre gli orifizi del naso Rinosinusiti, riniti, ostruzione nasale

Libera il biao dal vento-freddo Prurito cutaneo da aggressione

Disperde il vento e tratta il prurito di vento-umidità

Analgesico

Xu chang qing Fegato, Stomaco Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 9-15

Disperde il vento e calma Eczemi, prurito, eruzioni

il prurito da presenza di vento, morbillo

Tratta foruncoli e ascessi Ascessi, foruncolosi, morsi

correlati a fuoco tossico du di serpente e punture di insetti

e ne elimina le tossine

Nutre il sangue

Analgesico

I RIMEDI CHE DISOSTRUISCONO I CANALI

Mu gua Fegato, Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie, mialgie, 6-12

Milza-Pancreas Disostruisce i canali e collaterali contratture e spasmi

e ne mobilizza qi e sangue Vomito, dolori epigastrici

Drena l’umidità e armonizza da umidità al jiao Medio

Milza-Pancreas e Stomaco

parte03-sotte5-cap4-255-276.x_0gabbia-sotte5 07/04/10 10.13 Pagina 270

4 I rimedi e le ricette che disperdono il vento-umidità 271 ISBN 978-88-08-18234-0

Rimedio Canali Farmacodinamica Indicazioni Dosi

I RIMEDI CHE DISOSTRUISCONO I CANALI

Sang zhi Fegato Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie, specie 9-30

Disostruisce i canali e collaterali se localizzate agli arti superiori

facilitandone lo scorrere Parestesie e prurito agli arti superiori

di qi e sangue Edema associato ad artralgie

Xi xian cao Rene, Fegato Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 6-30

Disostruisce i canali e collaterali Emiplegia, afasia, patologie

facilitandone lo scorrere da aggressione di vento tipo

di qi e sangue zhong feng

Purifica il calore di Fegato Spasmi, crampi e parestesie alle estremità

Tratta il calore tossico du, Ipertensione arteriosa

elimina le tossine, drena Insonnia, irritabilità, cefalea, vertigini

il calore-umidità da calore di Fegato

Antipertensivo Ittero da calore-umidità

Sedativo Prurito da calore-umidità

Eczemi, carbonchi, foruncoli,

morbillo

Luo shi teng Fegato Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 6-15

Disostruisce i canali e collaterali Ascessi, foruncolosi, processi

facilitandone lo scorrere flogistici correlati a presenza

di qi e sangue di calore tossico du

Rinfresca il sangue

Tratta il calore tossico du

e gli ascessi, elimina le tossine

Hei feng teng Fegato Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 6-12

Disperde il freddo Dolore post-traumatico

Disostruisce i canali e collaterali

facilitandone lo scorrere

di qi e sangue

Analgesico

She tui Fegato Disperde il vento-umidità Sindromi bi 1.5-3

Disperde il vento e tratta Epilessia, convulsioni, spasmi infantili

gli spasmi Eritemi, macule cutanee, dermatiti

Tratta i disturbi dell’occhio da vento-calore

esterno Patologie corneali, pterigio

Song jie Fegato Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 9-15

Disostruisce i canali e collaterali Dolore post-traumatico

Analgesico

Chou wu tong Fegato Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 4.5-15

Purifica il fuoco e lo yang Vertigini, cefalea, ipertensione

di Fegato da eccesso di fuoco e di yang di Fegato

Eczemi, tigna, ulcerazioni agli arti

inferiori, emorroidi

Tabella 4.1 I RIMEDI CHE DISPERDONO IL VENTO-UMIDITÀ.

Rimedio Canali Farmacodinamica Indicazioni Dosi

I RIMEDI CHE CONSOLIDANO OSSA E TENDINI

Wu jia pi Fegato, Rene Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie, spasmi 4.5-9

Consolida ossa e tendini muscolari nel deficit cronico

Diuretico di Fegato e Rene

Osteoporosi

Ritardo della dentizione

e della marcia nel bambino

Edemi

Qian nian jian Fegato, Rene

Disperde il vento-umidità

Sindromi bi, artralgie, dolori

4.5-9

Consolida ossa e tendini reumatici cronici

Lombalgie, gonalgie, mialgie

e parestesie degli arti inferiori,

soprattutto degli anziani, causate

dall’aggressione di vento-umidità

e deficit di Rene

Dolore ed edema post-traumatici

Bai hua she Fegato, Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 0.5-0.6

Milza-Pancreas Consolida ossa e tendini Epilessia, convulsioni, tetano,

Disperde il vento e tratta emiplegie, paralisi del facciale

gli spasmi da agitazione del vento interno

di Fegato

Dermatiti, eritemi, parestesie

da permanenza del vento nella cute

Wu shao she Fegato, Disperde il vento-umidità Sindromi bi, artralgie 4.5-12

Milza-Pancreas Consolida ossa e tendini Epilessia, convulsioni, tetano,

Disperde il vento e tratta emiplegie, paralisi del facciale

gli spasmi da agitazione del vento interno

di Fegato

Dermatiti, eritemi, parestesie

da permanenza del vento nella cute

 

 

 

 

Wu jia pi

ALTRE DENOMINAZIONI

Nan wu jia pi.

NOME COMUNE

Acanthopanax.

NOME FARMACEUTICO

• Cortex Acanthopanacis radicis.

• Cortex Acanthopanacis gracilistyli.

NOME BOTANICO

• Acanthopanax gracilistylus W.W. Smith.

• Acanthopanax sessiliflorus (Rupr. et Maxim.)

Seem.

• Acanthopanax senticosus (Rupr. et Maxim.)

Harms.

• Acanthopanax henry (Oliv.) Harms.

FAMIGLIA

Araliaceae.

PARTE UTILIZZATA

La corteccia delle radici.

RACCOLTA

Le cortecce delle radici vengono raccolte in autunno e

poi seccate al sole.

NATURA E SAPORE

Natura tiepida.

Sapore piccante (e amaro per alcuni autori).

CANALI DESTINATARI

Fegato, Rene.

AZIONI

1. Disperde il vento-umidità.

2. Consolida ossa e tendini.

3. Diuretico.

INDICAZIONI

1. Sindromi bi, artralgie, spasmi muscolari nel deficit

cronico di Fegato e Rene.

2. Osteoporosi.

3. Ritardo della dentizione e della marcia nel bambino.

4. Edemi.

POSOLOGIA

4.5-9 g.

PRECAUZIONI, CONTROINDICAZIONI, TOSSICITÀ

Da usare con cautela nei deficit di yin accompagnati

da segni di calore.

Note

Viene imbevuto nel vino e usato sotto forma di bevanda

nelle patologie degli anziani caratterizzate da lombalgie,

artralgie e difficoltà della deambulazione.

COMPOSIZIONE CHIMICA

4-metil salicilaldeide, tannino, acido palmitico, acido

linoleico, vitamine A e B1.

EFFETTI FARMACOLOGICI

n Antinfiammatorio e analgesico: wu jia pi esercita

una marcata azione antinfiammatoria e analgesica.

Inoltre provoca una riduzione del dolore e dell’infiammazione,

con un picco d’attività dopo 2 o 3 ore.

n Sedativo: wu jia pi possiede un debole effetto sedativo,

ma è in grado di potenziare l’effetto dei barbiturici

e può essere usato in sinergia con questi ultimi

per antagonizzare gli effetti stimolanti sul

sistema nervoso centrale dell’anfetamina.

n Immunostimolante: wu jia pi ha un’azione stimolante

sul sistema immunitario. La sua somministrazione

provoca un aumento dell’attività fagocitica,

un incremento nella produzione di globuli

bianchi e della sintesi di interferone.

n Adattogeno: wu jia pi mostra una marcata efficacia

nell’aumentare le resistenze fisiche dell’organismo

in situazioni di stress.

n Sistema cardiovascolare: wu jia pi provoca vasodilatazione,

abbassamento della pressione sanguigna e

aumenta la perfusione alle arterie coronariche.

n Antineoplastico: gli oli essenziali di wu jia pi sono

in grado di inibire sia la crescita che la sintesi del

DNA delle cellule leucemiche umane K-562.

n Altri: wu jia pi ha un’azione antitussiva, espettorante

e antiasmatica.

 

 

 




Curare i reumatismi del terzo millennio con una ricetta di farmaci cinesi di 1200 anni or sono

Lucio Sotte Direttore Olos e Logos

Du huo ji sheng tang – Decotto di Angelica e Loranto

Questa ricetta di farmacologia cinese risale ad un testo compilato da Sun Si Miao, un famossimo medico dell’antichità che visse durante il regno della dinastia Tang, cioè nell’ottavo secolo d.C. e viene utilizzata dunque da oltre 1200 anni.

Si tratta di una formula molto interessante che è una sintesi di più ricette: in primo luogo il si jun zi tang o decotto dei 4 gentiluomini – la formula classica per tonificare l’energia – ed il si wu tang o decotto delle 4 sostanze – la formula classica per nutrire il sangue. A queste due formule vengono aggiunti altri rimedi con azione mobilizzante sull’energia qi e sul sangue che trattato la stasi che è alla base dell’eziopatogenesi dei reumatismi che in Cina vengono definiti “bi” cioè “ostruzione” “blocco”. Da ultimo si aggiungono alcuni rimedi ad azione “antireumatica”: du huo, la radice di Angelica pubescens che fornisce anche il nome alla formula e quelle di Laedebouriella o fang feng, di Achyranthis o niu xi e la corteccia di Eucommia o du zhong.

La ricetta tonifica dunque l’energia, nutre il sangue e li mobilizza trattandone il ristagno, inoltre elimina “vento-freddo-umidità” che ristagnano nel nostro organismo a causa della patologia che colpisce l’apparato locomotore.

