L’influenza straordinaria del simbolo sull’evoluzione umana e sulla gestualità grafica
Alberto Bevilacqua*
Lo studio dei comportamenti umani riconducibile all’interno delle scienze sociali, delle quali l’antropologia (dal gr. ànthrσpos, uomo) è la primaria disciplina di riferimento, fin dall’inizio dell’era scientifica moderna ha fortemente motivato i ricercatori e gli studiosi circa le questioni relative all’importanza delle sollecitazioni e delle suggestioni evocate dal simbolo sugli atteggiamenti espressivi dell’uomo.
Henri-Jean Martin , ad esempio, in ‘Storia e potere della scrittura’ testimonia dell’antica saggezza e del modello interpretativo del mondo dei Dogon, popolazione africana stanziata nel medio Niger (Mali) e della ricca cultura simbolica, poetica, mitica e religiosa ereditata dai loro primitivi antenati: “Dio, creando, ha pensato : prima di dare un nome alle cose, le ha disegnate nella loro intenzione creatrice. (…) La creazione così come si offre all’uomo, porta il segno di questa intenzione divina che egli si sforza di decifrare e di cui, a sua volta, riproduce i simboli”.
Il simbolo, quale elemento fondamentale che da sempre orienta ed impronta l’uomo nel tempo e nello spazio, concorre a fissare l’esperienza, alla formazione della memoria e ad evocare il ricordo, soprattutto in concomitanza di condizioni stato-dipendenti. Ha quindi contribuito in maniera determinante, durante lo sviluppo filogenetico della specie umana, alla sedimentazione e stratificazione (prioritariamente nei blocchi arcaici del cervello), di profonde e stabili tracce biochimiche e mestiche: un patrimonio genetico inalterato che si è tramandato fino ad oggi. La primaria strutturazione di grossolane vie neurali e sinaptiche così improntate e lo sviluppo poi sempre più raffinato di funzioni superiori ed uniche nel mondo animale, hanno determinato pertanto l’affiorare e l’affermarsi di tre facoltà esclusivamente umane: l’analogia, l’astrazione e la concettualizzazione.
In effetti negli uomini primitivi l’immagine aveva presto acquisito un alto valore ‘associativo astratto’ che fissava, nel progressivo emergere della mente, la rappresentazione traslata degli oggetti, pur rimanendo aderenti alle reali ed impressive esperienze vissute. Nella raffigurazione della realtà i simboli dunque derivano dalle profondità ancestrali del tempo e tuttora si incrementano ed agiscono sull’unità psicorganica umana veicolando le innumerevoli sollecitazioni ed influenze prodotte dai più svariati stimoli provenienti dal continuo evolversi della socio cultura e dal mondo del naturale.
Fin dalla prima comparsa dell’uomo sul pianeta l’immagine del disco solare, ad esempio, come percezione sensibile di luce e calore è stato subito associato all’idea di vita. Una delle interpretazioni del ‘cerchio’ che ne deriva, vista nell’ottica del pensiero pre-logico, tipico dei preistorici e della peculiare ‘visione analogica del mondo’ della cultura orientale, può essere quindi così sequenziata:
– disco-immagine-sole,
– luce-energia-calore,
– quindi cerchio = simbolo della vita (fonti vitali).
Il centro di una delle culture più antiche dell’umanità, il complesso megalitico di Stonehenge nel Wiltshire britannico, con i suoi menhir, monoliti e triliti disposti in forma di circonferenza, può essere a buona ragione considerato un esempio emblematico di riproduzione simbolica dell’astro, materializzata sul terreno dall’uomo primitivo. La forza energetico-vitale attribuita alla stella centrale fece sì che il monumento fosse costruito in allineamento con le orbite del sole proprio per esprimere, con riti e culti propiziatori dedicati, il forte legame e la totale devozione dell’uomo alla ‘fonte della vita’.
Tutte le attività dell’uomo si possono praticamente ricondurre all’influenza del simbolo, linguaggio verbale e scritto compresi e mentre S.Freud gli attribuisce il valore di ‘rivelatore’ dell’inconscio, C.G.Jung lo arricchisce di un ulteriore contenuto, quello di rappresentare il riferimento collettivo dell’intero consorzio umano.
G. Girotti ne offre una convalida di grande considerazione scientifica: “Verso i gradini superiori della scala zoologica, in concomitanza con lo sviluppo del telencefalo e della corteccia cerebrale, comparirebbero pertanto le premesse delle ‘funzioni simboliche’, che assumono così grande rilievo nell’attività psichica umana. Vi è nella simbolizzazione la confluenza-attraverso l’apprendimento-di esperienze distinte e diverse in un’unica rappresentazione mentale collegata ad una stessa direzione di comportamento”.
Il simbolo può assumere però anche un significato minaccioso ed agire negativamente sui comportamenti sia individuali che collettivi innescando resistenze emotive e modificazioni fisiologiche, normalmente momentanee, ma che in certi contesti possono anche radicarsi stabilmente nella struttura biologica degli umani.
Molteplici sono gli atti neuroespressivi della scrittura indotti dalle stimolazioni simboliche. In parte a L.Klages ma soprattutto allo svizzero M.Pulver va riconosciuto il merito della scoperta delle risposte grafomotorie, espresse dal soggetto, alle provocazioni inconscie che si registrano nelle oscillazioni grafiche. Sono intuizioni derivate dalla psicologia junghiana: la sua genialità è stata quella di averle applicate alla fenomenologia scrittoria. In effetti lo spazio cartaceo è pregnante di sollecitazioni che si riconducono ai contenuti esperenziali filogenetici e ontogenetici dello scrivente.
