Il Nobel per la medicina assegnato alla dott.ssa Tu Youyou per la “riscoperta” di un antico farmaco della medicina tradizionale cinese

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 Lucio Sotte*, Direttore di Olos e Logos, Dialoghi di Medicina Integrata

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Il premio Nobel per la medicina è stato assegnato il 5 ottobre 2015 a Tu Youyou, una dottoressa cinese che ha scoperto l’artemisina, la molecola utilizzata ormai in tutto il mondo per la cura della malaria che ha[*] salvato e sta salvando milioni di vite dai danni di questa pericolosa malattia.

Dopo Ronald Ross nel 1902 e Alphonse Laveran nel 1907, la professoressa Tu Youyou è la terza scienziata ad essersi distinta con un Nobel per un lavoro sulla malaria (200 milioni di casi e più di mezzo milione di decessi registrati nel 2013, una delle principali cause di mortalità nel Mezzogiorno del mondo. L’Africa è il continente più colpito: il 90% dei decessi, soprattutto dei bambini).

Tu Youyou ha dedicato gran parte della sua carriera e passato gran parte della sua vita nei laboratori dell’Accademia di Medicina Tradizionale Cinese di Pechino, studiando numerose piante della tradizione cinese e tra queste appunto l’Artemisia annua. L’artemisina è stata da lei isolata nel 1972 e nel tempo ha sostituito il chinino nelle forme più gravi della malattia.

Il premio Nobel la dottoressa Tu Youyou se l’è proprio meritato, ma una citazione andrebbe fatta anche ad altri due medici cinesi ai cui studi Tu Youyou si è rifatta per “riscoprire” l’azione antimalarica dell’artemisina: Ge Hong, del III secolo dopo Cristo e Li Shi Zhen vissuto nel XVI secolo. Senza le loro osservazioni sugli effetti antimalarici dell’Artemisia annua, tramandati fino ad oggi attraverso le loro opere redatte rispettivamente 400 e 1700 anni or sono, gli studi di Tu Youyou non si sarebbero mai avviati e la malaria sarebbe ancora intrattabile nei casi resistenti.

Ma come si è arrivati a questa scoperta?

È molto interessante ed istruttivo raccontare l’intreccio di questa vicenda che mescola la storia della Cina e dell’Indocina degli Anni ’60 e ‘70, la moderna ricerca della biomedicina e le antichissime conoscenze della medicina tradizionale cinese.

Negli Anni ’60, mentre in Vietnam si combatteva la feroce guerra tra Nord e Sud, i vietcong, i soldati del Vietnam del Nord del generale Ho Chi Minh, venivano falcidiati dalla malaria più ancora che dai bombardamenti delle truppe americane. Il territorio in cui erano costretti a combattere infatti era infestato dal Plasmodium falciparum, agente infettivo della malaria. Fu per questo motivo che la Cina, che appoggiava l’esercito del Nord Vietnam, avviò un progetto di ricerca per verificare se fosse possibile mettere a punto qualche nuova cura per aiutare i soldati malati.

Il progetto di studio venne deciso il 23 di maggio del 1967 e prese il nome di “progetto 523” unendo le cifre del mese di maggio (5) e quelle del giorno del mese (23) in cui era stato deciso il suo avvio. Vennero analizzate numerose molecole di sintesi che tuttavia non dimostrarono di possedere effetti rilevanti sulla malaria e si decise allora di verificare se non fosse possibile fare tesoro delle antiche conoscenze della farmacologia tradizionale cinese che tutt’oggi viene studiata ed utilizzata in Cina e che annovera 5000 differenti erbe medicinali prescritte in base a centinaia di ricette spesso tramandate per secoli e talora per millenni.

L’incarico venne affidato all’Accademia di Medicina Tradizionale Cinese di Pechino, la più importante istituzione cinese del settore, che affidò la ricerca alla dottoressa Tu Youyou e ad un piccolo gruppo di esperti da lei diretto.