È certamente difficile fare una “traduzione occidentale” sintetica degli effetti farmacologici di questa prescrizione così come sono descritti in medicina cinese, ma si può sinteticamente affermare che la formula abbia un effetto immunomodulante, trofico, antinfiammatorio e di promozione della circolazione dei liquidi e del sangue.

In  effetti la ricerca scientifica ha dimostrato che la ricetta possiede effetto analgesico ed antinfiammatorio e che la sua somministrazione può essere una ragionevole alternativa all’uso dei farmaci antinfiammatori non steroidei. Sono inoltre stati dimostrati effetti sull’apparato circolatorio con riduzione delle resistenze vascolari periferiche ed azione antiaggregante piastrinica nel ratto.

Molti studi randomizzati e controllati hanno dimostrato la sua efficacia nella cervicalgia, nel trattamento delle sciatica, dell’osteoartrite, dell’artrite reumatica e della spondilite anchilosante. È stata utilizzata con efficacia anche nelle discopatie lombari e nei dolori articolari postpartum.

Secondo la mia esperienza questa formula è indicata particolarmente nelle forme reumatiche croniche dell’anziano che secondo la medicina cinese soffre delle conseguenze dell’invecchiamento e dunque di “deficit di energia e sangue e di Fegato e Rene” e che va incontro facilmente ad artralgie e rachialgie correlate a fenomeni artrosici inveterati che, soprattutto nel sesso femminile, sono favoriti dalla concomitante osteoporosi senile.

La ricetta che una volta si confezionava sotto forma di decotto di erbe medicinali in taglio tisana è ora disponibile in compresse o può essere prescritta sotto forma di estratti secchi degli stessi rimedi. Nel caso della prescrizione magistrale di estratti secchi è possibile adattarla perfettamente alla situazione del singolo paziente variando le percentuali dei componenti o aggiungendo o togliendo alcuni dei rimedi.

La considero un “grande dono” dell’antica medicina cinese al nostro mondo occidentale che, soprattutto a causa dell’aumento dell’età media della popolazione, è sempre più afflitto dalle patologie degenerative ed infiammatorie dell’apparato locomotore che possono essere prevenute e trattate con questa formula che è a metà strada tra un “tonico” ed un “antireumatico”.

FORMULAZIONE

du huo radix Angelicae pubescentis 9-12

xi xin herba Asari 6

fang feng radix Ledebouriellae 10-12

qin jiao radix Gentianae macrophyllae 10-12

sang ji sheng ramus Loranthi 12-15

du zhong cortex Eucommiae 12-15

niu xi radix Achyranthis 12

rou gui cortex Cinnamomi 3

dang gui radix Angelicae sinensis 6-10

chuan xiong rhizoma Ligustici wallichii 6

bai shao yao radix Paeoniae albae 12

shu di huang radix Rehmanniae 12-15

ren shen radix Ginseng 6

fu ling sclerotium Poriae 15

gan cao radix Glycyrrhizae 6

ORIGINE

Qian Jin Yao Fang o “Formule dei Mille Ducati d’Oro”.

PREPARAZIONE

Nell’antica tradizione si consiglia di decuocere gli ingredienti in acqua secondo i dosaggio indicati per 45 minuti circa; terminata la decozione, si assume il filtrato in 2-3 dosi giornaliere.

Generalmente ren shen è sostituito da una dose

doppia o tripla di dang shen (radix Codonopsis).

Attualmente si utilizzano le compresse delle patent medicine confezionate secondo questa formula o gli estratti secchi dei rimedi seguendo le stesse percentuali della ricetta ma ad una dose inferiore di 2-3 g al giorno da adattare, ovviamente, al peso del paziente.

AZIONI

Secondo la medicina cinese la ricetta disperde “vento-freddo-umidità”, tonifica Fegato e Rene, tonifica il qi e nutre il sangue, esercita azione analgesica.

Come già accennato la ricerca scientifica ha dimostrato che la formula possiede effetto analgesico, antinfiammatorio, azione di riduzione delle resistenze vascolari periferiche ed antiaggregante piastrinica.

INDICAZIONI

Secondo la medicina cinese la ricetta è indicata nelle sindromi bi da attacco di “vento-freddo-umidità” e da deficit combinato di qi e sangue e di Fegato e Rene che in biomedicina corrispondono a numerose patologie reumatiche dell’anziano ma anche molte rachialgie, cervicalgie, dorsalgie, lombalgie, sciatiche, gonalgie, osteoartriti, all’artrite reumatica e alla spondilite anchilosante che siano comunque correlate ai segni di deficit.

SINTOMATOLOGIA DI RIFERIMENTO

• Sindrome poliarticolare con dolore, edema, debolezza, tensione muscolare generalizzati, ma soprattutto evidenti nella regione lombare e negli arti inferiori;

• talora parestesie;

• avversione al freddo e ricerca del calore;

• talora palpitazioni;

• talora affanno del respiro;

• colorito pallido;

• lingua pallida con patina bianca, talora leggermente improntata ai bordi;

• polso sottile xi, debole ruo, lento chi.

EZIOPATOGENESI

La sintomatologia articolare si fonda su uno stato di deficit: da una parte il deficit di Fegato e Rene, il primo correlato ai tendini e il secondo alle ossa; dall’altra il deficit di qi e di sangue. In un paziente così debilitato le energie cosmopatogene vento-freddo-umidità trovano un terreno sensibile e attaccano l’organismo, producendo il “bi”, l’ostruzione. La regione lombare e le ginocchia sono sotto il governo del Rene; le ginocchia, inoltre, sono la «regione dei tendini», correlata al Fegato, pertanto la sintomatologia, pur essendo generalizzata, si esprime particolarmente in questa zona. Sono infine presenti i segni generali o locali di deficit di qi e di sangue.

APPLICAZIONI

Osteoartrosi, artrite reumatoide, dorsalgia, lombalgia e gonalgia croniche, osteoporosi.

ANALISI DELLA FORMULA

L’imperatore è du huo (radix Angelicae pubescentis),

uno dei principali farmaci antireumatici, amaro, piccante, tiepido. Espelle il vento-umidità ed esercita azione analgesica; è indicato nelle sindromi da vento-freddo-umidità; tratta soprattutto la lombalgia e i dolori agli arti inferiori.

I ministri sono tre: xi xin (herba Asari), fang feng (radix Ledebouriellae) e qin jiao (radix Gentianae macrophyllae).

Xi xin è un farmaco diaforetico di natura calda, che

si adatta ai pazienti affetti da deficit di yang. Libera

l’esterno, esercita azione analgesica e risolve la stasi di qi, tratta i dolori da stasi in varie parti del corpo. Fang feng è un diaforetico e antireumatico che espelle soprattutto il vento-freddo-umidità.

Contiene angelolo, angelicone, bergaptene, ostolo, umbelliferone, scopoletina, columbianadina, anpubesolo, isoangelolo, acido angelico. Ha dimostrato di possedere svariati effetti in particolare effetto analgesico e antinfiammatorio: l’iniezione intraperitoneale di du huo provoca un effetto antinfiammatorio e analgesico, insieme a un debole effetto sedativo, osservato nei ratti durante gli esperimenti di laboratorio.

Possiede anche effetto antibiotico (du huo inibisce l’attività di Mycobacterium tubercolosis, Salmonella typhi, Escherichia coli, Vibrio cholerae, Pseudomonas aeruginosa e Bacillus dysenteriae), effetto rilassante sulla trachea (per inibizione della cAMP fosfodiesterasi e della cGMP fosfodiesterasi. Tale effetto è concentrazione dipendente), antipertensivo (du huo ha azione antipertensiva di breve durata, inoltre ha una debole attività antiaggregante piastrinica).

Qin jiao espelle il vento-umidità e tratta i dolori

diffusi, con particolare risalto per quelli delle estremità che si manifestano con crampi. Contiene genzianina, genzianidina, omoorientina, saponaretina. Possiede effetto antipiretico, analgesico e antinfiammatorio. Quest’ultimo sembra essere dovuto all’azione stimolante di uno dei principi attivi contenuti sul sistema endocrino. La genzianina stimola la secrezione di ACTH, con conseguente aumento nella produzione di corticosteroidi. Inoltre la genzianina può abbassare la pressione sanguigna e ridurre la frequenza cardiaca. È stata inoltre descritta anche un’azione iperglicemizzante: la somministrazione di qin jiao è associata ad aumento dei livelli di glucosio nel sangue. Questo effetto può essere attribuito alla stimolazione esercitata sul sistema endocrino.

I consiglieri sono parecchi. Alcuni tonificano Rene e

Fegato, trattano i dolori lombari ed espellono il vento e l’umidità: sang ji sheng (ramulus Loranthi), du zhong (cortex Eucommiae) e niu xi (radix Achyranthis bidentatae).

Altri tonificano e promuovono la circolazione del

sangue: dang gui (radix Angelicae sinensis), chuan xiong

(rhizoma Ligustici wallichii), bai shao yao (radix Paeoniae albae), shu di huang (radix Rehmanniae). Questi quattro rimedi costituiscono la ricetta si wu tang che ha dimostrato di possedere numerosi effetti farmacologici: antinfiammatorio, emopoietico, antiaggregante piastrinico, antiossidante, inotropo positivo oltreché effetto preventivo nella carcinogenesi endometriale del ratto.

Altri tonificano il qi: ren shen (radix Ginseng) e fu

ling (sclerotium Poriae), che serve anche per trasformare l’umidità che appartengono con gan cao alla formula si jun zi tang che possiede sperimentalmente effetti immunostimolante, emopoietico, antineoplastico oltreché normoperistaltico e radioprotettivo.