Un’allieva di Jung, la grafologa Teillard chiarisce: “nel momento stesso in cui scriviamo, ci situiamo nello spazio. Il foglio di carta rappresenta l’universo nel quale ci muoviamo e ogni movimento scrittorio è simbolico del nostro comportamento in questo universo”.
Nell’uomo la sede del simbolismo sembra essere l’ippocampo che, oltre ad altre parti arcaiche del sistema limbico, svolge un ruolo fondamentale nella produzione della memoria ed esplica funzioni rilevanti anche per quanto riguarda la dinamica delle emozioni e lo sviluppo dei sentimenti. In particolare ad esso è attribuita la funzione di accumulare conoscenza intesa come quel processo che consente all’individuo la possibilità di modificare adeguatamente la propria condotta e di escogitare diverse modalità di risposta in modo selettivo nei confronti di situazioni pregresse o di nuove esperienze gradevoli o spiacevoli e più o meno durevoli o ripetitive. Pertanto questa capacità si basa sull’utilizzazione del vissuto ed è collegata alla necessità vitale di adattamento.
Il ripetersi ed il perseverare di attività o di esperienze di tipo emotivo-relazionale infatti determinerà, all’interno della plasticità encefalica, il formarsi di nuovi circuiti psiconervosi che si stabilizzano nell’individuo e che andranno a strutturarsi con ‘imprinting ed atteggiamenti biopsicologici’ durevoli nel tempo.
Nello studio del movimento grafico gli effetti prodotti dalle sollecitazioni simboliche sono individuabili, dal grafologo esperto, in tutte le zone dello spazio cartaceo e contribuiscono quindi in maniera determinante, puntuale e raffinata a far emergere istantaneamente le nascoste ed ‘autentiche modalità psicomentali’ dello scrivente.
Sottolineo questo concetto anche nel mio ultimo lavoro di ricerca:
“L’astrazione simbolica infatti, con tutti i suoi specifici contenuti e significati, prende corpo oltre che nella sfera immaginativa e mentale del soggetto, anche sul foglio di carta sul quale, all’insaputa e senza possibilità di controllo razionale della persona, fissa, nei vari punti del tracciato grafico, tutte le risposte fisiologiche, temperamentali, caratteriali e biopsicologiche, prima intimamente elaborate e poi adottate dall’individuo”.
Ed è proprio quella superficie cartacea che, come ‘astrazione’ dello spazio ambientale ed esistenziale, provoca ed accoglie su se stessa il ‘precipitato’ delle modalità comportamentali reattive o adattive dello scrivente alle sollecitazioni del mondo esterno. Per questi contenuti, gli atti grafici, sotto l’intensa influenza degli stimoli simbolico-esperenziali, riassumono in sé l’autorappresentazione dell’Io e semiologicamente preconizzano l’indice, il segnale, il significato e la reale qualità funzionale dell’intero network biopsichico dell’uomo.
Per il Pulver oltre allo spazio fisico, anche le quattro dimensioni vettoriali dei lati perimetrici del foglio, definibili anche attrattori evocativi, sollecitano l’attivazione di forze neuromuscolari (sinaptiche e biochimiche) che si estrinsecano in azioni e reazioni psicografoenergetiche strettamente correlate allo status globale dello scrivente. Forze che si imprimono ed incidono nella superficie cartacea e che si orientano in tutte le direttrici della stessa, forze che io ritengo informatrici oltre che delle condizioni di benessere psichico anche di quelle di rischio fisiopatologico del soggetto.
In particolare ed in linea generale, per il grafologo elvetico il vettore di destra solleciterà la produzione di grafie progressive con espressioni di dinamismo, di espansione, di estroversione, di altruismo e del naturale fluire dell’energia vitale mentre quelle regressive significheranno la manifestazione psicologica di introversione, di blocchi energetici, di prevalenza delle istanze egoiche, di cautela o diffidenza. Nelle due polarità alto-basso, la prima solleciterà il richiamo dello spirito, della consapevolezza, dell’ideale e dell’immaginazione, dello sviluppo del Sé mentre l’altra attirerà, ad esempio, verso l’inconscio, l’istinto, la sessualità.
Dal proprio centro di gravità energetica l’uomo infatti è costretto ad orientarsi continuamente nel ‘campo quantico probabilistico’, interagendo con gli innumerevoli poli intrapsichici, socio-culturali e relazionali di attrazione, repulsione ovvero sinergici, insiti in esso.
Le profonde tracce mnestiche neurali, le funzioni della mente, l’ippocampo, il telencefalo, tutto co-partecipa, in definitiva, al comportamento oscillante e vibratile scrittorio dell’uomo.
(Fonte: Moretti G., Trattato di Grafologia, emp – Edizioni Messaggero – Padova, XI Ed. 1977. p.488
Bibliografia
Bevilacqua A., Espressioni e comportamenti dell’energia umana nella medicina occidentale, nella medicina tradizionale cinese (M.T.C.) e nella grafologia clinica – intercorrelazioni con le patologie tumorali (lavoro di tesi) – SIMAISS (Scuola Internazionale di Medicina Avanzata e Integrata e di Scienze della Salute), Perugia 2003
Girotti G., I fondamenti fisiologici dell’attività psichica, Ancona L. (‘a cura di’), in Nuove questioni di psicologia, vol. II, La Scuola, Brescia, 1972, (p.839).
Klages L., La scrittura e il carattere – principi e elementi di grafologia, Murzia, Milano, 1982.
Martin H.J., Storia e potere della scrittura, Edizione CDE spa su licenza del Gius. Laterza & Figli, Milano, 1990, (p. 8).
Pulver M., La simbologia della scrittura, Boringhieri, Torino, 1983.
Teillard A., L’anima e la scrittura, Boringhieri, Torino, 1980, (p.147).
Vels A., Diccionario de grafologia y terminos psicologicos afines, Editorial Herder, Barcelona, 1983.