La dottoressa testò migliaia di piante senza ottenere grandi risultati fino a che non decise di rifarsi ad alcune antiche formule fitoterapiche cinesi utilizzate da millenni per la cura delle cosiddette “febbri intermittenti” o “febbri alternate a brividi”. In questo gruppo di patologie definite in cinese “nue” era classificata anticamente la sintomatologia con cui si presenta la malaria. Alla fine Tu Youyou scelse di fare tesoro delle conoscenze che nel III secolo dopo Cristo un famoso medico cinese di nome Ge Hong (283-343 d.C.) aveva tramandato ai posteri.

Ge Hong è l’autore di varie opere tra cui un testo che tutt’ora viene studiato nelle Facoltà di Medicina Tradizionale Cinese: il Zhou hou bei ji fang o Manuale di prescrizioni per le emergenze, redatto nel 321 d.C. Un volume di medicina che ha dunque 1700 anni di storia. In questa opera vengono presentate ed analizzate decine di ricette tradizionali della farmacologia cinese tra le quali quelle utilizzate per trattare le “febbri intermittenti” e dunque la “malaria”.

Molte di queste ricette contenevano l’Artemisia annua, un’erba medicinale che in cinese si chiama Qinghao. In particolare in una di queste formule si raccomandava di non utilizzare la decozione del farmaco ma una semplice immersione in acqua seguita da macerazione, spremitura e filtraggio. Tu Youyou provò a verificare nel ratto l’efficacia del farmaco ottenuto utilizzando questo antico metodo e, una volta compreso che l’estratto di Qinghao possedeva degli effetti terapeutici sulla malaria nell’animale da esperimento, pensò di mettere punto un metodo di estrazione che permettessero alla molecola originale contenuta nella pianta di conservarsi intatta senza alterazioni per mantenerne l’efficacia. Dal momento che l’antico testo di Ge Hong suggeriva di non sottoporre il Qinghao a decozione (metodo generalmente usato per la preparazione dei fitoterapici) ma ad una semplice macerazione in acqua e spremitura, Tu Youyou pensò che tanto più bassa sarebbe stata la temperatura utilizzata per la solubilizzazione e tanto più puro ed intatto sarebbe stato il principio attivo estratto dalla pianta. Decise dunque di utilizzare dei metodi che utilizzavano temperature più basse di quelle di ebollizione tipiche dei decotti (100° C) per ottenere l’estrazione del principio attivo. A questo scopo provò prima la soluzione alcolica (etanolo) e successivamente quella eterea (la temperatura di evaporazione dell’etere è di poco superiore ai 30°C). Si accorse che utilizzando queste metodiche il farmaco estratto era assai più potente e verificò che in realtà la molecola efficace sulla malaria era l’artemisina, uno dei principi attivi estratti dal Qinghao che definì in cinese Qinghaosu, sostanzialmente estratto di Qinghao.

La dottoressa venne trasferita a proseguire i suoi studi nell’isola di Hainan che si trova nel Sud della Cina, un territorio dove la malaria era endemica. Dovette abbandonare la sua bambina (che racconta che al suo ritorno non riusciva nemmeno a riconoscerla) ed il marito (un ingegnere che nel frattempo era stato inviato in un campo di rieducazione lontano da Pechino). Erano gli Anni ’60, i tempi della “rivoluzione culturale” e molti intellettuali erano costretti a vivere in campi di rieducazione dove trascorsero mesi e talora anni.

L’artemisina fu testata prima direttamente dalla dottoressa Tu e dai membri del gruppo di studio sulla malaria per verificarne l’assenza di effetti collaterali e poi in vivo su una popolazione più ampia affetta da malaria per verificarne l’azione terapeutica. Ci si rese conto che in realtà la nuova molecola era in grado di combattere efficacemente la malattia perché l’artemisina è uno schizonticida ematico molto potente e rapido la cui struttura chimica è diversa da qualsiasi altro farmaco anti-malarico e pertanto non presenta ancora problemi di farmaco-resistenza. Successivamente, all’inizio degli Anni ’70, iniziò la produzione industriale del farmaco che fu utilizzato con grande efficacia e sempre più ampia diffusione in particolare nelle forme di malaria clorochina resistenti.