Gan cao (radix Glycyrrhizae) armonizza gli altri rimedi e fortifica il Riscaldatore Medio.

 




Asprina e salice, la natura al servizio della medicina moderna

Emanuela Naticchi, Farmacista, Esperta in fitoterapia, Azianda Farmacie Comunali Civitanova Marche

L’Aspirina®, o acido acetilsalicilico (ASA), nasce 115 anni fa grazie al lavoro di un giovane chimico della Bayer, è tuttora l’analgesico più venduto della storia, con oltre 20 miliardi di pasticche, ed è un farmaco molto efficace e versatile.

Quello dell’acido acetilsalicilico è l’esempio più conosciuto di come l’industria farmaceutica utilizzi molecole di origine vegetale per la sintesi di nuovi farmaci, ottenuti per emisintesi.

L’ASA è conosciuto principalmente per le sue proprietà analgesiche e antidolorifiche, in molti paesi è considerato il farmaco d’elezione per il trattamento del mal di testa. In realtà l’ASA vanta anche proprietà antipiretiche e antitrombotiche e le ultime sperimentazioni scientifiche mostrano un’incidenza nella riduzione di alcuni tumori. Pertanto nonostante la sua lunga storia, l’ASA è a tutti gli effetti un farmaco ancora attuale, se non proiettato nel futuro.

La storia di questo farmaco è così avvincente che vale la pena di menzionarla.

Nel 400 a.C. Ippocrate, il padre della Medicina, conosceva le proprietà terapeutiche della linfa estratta dalla corteccia del salice, che oggi sappiamo contenere l’acido salicilico, precursore dell’ASA. Anche nell’antica Roma l’infuso delle foglie di salice veniva prescritto per curare le affezioni reumatiche. Nel medioevo, le venditrici di erbe aromatiche e medicinali somministravano il decotto della corteccia di salice in persone affette da dolori, ma la storia moderna dell’acido salicilico inizia nel 1763 quando il reverendo Edward Stone riferì alla Società Reale di Londra che l’estratto della corteccia di salice si rivelava molto efficace per curare le affezioni febbrili, in particolare nella malaria. Alcuni anni dopo, nel 1828, il professore di Monaco Johann Andreas Buchner riuscì ad estrarre una sostanza giallognola dalla corteccia del salice che chiamò “salicina”. 5 anni più tardi, il chimico italiano Raffaele Piria scoprì l’acido salicilico e nel 1853 Charles Frédéric Gerhardt, un chimico francese, riuscì ad alterare l’acido salicilico tramite acetilazione, producendo l’acido acetilsalicilico anche se in forma instabile e con gusto sgradevole  ed effetti negativi sulla mucosa gastrica.

Il professore di chimica Hermann Kolbe decodificò la struttura dell’acido salicilico che riuscì a sintetizzare nel 1859. La produzione industriale rende l’acido salicilico molto meno costoso di quello estratto dalla corteccia del salice, cosa di straordinaria importanza poiché ha reso l’ASA uno dei rimedi più popolari in pratica clinica per abbassare la febbre e lenire i dolori.

Nel 1897, il dottor Felix Hoffmann, giovane ricercatore scientifico della Bayer, iniziò a condurre degli studi per trovare un antireumatico più efficace e tollerabile per suo padre che non sopportava il salicilato di sodio. L’acido salicilico, infatti, ha un sapore terribile, pertanto per mascherarne il gusto veniva combinato con il sodio, ma anche in questo caso con scarsi risultati. La sostanza assumeva un sapore troppo dolce e provocava nausea e vomito. Hoffmann, basandosi sul precedente lavoro di Gerhardt, riuscì a migliorarne la tollerabilità e il sapore mediante l’acetilazione dell’acido salicilico con acido acetico, mantenendo l’azione terapeutica ma senza i fastidiosi effetti collaterali dell’acido salicilico.

Hoffmann riuscì ad ottenere una sostanza pura ed inalterabile. Nacque così il nuovo farmaco della Bayer, commercializzato con il nome di Aspirina®.

Il nome sembra sia derivato dalla A di acetile e da “Spirsäure”, termine tedesco usato per nominare l’acido salicilico estratto dalla Spiraea ulmaria, una delle tante piante che contiene i glicosidi salicilici, responsabili dell’azione antinfiammatoria.

I glicosidi salicilici sono molecole che per idrolisi liberano acido salicilico e sono contenuti in quantità variabili in molte piante: Betula alba, Fraxinus excelsior, Gaultheria procumbens, Populus spp., Salix spp. e Spiraea ulmaria, tutte piante medicinali ad attività antinfiammatoria.

Negli ultimi anni sono stati pubblicati studi clinici randomizzati e controllati relativi all’efficacia clinica di estratti vegetali nel trattamento di patologie infiammatorie, tra cui i più promettenti in termini terapeutici sembrano essere quelli che utilizzano il salice nel trattamento di artrite reumatoide, osteoatrite e dolore lombare.

Il salice come droga vegetale è costituito dalla corteccia di Salix alba L., S. purpurea L., S. daphnoides Vill. e S. fragilis L.

Il genere Salix annovera circa 500 specie, originarie di Europa e nord America. Tra i salici più noti in Europa, quello più comune e di maggiori dimensioni è il salice bianco o Salix alba. Si tratta di un albero che cresce nei boschi umidi, lungo gli argini dei fiumi e può raggiungere un altezza di 25 metri. La chioma è larga, il tronco robusto e i rami sottili, flessibili e tenaci, quelli più giovani sono dotati di peli sottili. La corteccia può essere giallastra o grigio-rossastra e quella degli alberi più vecchi appare screpolata. Le foglie sono lanceolate con punta piccola, picciolate e finemente seghettate, coperte di peli sericei su ambo le facce da giovani, che danno alla chioma un caratteristico colore grigio-argenteo, mentre le foglie adulte hanno pagina superiore poco pelosa o glabra, sulla pagina inferiore sono più o meno argentate. Le infiorescenze sono costituite da amenti diritti, setosi e distinti in femminili e maschili. Gli amenti maschili sono ridotti a due stami e antere gialle; gli amenti femminili sono ridotti a un pistillo verde protetto da una scaglia cigliata e caduca. I frutti sono costituiti da capsule glabre e subsessili che, a piena maturazione, si aprono in due valve, liberando numerosi semi cotonosi. Non ha odore e il sapore è amaro.

La droga è composta dalla corteccia che viene staccata dai rami ogni 2-3 anni, e contiene non meno dell’1,5 % di derivati salicilici totali calcolati come salicina, calcolati in riferimento alla droga essiccata. I costituenti caratteristici sono glicosidi fenolici: salicina, salicortina, tremulacina, salireposide, piceina,  siringina e purpureina, che per idrolisi liberano acido salicilico e sono presenti in quantità variabili nelle  varie specie: 4-8% di salicina totale in S. purpurea, 4% in S. daphnoides, 1-10% in S. fragilis, 0,5% in S. alba. Gli altri costituenti sono tannini condensati contenuti in un concentrazione di 8-20%, flavonoidi come flavanoni, calcone e catechine. I ramoscelli giovani contengono gli stessi costituenti ma in concentrazioni inferiori rispetto alla sola corteccia. Come abbiamo già detto i salicilati non sono specifici delle piante del genere Salix.

Le indicazioni terapeutiche del salice sono la riduzione dei disturbi reumatici e il mal di testa e nel trattamento degli stati febbrili. Viene utilizzato nel trattamento dell’artrite reumatoide, del dolore alla schiena e nelle malattie del tessuto connettivo caratterizzate da infiammazione. In Italia si utilizza anche a livello topico per eliminare le verruche.

L’effetto analgesico non può essere attribuito al solo acido salicilico anche se questo rappresenta il componente più attivo, ma anche agli altri glicosidi fenolici salicortina, tremulina e tremulacina. Questi composti agiscono da profarmaci, in quanto vengono convertiti in salicina nello stomaco. La salicina viene quindi assorbita nell’intestino tenue e trasportata nel colon dove i batteri intestinali trasformano il glicoside nel suo aglicone, ovvero l’alcol salicilico. Quest’ultimo nel fegato subisce una degradazione enzimatica da  parte di β-glucosidasi e β-esterasi ad acido salicilico. Questo metabolismo spiega perché l’azione dell’acido salicilico è più lenta ma più duratura, rispetto al suo derivato sintetico. L’azione antinfiammatoria e antiflogistica del salice è dovuta all’inibizione della formazione delle prostaglandine, mediatori del processo infiammatorio. L’acido salicilico, in modo dose dipendente, sembra essere in grado di  inibire l’induzione della COX-2, enzima responsabile della biosintesi dei prostanoidi coinvolti nell’infiammazione, mentre l’acido acetilsalicilico funziona come inibitore competitivo e reversibile dei mediatori dell’infiammazione COX-1 e COX-2.

Oggi sappiamo che l’acido acetilsalicilico è in grado di inibire irreversibilmente l’aggregazione piastrinica e per questo viene usato con successo per ridurre l’incidenza di trombosi coronarica dopo infarto del  miocardio, in pazienti affetti da angina pectoris, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete mellito e obesità. La salicina, strutturalmente differente, non inibisce irreversibilmente l’aggregazione piastrinica ma è stata comunque osservata un’azione antiaggregante piastrinica più modesta nei pazienti che assumono l’estratto della radice di salice.

L’Emea raccomanda una dose  giornaliera di 1572 mg di estratto secco, mentre l’ESCOP raccomanda una dose giornaliera di estratti idroalcolici o acquosi essiccati, tinture o estratti fluidi equivalenti a 120-240 mg di salicina totale al giorno.

Il salice è reputato una droga vegetale sicura anche se è l’uso è controindicato nei bambini al di sotto dei 18 anni di età, in caso di ipersensibilità ai salicilati o ai FANS, in pazienti affetti da asma, ulcera peptica e deficit di glucosio 6-fosfato deidrogenasi. Il trattamento con estratti di salice è controindicato nei bambini data l’analogia strutturale con l’acido acetilsalicilico di sintesi che è ancora associato alla sindrome di Reye, una patologia rara che insorge in bambini e giovani fino ai 20 anni e che presenta un’alta mortalità e complicazioni neurologiche a lungo termine in caso di sopravvivenza.

Il salice estratto secco è controindicato anche nei pazienti in cura con Coumadin, in quanto potrebbe aumentare l’azione degli anticoagulanti e del warfarin.

L’uso del salice durante i primi due trimestri di gravidanza non è raccomandato, così come durante l’allattamento, in quanto i salicilati attraversano la placenta e vengono escreti nel latte materno. L’uso nel terzo trimestre di gravidanza è controindicato.

Possono manifestarsi effetti indesiderati di tipo gastrointestinale come nausea, vomito, diarrea, dispepsia, dolori addominali e reazioni allergiche come eruzione cutanea, prurito, orticaria, esantema e asma. Non sono stati riportati casi di sovraddosaggio.

BIBLIOGRAFIA:

  1. www.aspirina.it
  2. www.educational.rai.it
  3. Jeffreys Diarmund, Aspirina, l’incredibile storia della pillola più famosa del mondo, Donzelli 2005
  4. Karlheinz SchmidtMarion Zerbst, Aspirina. Molto più che un rimedio per il mal di testa. I molteplici effetti dell’acido acetilsalicilico. Nuove possibilità per curare e prevenire, Edizioni Mediterranee, 2000.
  5. Monografie ESCOP le basi scientifiche dei Prodotti Fitoterapici. Planta Medica Edizioni 2006
  6. Capasso F, Grandolini G, Izzo A. Fitoterapia.Impiego razionale delle droghe vegetali. Springher 2006
  7. EMEA, Assessment report on salicis cortex (willow bark) and herbal preparation(s) thereof with well-established use and traditional use, 2009
  8. EMEA, Final community herbal monograph on Salix, cortex; 2009.

 

 

 

 




Farmacologia Cinese, presentazione

Lucio Sotte

 

Questo quinto volume della collana “Trattato di Agopuntura e Medicina Cinese” della CEA è dedicato alla Farmacologia Cinese ed è il risultato di un lungo lavoro durato oltre un ventennio, iniziato nella seconda metà degli Anni ’80 e giunto ad una definitiva sistematizzazione proprio con l’edizione di quest’opera. Ne ripercorro volentieri le tappe principali perché ciò mi permette di rievocare molti avvenimenti della mia vita e, contemporaneamente, della storia dell’introduzione della farmacologia e della medicina tradizionale cinese nel nostro paese.

Nel 1983, durante il mio primo viaggio di studio in Cina, ebbi l’occasione di visitare le Università di Medicina Tradizionale Cinese di Nanchino e Shanghai e l’Ospedale Guan An Men di Pechino e mi resi conto “de facto” che la medicina cinese praticata nel suo paese di origine si discostava notevolmente da quella che mi era stata insegnata fino ad allora in Italia ed in Europa.

All’inizio degli Anni ’80 per noi medici italiani la medicina cinese si identificava e si confondeva con l’agopuntura, invece, nel corso della mia lunga visita in Cina, mi resi conto che nelle Università di Medicina Tradizionale Cinese il sistema medico che veniva insegnato e praticato si fondava su un vasto complesso di conoscenze di base – assai più ampie ed approfondite di quelle che mi erano state insegnate – in ambito di anatomofisiologia, eziopatogenesi, semeiologia, diagnostica e clinica e, a livello di trattamento, comprendeva numerose tecniche terapeutiche di alcune delle quali io non avevo fino ad allora nemmeno sospettato l’esistenza. L’agopuntura occupava senza dubbio un posto rilevante tra le varie metodiche di terapia in quanto era forse la più originale, ma era in buona compagnia con altre tecniche che in Cina venivano utilizzate più spesso e più diffusamente dell’agopuntura stessa: tra queste la farmacologia cinese la faceva da padrona, insieme al massaggio, alle ginnastiche mediche e alla dietetica farmacologica che potremmo forse meglio definire nutriceutica cinese.

 

Sembra impossibile al giorno d’oggi – in un mondo ormai avviato sulla strada della globalizzazione – pensare che lo scambio di conoscenze tra Oriente ed Occidente, in ambito medico, fosse così irrilevante appena 30 anni or sono, eppure questa è la realtà. Questo stato di cose derivava dagli scarsissimi rapporti scientifico-culturali che erano la conseguenza della situazione geopolitica di quel periodo, caratterizzato dalla fine della seconda guerra mondiale e dalla divisione internazionale in due grandi sfere di influenza quasi impermeabili tra loro: quella sovietica e quella del blocco occidentale. Derivava inoltre dal fatto aggravante che, in questa divisione, la Cina era ancor più relegata ed isolata di molti altri paesi a causa dei suoi problemi politici interni, della rottura dei rapporti con l’Occidente dopo la guerra di Corea e quella del Vietnam, del congelamento dei rapporti con l’Unione Sovietica e con l’India e del lungo periodo di guerra civile (’66-’76) della cosiddetta “Rivoluzione Culturale” che era da poco concluso e che aveva lasciato i suoi strascici per tutto il decennio successivo.

Quando arrivai in Cina nel 1983 – con l’unico aereo che una volta al giorno collegava Hong Kong a Shanghai – scoprii una realtà che non avrei mai immaginato: il paese, che usciva dalla Rivoluzione Culturale, era anche visivamente simile a quello dell’inizio del XX secolo, perché nulla di nuovo era stato ancora edificato ed in compenso molto era stato distrutto. La Cina era fortemente provata dalle ferite che le erano state inferte dagli ultimi 70 anni di storia i quali avevano creato le condizioni per la fine dell’Impero, la proclamazione della Repubblica Popolare e la rinnovata unità del paese sulle sofferenze subite per decenni da vasti strati della popolazione. Si intravvedevano (o meglio ancora si immaginavano) appena i segni della ripresa che avrebbero portato la Cina ai grandi successi in ambito industriale, commerciale e politico degli ultimi anni.

Anche la medicina tradizionale cinese aveva grandemente sofferto per il clima politico e culturale che a partire dal XIX secolo e per larga parte del XX aveva regnato in Cina, tant’è vero che le Facoltà di Medicina Tradizionale Cinese avevano ricominciato a tenere i loro corsi solo a partire dalla seconda metà degli Anni ’50: dal 1955 a Pechino e Shanghai e dal 1956 a Canton, Nanchino e Chengdu.

 

Ricordo il mio stupore durante la mia prima visita all’Ospedale Guan An Men di Pechino, quando entrai nella farmacia piena di lunghissimi armadi con centinaia di cassettoni aperti, ricolmi di un’infinità di differenti erbe medicinali; da questi i farmacisti attingevano con i piatti di rame di minuscole bilance le dosi per le prescrizioni. Le preparavano per i numerosissimi pazienti in attesa di ricevere la confezione della loro ricetta al di là degli sportelli.

A quel tempo ero abituato a lavorare tutti i giorni in sala operatoria ed in terapia intensiva e questa medicina a base di rimedi naturali era così distante dal mio standard a base di endovene, respirazione assistita e nutrizione parenterale totale!

Ho ancora negli occhi un’immagine che talvolta si riaffaccia alla mia memoria: quella di una farmacia di strada di Nanchino che stava proprio di fronte all’albergo in cui soggiornavo. Sono rimasto incantato per oltre mezz’ora a contemplare il via vai dei clienti e la manualità dei farmacisti che li servivano, il tutto condito dal clima surreale di ricette e ricevute che giravano per la farmacia andando dal bancone alla cassa e viceversa attaccate a mollette da bucato. Tento di descrivere la scena che si è configurata davanti ai miei occhi. I clienti, dopo una fila di 15-20 minuti, presentavano le loro ricette al bancone sul quale i farmacisti, forniti della solita piccola bilancia manuale, iniziavano la loro preparazione, correndo da un capo all’altro della farmacia e da un cassetto all’altro dei lunghi armadi per pesare e poi miscelare i vari rimedi su dei fogli quadrati di carta di riso appoggiati sul bancone che dovevano racchiudere ognuno la dose giornaliera dei vari rimedi. Una volta terminata questa prima operazione, le dosi venivano chiuse con pochi gesti accurati e misurati e accuratamente sigillate con la piegatura dell’ultimo lembo libero della carta, realizzando una sorta di origami artigianale. Solo a questo punto la ricetta, secondo la quale le dosi erano state confezionate, veniva inviata dal farmacista alla cassa, che stava nell’angolo opposto della farmacia. La ricetta viaggiava attaccata con una molletta di legno ad un complicato sistema di cordicelle che, correndo radenti alle pareti ed al soffitto, erano azionate dal farmacista con il concorso di varie carrucole per arrivare infine dal bancone alla cassa. Una volta che la ricetta era stata trasferita, il cliente poteva pagare il conto, che veniva calcolato da un vecchio impiegato per mezzo di un complicato pallottoliere di legno. Il pagamento veniva quindi registrato e ricontrollato più volte dagli occhi vispi dell’impiegato, che sbirciavano attraverso le lenti ormai opache dei suoi piccoli occhiali rotondi con la montatura di tartaruga, su una ricevuta numerata che era infine vidimata con il tocco di un pesante timbro di pietra che veniva intinto in un tampone di lacca rossa. A questo punto ricetta e ricevuta vidimata ritornavano al bancone, fissate con la molletta allo stesso sistema di cordicelle e carrucole cosicché il farmacista potesse consegnare al cliente il sacchetto con le varie dosi dei rimedi cinesi che aveva in precedenza pesato, miscelato e sigillato.