La notizia dell’efficacia della nuova terapia cominciò a trapelare anche all’estero fino a che anche le case farmaceutiche occidentali tra cui la Novartis non iniziarono a produrre farmaci a base di artemisina per il trattamento della malaria in tutto il mondo.

Nel frattempo la vicenda di come si era arrivati alla scoperta di questa molecola fu dimenticata fino a che, nel 2007, nel corso di un congresso sulla malaria e che si teneva a Shanghai, un gruppo dei ricercatori degli Stati Uniti non chiese ragguagli a proposito della scoperta dell’artemisina ai colleghi cinesi. Fu soltanto alla fine di una lunga ricerca avviata a seguito di questa richiesta che la storia della dottoressa Tu Youyou venne finalmente alla luce.

È molto suggestivo pensare che questa scoperta realizzata del 1972 si sia avvalsa delle conoscenze descritte da Ge Hong nel III secolo dopo Cristo, cioè oltre 1700 anni or sono. Forse varrebbe la pena di farlo resuscitare per assegnare anche a lui almeno una citazione per il Nobel!!!

 

I colleghi che come me si interessano dalla fine degli Anni ’80 di questi argomenti hanno appreso con grande soddisfazione questa notizia che inizia a dare lustro ad uno dei più gradi “tesori” che medicina cinese offre alla scienza medica: la sua antica farmacologia!

Sono anni che sosteniamo la grande efficacia di questa antichissima farmacologia che ha superato la prova del tempo dal momento che moltissime delle ricette tuttora in uso sono state “inventate” 200, 500 ma anche 1800 anni or sono. Ciò significa che sono state testate su milioni di persone per centinaia e talora migliaia di anni ed hanno dimostrato di possedere grandi effetti preventivi e terapeutici. Ovviamente vanno studiate anche in termini biomedici e questa è la sfida attuale ormai da tempo iniziata in Cina nei laboratori delle numerose Facoltà di Medicina Tradizionale Cinese e delle grandi ditte produttrici di fitofarmaci.

La farmacologia cinese è un magnifico “tesoro” che l’antica tradizione medica estremo orientale offre al mondo medico occidentale sia per un suo uso tradizionale che per l’avvio di un grande progetto di ricerca scientifica. Basta pensare che nell’ultima edizione della farmacopea cinese sono citate 4952 differenti sostanze medicinali naturali per intuire quali grandi prospettive si possono avviare approfondendo con le moderne tecniche di analisi  gli effetti delle migliaia di principi attivi in esse contenuti, la loro farmacodinamica e farmacocinetica.

La scoperta dell’artemisina è soltanto un esempio di come le antiche conoscenze possano essere sfruttate nel III millennio.

 

Dalla Prefazione alla Collana Trattato di Agopuntura e Medicina Cinese

del Prof. Paolo Mantegazza,

Ordinario di Farmacologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia e Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Milano

 

La medicina cinese è nata più di duemila anni orsono e si è sviluppata al di fuori del contesto della scienza biomedica; ciò significa che i suoi fondamenti, le sue procedure e i suoi risultati debbono essere interpretati e analizzati, per poter essere validati, anche attraverso i procedimenti scientifici tipici del mondo medico occidentale. D’altra parte, lo sviluppo di questo sapere medico si fonda su una modalità di ragionamento di natura analogico-simbolica, che è assai differente da quella analitico-sperimentale della biomedicina, e talora il dialogo tra i due sistemi risulta assai difficile.

Questo è il motivo per cui una conoscenza approfondita della MTC e un confronto serio tra i due sistemi di cura costituiscono la base fondamentale per un’integrazione della medicina tradizionale cinese in Occidente.

L’integrazione dei due sistemi di cura è un obiettivo ambizioso per raggiungere il quale occorre un grande lavoro. Tale lavoro è appena iniziato e non può prescindere dalla necessità di accogliere senza preconcetti gli effetti di metodi di affronto del problema salute-malattia differenti da quelli da noi in uso e, contemporaneamente, dalla necessità di vagliare e validare tali metodi, affidandosi alle procedure più sofisticate della ricerca clinico-sperimentale.



[*] Direttore di Olos e Logos: Dialoghi di Medicina Integrata

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