Credo che sia stata proprio questa scena di altri tempi ad ipnotizzarmi ed incuriosirmi ancora di più a proposito della farmacologia cinese e a spingermi ad iniziare il complicato cammino che ha portato alla realizzazione di questo volume.

 

Tornato in Italia iniziai a raccontare quanto avevo visto e a cercare la strada per approfondire questa materia che mi aveva così incuriosito ed interessato ma, nonostante interpellassi tutti coloro che nel mondo medico ed accademico pensavo potessero aiutarmi, capii che nel nostro paese nessuno sapeva nulla di farmacologia cinese ed anche i testi in lingua straniera, inglese o francese, erano scarsi, scadenti o introvabili. A questo punto mi resi conto che, nonostante fossimo alla fine del XX secolo, io e qualche altro medico agopuntore di mia conoscenza eravamo realmente i primi ad interessarci di questa antichissima materia della quale, nel nostro sviluppato paese alle soglie del III millennio, fino ad allora si ignorava persino l’esistenza.

Così, fu per dare finalmente una risposta alla nostra curiosità che, insieme a pochi altri colleghi della Scuola Italiana di Medicina Cinese di Bologna, organizzai il primo corso di approfondimento sulla farmacologia cinese per un piccolo gruppo di appassionati. In questo corso prendemmo dimestichezza per la prima volta con i rudimenti di questa disciplina sfruttando i pochi strumenti a nostra disposizione e le nostre seppur iniziali conoscenze e, nell’autunno successivo, iniziammo ad insegnare a Bologna ai nostri allievi in un’Aula del Policlinico Sant’Orsola quel che avevamo imparato: la natura, il sapore dei singoli rimedi, i canali destinatari e le prime semplici ricette di base. A questo primo corso di aggiornamento ne seguirono molti altri che ricordo con grande piacere per l’entusiasmo e la passione con i quali venivano vissuti ed organizzati. In particolare ne ricordo due che tenemmo nel mio ambulatorio di Civitanova Marche nell’autunno del 1990 con la partecipazione del prof. Song Xuan Ke che avevo conosciuto a Londra la primavera precedente e che avevo invitato in Italia per aiutarci nella sistematizzazione delle nostre acquisizioni e soprattutto nella pratica clinica. L’utilizzo della farmacologia cinese esige infatti una precisione diagnostica assai più raffinata di quella necessaria per la pratica dell’agopuntura.

Nel frattempo la nostra bibliografia si arricchiva attraverso interminabili ricerche nelle librerie mediche in Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Cina, le nostre conoscenze si andavano ampliando ed approfondendo sempre di più e, dalla fine degli Anni ’80, iniziammo ad organizzare dei corsi stabili di farmacologia cinese all’interno della Scuola Italiana di Medicina Cinese di Bologna, prima al Policlinico Sant’Orsola e poi all’Ospedale Maggiore ed in altre sedi. I corsi all’inizio furono annuali, successivamente divennero biennali e si sono protratti fino ai nostri giorni. Furono indubbiamente l’occasione per approfondire lo studio di questa materia e per divulgare le nostre conoscenze a tanti allievi che stavamo contagiando con il nostro entusiasmo e la nostra passione.

In quegli anni stringemmo relazioni sempre più strette con le Facoltà di Medicina Tradizionale Cinese in Cina ed in particolare con quella di Canton.

Nel dicembre del 1990 infatti mi recai a Canton, con una lettera di presentazione del prof. Song Xuan Ke, ed avviai i primi contatti con la Facoltà di Medicina Tradizionale Cinese che si precisarono attraverso una lunga serie di rapporti epistolari durante la primavera e l’estate successive e si conclusero nell’ottobre del 1991 quando sottoscrissi un primo Memorandum di Intesa, rinnovato successivamente nel 1996 e nel 2001. L’accordo era relativo precisamente ad una collaborazione sulla farmacologia cinese in ambito didattico e clinico tra la Scuola da me rappresentata e la Facoltà di Medicina Tradizionale Cinese di Canton. Concordammo con i responsabili di questa Università un programma di base che prevedeva la conoscenza di 230 rimedi (divisi in 170 principali e 60 secondari) e di 150 ricette (divise in 100 principali e 50 secondarie) ed iniziammo una stretta collaborazione didattica attraverso degli stages teorico-pratici tenuti in Italia presso la nostra Scuola ed i nostri ambulatori dai più insigni insegnanti dell’Università cinese. In particolare ci avvalemmo della consulenza del prof. Liang Song Ming, direttore del dipartimento di farmacologia cinese della Facoltà di Medicina Cinese di Canton, successivamente del prof. Qiu Zhu Yi, direttore del dipartimento di cardiologia, che attualmente insegna a Los Angeles, del prof. Xie Jin Hua, esperto di farmacologia cinese, emigrato alcuni anni or sono a Chicago e della dott.ssa Dai Lian Yi che operava invece presso l’Ospedale Provinciale di Medicina Tradizionale Cinese di Canton.

La grande propria passione per questa materia, per quanto mi riguarda, si concretizzò in un primo lavoro di sistematizzazione dei principi e delle ricette di farmacologia cinese che è stato l’occasione per la redazione e pubblicazione di quattro libri che sono gli antenati del volume che sto presentando: “La Farmacoterapia Cinese: Manuale delle Prescrizioni” edito da Qiu Tian venti anni or sono, nel 1989, “Farmacologia Cinese” edito dalla red edizioni di Como nel 1992, Ricette Naturali Cinesi edito nel 1994 a cura della Rivista Italiana di Medicina Tradizionale Cinese e “Fitoterapia Cinese” edito dalla red edizioni di Como nel 1998. Nel frattempo anche Massimo Muccioli e Lucio Pippa, colleghi e coautori di questo volume con i quali era avviata da tempo una feconda collaborazione, stavano approfondendo l’argomento dello studio e sistematizzazione dei singoli rimedi che esitò nella messa a punto del  volume “La Farmacologia Cinese: Sostanze e Rimedi Naturali della Medicina Tradizionale Cinese” edito da Qiu Tian nel 1992.

Si può senza ombra di dubbio affermare che l’attuale volume “Farmacologia Cinese” rappresenta una sintesi e una riorganizzazione dei contenuti delle cinque opere che ho appena elencato che sono state rivisitate e aggiornate con il contributo paziente del dott. Piero Quaia, della cui competenza e precisione non avevo dubbi, dal momento che ha collaborato con me per lunghi anni come traduttore, redattore e infine vicedirettore della Rivista Italiana di Medicina Tradizionale Cinese che ho diretto fino allo scorso anno.

Il volume inoltre si è avvalso dell’opera di altre due autrici: la dott.ssa Margherita Piastrelloni, che ha curato la parte iniziale dedicata a presentare i principi della farmacologia cinese, e la dott.ssa Emanuela Naticchi, alla quale ho affidato l’approfondimento relativo alla ricerca clinica e sperimentale e alla composizione chimica dei rimedi cinesi, conoscenze che non potevano mancare in un testo sulla farmacologia cinese che si rivolge al mondo medico ed accademico del nostro paese.

Un ulteriore contributo sulla farmacoepidemiologia e farmacovigilanza in farmacologia tradizionale cinese nel nostro paese è stato realizzato da Alfredo Vannacci e Vittorio Mascherini.

Mentre la Scuola Italiana di Medicina Cinese divulgava la farmacologia cinese a Bologna, in altre città ed altre scuole di agopuntura italiane nasceva la stessa curiosità e lo stesso interesse per questa nuova materia e fu così che, in occasione del Congresso della SIA (Società Italiana di Agopuntura) di Bardolino nell’autunno del 1991, si riunì per la prima volta un gruppo di appassionati di farmacologia cinese con lo scopo di verificare la possibilità di fondare una Società italiana che avesse come obiettivo l’approfondimento di questa materia, la sua pratica clinica, la sua divulgazione, lo scambio delle nostre esperienze. Tra i partecipanti a questo primo incontro ricordo Caterina Martucci, Grazia Rotolo e Giulio Picozzi dell’Associazione MediCina di Milano, Roberto Gatto della Sowen di Milano, Riccardo Morandotti e Bruno Viggiani della Scuola dell’Ospedale Fatebenefratelli di Roma, Alessandra Gulì e Secondo Scarsella dell’Associazione Nanchino e Roberto Pulcri della Società Omoios di Roma. Dopo una serie di incontri preliminari tenuti all’Ospedale Fatebenefratelli di Roma organizzati, con la regia di Riccardo Morandotti, allo scopo di mettere a punto il programma e definire nei dettagli lo statuto, la maggioranza dei promotori si riunì nell’inverno del 1992 a Forlì dove, con l’aiuto logistico di Mariella e Giorgio Di Concetto, fu fondata la SIFCET, la Società Italiana di Farmacologia Cinese e Tradizionale che ho avuto l’onore di presiedere per i primi due mandati con la fattiva collaborazione di Alessandra Gulì come tesoriera e di Grazia Rotolo come segretaria.

Nei primi anni dalla sua fondazione la SIFCET ha svolto un ottimo lavoro ed ha iniziato a normare ed omologare in Italia la formazione relativa alla farmacologia cinese così come la FISA (Federazione Italiana delle Società di Agopuntura) faceva negli stessi anni per l’agopuntura. Un altro ottimo risultato degli incontri della SIFCET è stato quello di fissare per tutte le Scuole aderenti un programma minimale comune che si fondava sullo studio di 230 rimedi e 150 ricette.

Fin dal primo istante in cui abbiamo iniziato a studiare la farmacologia cinese abbiamo avuto il grandissimo problema del reperimento in Italia dei rimedi cinesi, per poterli identificare prima e successivamente iniziare ad utilizzare. I primi tempi sono stati realmente pionieristici perché, non esistendo in Italia nessun commercio di fitoterapici cinesi, dovevamo, per poter venire in possesso di piccole quantità di farmaci, affidarci ad amici che andavano in Cina o a quelli che tornavano dall’Inghilterra o dagli Stati Uniti dove la farmacologia cinese era ormai abbastanza sviluppata.

Ricordo ancora con piacere e nostalgia il pomeriggio del giorno di Natale del 1990 che ho passato nella China Town di San Francisco dentro una farmacia cinese a confezionare col farmacista 380 sacchetti in cui avevamo racchiusi pochi grammi dei 380 differenti rimedi cinesi (molti dei quali sono presentati in questo volume) che stavo studiando e desideravo riportare a casa per realizzare un erbario su cui iniziare a riconoscere la differenza tra la foglia del gelso, il ramo della cannella o la corteccia dell’eucommia. Nella foga del confezionamento dei 380 sacchetti persi il bus ed arrivai tardi alla cena di Natale mentre mia moglie ed i miei figli mi aspettavano a casa di amici che non riuscivano a capacitarsi perché avessi impiegato tutto il pomeriggio per riportare a casa due sporte di “erbe secche”!

Ricordo anche il rientro da quel viaggio quando, alla dogana dall’aereoporto di Fiumicino un pastore tedesco dei finanzieri cominciò ad annusare con troppa insistenza i miei bagagli. Fortunatamente desistette dopo un po’ e potei lasciare l’aereoporto senza dover spiegare ai finanzieri che cosa contenevano i 380 sacchetti che erano racchiusi nel mio borsone. Forse non avrei fatto troppa fatica a convincerli che ero un “corriere” soltanto di erbe cinesi visto che nell’altra valigia c’erano una ventina di chili di libri di farmacologia cinese che acquistati in due bookstores vicino alle Università di Berkeley e di Standford.

I nostri problemi di approvvigionamento di farmaci finalmente iniziarono a risolversi quando, alla fine degli Anni ’80, fu fondata a San Marino una ditta di farmacologia cinese che ci permise di incominciare sul serio a praticare quanto da tempo studiavamo: si tratta della Qiu Tian che sento il dovere di ringraziare pubblicamente in questa prefazione, in particolare nelle persone di Giovanna, Laura e Barbara, che fin dall’inizio ci hanno permesso di curare i nostri pazienti mettendoci a disposizione i farmaci cinesi e di proseguire così anche il nostro lavoro di studio, approfondimento e didattica clinica. Senza di loro la realizzazione di questo volume sarebbe stata impossibile perché non saremmo stati in grado di verificare concretamente sul campo le teorie della farmacologia cinese che stavamo faticosamente conquistando.

Ritengo inoltre doveroso ringraziare alcuni membri del mondo medico ed accademico italiano che mi hanno dimostrato nel corso degli anni la loro stima per il lavoro che stavamo realizzando e mi hanno incoraggiato a proseguirlo. In primo luogo il prof. Italo Taddei, docente di Farmacologia presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Siena, purtroppo prematuramente scomparso. È stato senza dubbio il vero pioniere della fitoterapia italiana perché appassionato di questa materia da tempi immemorabili e ha inaugurato alla fine degli Anni ’80 presso la Facoltà di Farmacia di Siena i primi Master universitari del settore che sono stati poi, molti anni dopo, duplicati da molte altre Università italiane. Fin dagli inizi il prof. Taddei mi ha invitato a tenere delle lezioni di farmacologia cinese ai suoi allievi dimostrando la sua sensibilità per questo capitolo della fitoterapia così antico in Cina e così nuovo per noi occidentali.

Ringrazio la prof.ssa Daniela Giachetti, attuale presidente della SIFIT (Società Italiana di Fitoterapia), che ha raccolto a Siena l’eredità del prof. Taddei e la sua passione per la fitoterapia ed ha proseguito il suo lavoro di introduzione, diffusione, approfondimento di questa complessa materia in ambito scientifico ed accademico.

Ringrazio inoltre il dott. Fabio Firenzuoli, presidente dell’ANMFIT, Associazione Nazionale Medici Fitoterapeuti e direttore del Centro di Medicina Naturale della ASL di Empoli – Centro di Riferimento per la Fitoterapia della Regione Toscana, per lo spazio che ha sempre voluto dedicare alla farmacologia cinese all’interno delle manifestazioni da lui organizzate e delle iniziative da lui promosse per diffondere in Italia l’uso della fitoterapia e per la presentazione di questo volume.

Altri ringraziamenti spettano ai rappresentanti del mondo editoriale che hanno saputo accogliere questa nuova disciplina assolutamente sconosciuta in precedenza in Italia in tempi ormai storici: sono grato a Maurizio Rosember Colorni della red edizioni di Como, a Giorgio Albonetti ed Elio Rossi delle Riviste NATOM e Medicina Naturale che alla fine degli Anni ’80 ed all’inizio degli Anni ’90 hanno creduto nell’utilità di “iniziare a parlare” di farmacologia cinese.

Un ultimo ringraziamento a Guido Natale della CEA per l’intrapresa del grande progetto editoriale di una intera collana di volumi dedicati alla medicina cinese ed a Stefano Villani che ha seguito con pazienza e professionalità l’edizione di questo e degli altri volumi.

Concludo questa prefazione con una constatazione ed un augurio.

Nel corso degli ultimi 25 anni la farmacologia cinese è finalmente approdata in Italia: ciò è avvenuto per l’impegno profuso da molti colleghi medici che si sono appassionati allo studio, alla didattica ed alla pratica clinica di questa disciplina.

L’edizione di questo volume permetterà certamente ai medici italiani che vorranno interessarsi di farmacologia cinese di avere a disposizione uno strumento fondamentale per poter intraprendere il lungo percorso della sua acquisizione.

L’augurio con cui desidero concludere è che altri possano proseguire il lavoro da noi iniziato di introdurre la farmacologia cinese in Italia; si tratta ora di diffonderla sempre più capillarmente e, soprattutto, di integrarla con la biomedicina. Occorrerà promuovere un grande impegno in ambito di ricerca clinica e sperimentale sui rimedi e sulle antiche ricette cinesi coinvolgendo le Facoltà di Medicina e Chirurgia e quelle di Farmacia; sono convinto che questo impegno potrà fornire a chi se ne assumerà l’onere grandi soddisfazioni e brillanti risultati!




INTRODUCTION AND DIFFUSION OF CHINESE HERBAL THERAPY IN ITALY

Lucio Sotte, Valeria Sotte, Giulia Rosettani, Emanuela Naticchi

  • relazione presentata da Lucio Sotte al Congresso dell’Università di Medicina Tradzionale Cinese di Canton il 18 novembre 2011

 

TCM has been introduced in Italy from the Sixties of the last century.

Acupunture has been the first therapeutic tecnique that has spread in our country and has introducted other therapeutic tecniques of TCM.

Only from the Eigthies of the last century Chinese Herbal therapy has been introduced in Italy when a small group of medical Ph doctors acupunturists (and I was one of them) has been dedicated to this subject.

In the beginning, our work has been very hard because we couldn’t find any book on Chinese herbal therapy written in Italian (and the books on this subject written in English and French were few and too simple) and it was impossibile to find in Italy Chinese herbs.

Only at the end of the Eigthies the situation improved, when some interesting books on Chinese herbal therapy appared in the English medical leterature. In the same time some firms were born in Italy and in San Marino (it is a very small State of few squares miles of extension inside the borders of Italy) and started to import and commercialize Chinese herbs and medical products.

The possibilities to find directly in our country Chinese herbs improved the practice and the development of this therapeutic tecnique.

After a long period of studies Ph Dr Massimo Muccioli and I started the first Italian course of Chinese herbal therapy inside the Sant’Orsola Hospital in the School of Chinese Medicine of Bologna in 1988.

In the beginning of our experience Prof. Song Xuan Ke (a Chinese professor living in London and graduated in Guangzhou College of TCM)  was really helpful for the developement and deeping knowledge of Chinese herbal therapy. He has been teaching for a long time in our School during the years 1988 and 1989.

On december 1990 I came in Guangzhou and I discussed an Italian teaching program of Chinese herbal therapy with the Foreign Affairs Departement of Guangzhou TCM University and for the first time the President of TCM Guangzhou University and I signed  in that year a Memorandum that was renewed and enlarged in 1996 and 2001. On the…(in base)… of this Memorandum some professors TCM Guangzhou University came to Italy to teach in our School.

Prof. Liang Song Ming, the Director of Chinese herbal therapy Departement of TCM Guangzhou University was the first teacher to came to Italy in 1992. After his visit Prof. Qiu Zuo Yi and Prof Xie Jin Hua were twice invited in Italy.

Dr. Dai Lian Yi of TCM Hospital of Guangzhou teached in Italy in the spring of 1993 and helped us to improve our knowledge of some specific tecniques of Chinese herbal therapy.

These relationships with your University were the occasion to introduce the study, the teaching, the clinical pratice of Chinese herbal therapy in Italy between the end of  the Eithies and the beginning of the Nineties in the last century.

In the meantime, in 1992 the first Italian books of Chinese herbal therapy such as Diagnosis and Therapy in Acupunture e Chinese Medicine printed by Tecniche Nuove (Sotte L., Muccioli M., Diagnosi e Terapia in Agopuntura e Medicina Cinese, Tecniche Nuove, Milano, 1002) e Chinese Herbal Therapy printed by Red printing house  (Sotte L., Farmacologia Cinese, red edizioni, Como, 1992) written by dr. Massimo Muccioli and me.

The edition of these volumes promoted an accurated study of the principles of Chinese herbal therapy and its larger spreading.

In the same time, thanks to the Italian Journal of TCM (Rivista Italiana di Medicina Tradizionale Cinese), I started to diffuse this old therapeutic technique in Italy and I published the studies and researches made in Italy, China and other western countries on this subject.

1992 was a very important year because on february the Italian Society of Chinese and Traditional Herbal Therapy (SIFCET, Società Italiana di Farmacologia Cinese e Tradizionale) was founded and I had the honour of being the President till year 2000.

This Society gathered all the Italian Ph Doctors interested on Chinese Herbal therapy and on its integration with biomedicine.

We listed 230 Chinese herbal remedies and 150 Chinese formulas that represented the basic program of each Chinese herbal therapy course organized in Italy in the next years.

In the Nineties in Italy other important books that promoted the deeping of the knowledge of this subject such as Chinese Herbal Formulas (Sotte L., Ricette Cinesi, Quaderni di Medicina Naturale della Rivista Italiana di Medicina Tradizionale Cinese, Civitanova Marche, 1994) edited by Italian Journal of TCM in 1994 and Chinese Phytotherapy (Sotte L., Fitoterapia Cinese, red edizioni, Como, 1998)  edited by Red printing house in 1998 were published.

From Nineties the teaching of Chinese herbal therapy began to be introduced in many Private Western Phytoterapy Schools in Italy and in the University too, such as in the Phytotherapy Master organized by the Faculty of Pharmacia of the University of Siena in wich I teach Chinese herbal therapy from 1994 till now.

The years of the new Millennium have been a moment of study and spreading of this therapy and last year Chinese Pharmacology (Sotte L., Muccioli M., ed altri Farmacologia Cinese, CEA, Milano, 2010) was published, this book surely will help all Italian doctors interested in this study for next years.

Even if the pratice of Chinese herbal therapy in Italy is riserved to a small public till now I think that the progresses of the last years will help this therapeutic tecnique to spread




INTRODUZIONE E DIFFUSIONE DELLA FARMACOLOGIA CINESE IN ITALIA

Lucio Sotte, Valeria Sotte, Giulia Rosettani, Emanuela Naticchi

  • relazione presentata da Lucio Sotte al Congresso dell’Università di Medicina Tradzionale Cinese di Canton il 18 novembre 2011

 

La MTC è stata introdotta in Italia soltanto a partire dagli Anni ’60 dello scorso secolo.

L’agopuntura è stata la prima tecnica di terapia che si è diffusa nel nostro paese ed ha fatto da battistrada per tutte le altre metodiche di trattamento della MTC.

Soltanto a partire dagli Anni ’80 dello scorso secolo si è iniziato a parlare in Italia di farmacologia cinese, quando un piccolo gruppo di medici agopuntori di cui facevo parte si è dedicato allo studio di questa disciplina.

All’inizio il nostro lavoro è stato molto arduo dal momento che era ostacolato dal fatto che non possedevamo testi su cui studiare scritti in italiano (ma anche quelli in inglese e francese erano scarsi e superficiali) e dal fatto che i rimedi cinesi non erano reperibili direttamente nel nostro paese.

Soltanto alla fine degli Anni ’80 la situazione è migliorata quando sono comparse alcune interessanti opere di farmacologia cinese nella letteratura medica inglese e contemporaneamente sono nate in Italia ed a San Marino (un piccolissimo stato di pochi chilometri quadrati che è inserito all’interno dei confini dello stato italiano) alcune ditte che hanno iniziato l’importazione e la commercializzazione di rimedi della farmacologia cinese.

La possibilità di reperire direttamente nel nostro paese i farmaci cinesi ha certamente favorito la pratica di questa tecnica di terapia.

Dopo un lungo periodo di studi, i primi corsi di farmacologia organizzati in Italia sono stati inaugurati dal sottoscritto e dal dott. Massimo Muccioli a Bologna presso il Policlinico Sant’Orsola a partire dall’anno 1988-1989 all’interno della Scuola di Medicina Cinese di questa città.

Nello sviluppo e nell’approfondimento della farmacologia cinese ci è stato di grande aiuto il Song Xuan Ke che ha in quegli anni ha insegnato presso la nostra scuola.

Nel dicembre del 1990 sono venuto a Guangzhou ed ho concordato con i rappresentanti dell’Università di MTC degli accordi  sottoscritti la prima volta in quell’anno (confermati ed ampliati nel 1991, 1996 e 2001) che hanno permesso che alcuni insegnanti cinesi dell’Università di MTC di Guangzhou potessero essere ospitati in Italia per permetterci di approfondire lo studio e la pratica clinica della farmacologia cinese.

Il primo a venire è stato il prof. Liang Song Ming, direttore del Dipartimento di Farmacologia Cinese della vostra Università nel 1991. Successivamente sono stati inviatati il prof Qiu Zuo Yi, ed il dott. Xie Jin Hua in un paio di occasioni.

Un grande aiuto ci è stato offerto anche dalla dott.ssa Dai Lian Yi dell’Ospedale di MTC di Guangzhou che è stata ospite della nostra scuola nel 1992 e ci ha dato la possibilità di approfondire alcune specifiche tecniche di terapia della farmacologia cinese.

In questa maniera tra la fine degli Anni ’80 e l’inizio degli Anni ‘90 si è avviato un primo importante lavoro di introduzione dello studio, dell’insegnamento e della pratica clinica della farmacologia cinese in Italia.

Nel frattempo, nel 1992 iniziavano a comparire i primi testi di farmacologia cinese come Diagnosi e Terapia in Agopuntura e Medicina Cinese edito da Tecniche Nuove di Milano (Sotte L., Muccioli M., Diagnosi e Terapia in Agopuntura e Medicina Cinese, Tecniche Nuove, Milano, 1002) e Farmacologia Cinese edito dalla red edizioni (Sotte L., Farmacologia Cinese, red edizioni, Como, 1992).

L’edizione di questi volumi ha reso possibile uno studio più accurato dei principi di questa disciplina e contemporaneamente una sua più estesa diffusione.

Contemporaneamente attraverso la Rivista Italiana di Medicina Tradizionale Cinese ho iniziato a diffondere le prime conoscenza di questa antica tecnica di terapia orientale in tutto il nostro paese ed a pubblicare gli studi di farmacologia cinese effettuati in Italia, in Cina ed in atri paesi occidentali.

Il 1992 è stato un anno particolarmente importante perché nel febbraio è stata fondata la SIFCET, Società Italiana di Farmacologia Cinese e Tradizionale che ho avuto l’onore di presiedere fino al 2000. La SIFCET ha riunito tutti i medici italiani interessati alla farmacologia cinese e alla possibilità di una sua integrazione con la biomedicina.

Negli Anni successivi la SIFCET ha organizzato vari convegni e congressi in varie città italiane per promuovere la diffusione della farmacologia cinese nel nostro paese e per regolamentare il suo utilizzo da parte della classe medica italiana.

È stato inoltre stilato dalla SIFCET un elenco di 230 rimedi principali e secondari e di 150 ricette principali e secondarie che rappresenta il programma di base di studio dei corsi di farmacologia cinese organizzati da varie Scuole italiane di MTC.

Negli Anni ’90 sono comparse in Italia altre opere significative che hanno permesso un ulteriore approfondimento della farmacologia cinese come Ricette Cinesi edito nel 1994 dalla Rivista Italiana di Medicina Tradizionale Cinese (Sotte L., Ricette Cinesi, Quaderni di Medicina Naturale della Rivista Italiana di Medicina Tradizionale Cinese, Civitanova Marche, 1994) e Fitoterapia Cinese edito dalla red edizioni nel 1998 (Sotte L., Fitoterapia Cinese, red edizioni, Como, 1998).

Fin dagli Anni ’90 la didattica della farmacologia cinese si è diffusa sia nei corsi di fitoterapia che in quelli di farmacologia organizzati dalle varie Scuole italiane come è accaduto per il Master di Fitoterapia organizzato dalla Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Siena presso il quale tengo delle lezioni di farmacologia cinese fin dal 1994.

Gli Anni del nuovo millennio sono stati un momento di studio e diffusione della farmacologia cinese nel nostro paese e si sono conclusi con la pubblicazione nel 2010 di un volume che senza dubbio sarà una pietra miliare in questo settore: Farmacologia Cinese edito dalla casa editrice ambrosiana (Sotte L., Muccioli M., ed altri Farmacologia Cinese, CEA, Milano, 2010).

Anche se la pratica della farmacologia cinese in Italia è ancora riservata ad una ristretta cerchia di medici e pazienti, tuttavia i progressi compiuti in questi anni le permetteranno di diffondersi più rapidamente e di dare il suo interessante contributo nella terapia di molte malattie per le quali trova grande indicazione.




Il rabarbaro-da huang: un fitofarmaco ponte tra Oriente ed Occidente

Emanuela Naticchi*

* Farmacista, esperta in fitoterapia, Azienda Farmacie Comunali Civitanova Marche

Il Rabarbaro è un medicinale antichissimo ma ancora attuale. Si pensa che il suo nome derivi dal greco rheo, che significa “fluire”, probabilmente alludendo all’azione purgante della pianta.

Il rabarbaro si identifica comunemente nella specie di Rheum palmatum o rabarbaro cinese. In Cina è conosciuto con il nome di Da huang. Si tratta della radice o rizoma di differenti specie di Rheum, pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia della Polygonaceae. La farmacopea europea riporta che la droga, detta Rhei radix è costituita dalle parti ipogee del Rheum palmatum L. o del Rheum officinale Baill. o di ibridi comuni in Cina o in india, Pakistan o Nepal, o di una miscela delle stesse specie.

Le specie del genere Rheum hanno un robusto rizoma verticale da cui si diramano delle radici carnose. La parte aerea consiste in foglie di grandi dimensioni e lungamente picciolate, cordate o rotonde, che sono in gran parte riunite in una rosetta basale. Il margine è intero o dentato, più o meno ondulato.

I rami fioriferi sono riuniti in pannocchie allungate e fogliose e composte da fiori di color bianco verdastro o viola scuro.

Il frutto è una achenio oblungo-ovoidale od orbicolare.

I principi attivi sono contenuti principalmente nel rizoma che viene raccolto in autunno, quando le foglie iniziano ad appassire, o primavera prima della gemmazione da piante di 8-10 anni: viene decorticato, sospeso con corde ed essiccato al sole o con calore artificiale. Oltre all’essiccamento rizoma e radici possono essere trattate con vino o carbonizzate.

La droga è di color bruno-giallastro e si presenta sotto varie forme: pezzi cilindrici, ovali, tondeggianti, con superficie convessa o di forma irregolare, spesso sono forati e i buchi contengono una parte delle corde usate per l’essiccazione, oppure hanno forma di cubo o rettangolo. La dimensione dei pezzi è di circa 5-15 mm di lunghezza e 4-10 mm di diametro. Sono duri e difficili da frantumare.

Il sapore è amaro e astringente e presenta un odore caratteristico e aromatico.

I principali costituenti chimici contenuti nel rabarbaro sono i derivati idrossiantracenici, che consistono in mono e diglicosidi dell’emodina, dell’aloe-emodina, del fiscione, e del crisofanolo, O-, C-glucosidi di forme monomeriche e dimeriche ridotte, come i renosidi A-D e i sennosidi A-F, i tannini e altre sostanze come isolindleina, lindleina, catechine e stilbeni.

Inoltre sono presenti cromoni, fenilbutanoni e tracce di olio volatile.

La droga essiccata deve contenere non meno del 2,2% (circa 10-30 mg) di derivati idrossiantracenici per dose, espressi come reina e calcolati sulla droga essiccata.

Il rabarbaro viene utilizzato a scopo alimentare e medicinale da moltissimo tempo.

L’uso alimentare è limitato, solo gli steli sono commestibili, ma dato il loro sapore amaro vengono utilizzati  nella preparazione di marmellate, amari (rabarbaro Zucca) e cocktail.

Il rizoma del rabarbaro è utilizzato come rimedio medicinale da più di 4000 anni. Ha una spiccata azione lassativa, dovuta alla presenza di glucosidi antrachinonici. Questi glicosidi si comportano da pro farmaci in quanto liberano l’aglicone che agisce da lassativo. Il glicoside antrachinonico viene somministrato per via orale e transita nello stomaco e nell’intestino tenue senza subire alcuna modificazione. A livello del colon le glicosidasi batteriche rimuovono lo zucchero, e la flora batterica intestinale produce metaboliti che sono scarsamente assorbibili e che agiscono a livello locale provocando variazioni della secrezione e della motilità del colon. Contemporaneamente si ha un aumento della permeabilità cellulare attraverso la mucosa del colon, probabilmente per inibizione della pompa Na+/K+-ATPasi o dei canali del Cl, in questo modo il riassorbimento d’acqua dalla mucosa intestinale diminuisce. L’azione lassativa degli antrachinoni si osserva 6-12 ore dopo l’ingestione orale, a causa del tempo necessario per l’assorbimento sistemico e la conversione metabolica dei glicosidi in composti attivi.

La contemporanea presenza di tannini può causare costipazione per effetto astringente sulla mucosa, per questo motivo il rabarbaro può essere usato per controllare la diarrea provocata dalla presenza di sostanze irritanti. In considerazione di questo effetto secondario, è opportuno sottolineare che un uso prolungato del rabarbaro ad uso lassativo potrebbe comportare un aggravamento della stipsi.

Il rabarbaro possiede anche un effetto antispastico quattro volte più potente di quello della papaverina, diuretico per aumento dell’escrezione di Na+ e K+ , nefroprotettivo e colagogo.

In medicina popolare il rabarbaro è noto anche per la sua azione ipotensiva. La sua somministrazione è associata anche ad una diminuzione della richiesta di ossigeno da parte del muscolo cardiaco, riduzione delle frequenza cardiaca e delle resistenze vascolari periferiche.

Il rabarbaro è dotato anche di attività emostatica in quanto aumenta la viscosità del sangue e stimola l’aggregazione piastrinica. Inoltre le catechine presenti nella droga esercitano un’azione ipocolesterolemizzante, antiflogistica e analgesica.

Gli estratti metanolici di Rheum palmatum e R. officinale hanno dimostrato di possedere un’attività antiossidante, mentre gli estratti acquosi ed etanolici del rabarbaro si sono dimostrati efficaci nell’inibire l’Helicobacter pylory. I principi attivi emodina, aloe-emodina e reina posseggono invece azione antibatterica sui batteri della famiglia  di streptococchi e stafilococchi, alcuni bacilli  e su Salmonella typhi. È stata inoltre dimostrata un’attività antimicotica nei confronti di Candida albicans e di Aspergillus fumigatus paragonabile a quella della nistatina.

L’estratto etanolico del rabarbaro ha invece mostrato di poter inibire l’adsorbimento e la penetrazione del virus Herpes simplex, dimostrandosi quindi efficace come antivirale.

La medicina occidentale utilizza il rabarbaro per il trattamento di breve durata della stipsi occasionale.

La medicina cinese usa il rabarbaro come purgante e digestivo, ma non solo. Da huang purifica il calore e seda il fuoco, rinfresca il sangue, elimina le tossine e tratta il calore tossico du, drena il calore-umidità, muove il sangue e ne tratta la stasi e viene usato come emostatico nelle patologie caratterizzate da sanguinamento, anche se in questo caso si preferisce utilizzare il prodotto preparato mediante carbonizzazione. Trova quindi indicazione, se somministrato per via orale, nel trattamento dei dolori post traumatici, dolori addominali del postpartum, dismenorrea e patologie correlate a stasi di sangue. Per la sua azione antiemorragica viene usato nell’ematemesi, epistassi, sanguinamento emorroidario. È usato in caso di ittero, epatopatie, dolore addominale, disuria, stranguria e gonorrea. Per uso esterno viene utilizzato nelle dermatiti, ascessi cutanei, ustioni e foruncoli.

La FU XI riporta due monografie: rabarbaro estratto fluido e rabarbaro secco. Le preparazioni più  usate sono tinture, infusi, decotti ed estratti fluidi.

La dose  individuale corretta è quella minima sufficiente per produrre feci morbide.  Per adulti e bambini al di sopra di 10 anni di età si consiglia l’assunzione di 15-50 mg/die di derivati dell’idrossiantracene (calcolati come reina) in un’unica somministrazione da effettuarsi preferibilmente la sera. Se assunto come decotto, 0,5-1,5 g di droga allo stato secco devono essere decotti al massimo per 10 minuti.

Il rabarbaro, così come gli altri lassativi stimolanti, non deve essere usato per periodi superiori a 2 settimane, e in pazienti affetti da ostruzione, stenosi o atonia intestinale, disidratazione grave, stipsi cronica e in presenza di eventuale sintomatologia addominale non diagnosticata. Il rabarbaro non deve essere somministrato ai pazienti affetti da patologie intestinali di tipo infiammatorio, come il morbo di Crohn, la colite ulcerosa, l’appendicite e la sindrome del colon irritabile. È controindicato in gravidanza e durante l’allattamento, in quanto alcuni principi attivi possono passare nel latte materno. La medicina cinese specifica che va usato con cautela anche in presenza di interessamento del biao, nei deficit di qi soprattutto di Stomaco, durante la gravidanza, nel postpartum e puerperio e durante le mestruazioni.

L’uso cronico del rabarbaro può causare pigmentazione del colon, che non è dannosa ed è reversibile con la sospensione del trattamento; può causare dipendenza con eventuale necessità di aumentare progressivamente il dosaggio. Cirrosi epatica, ipokaliemia e colon atonico possono essere causati da una somministrazione prolungata di rabarbaro. Disturbi dell’equilibrio idrico ed elettrolitico possono determinare disfunzioni cardiache e neuromuscolari. A questo proposito è bene sottolineare che l’ipokaliemia risultante dall’abuso di questi lassativi è in grado di aumentare l’attività dei glucosidi cardioattivi e di potenziare l’azione dei farmaci usati per il trattamento delle aritmie cardiache, come la chinidina. Lo scompenso elettrolitico può essere ulteriormente aggravato dall’uso contemporaneo di farmaci che inducono ipokaliemia, come i diuretici tiazidici, i corticosteroidi e la radice di liquirizia. Infine la diminuzione del tempo di transito intestinale può ridurre l’assorbimento di farmaci somministrati per via orale.

Il sovraddosaggio può causare coliche e grave diarrea con perdite di liquidi ed elettroliti. Inoltre potrebbe verificarsi una reazione allergica caratterizzata da calore al volto, prurito, eruzione di papule, asma e tachipnea. Le foglie presentano una nefrotossicità legata all’elevato contenuto di acido ossalico, che può causare insufficienza renale per precipitazione di ossalato di calcio a livello tubulare.

 

BIBLIOGRAFIA

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