L’universo polimorfo delle medicine non convenzionali

Stefania Florindi*, Francesca Gnudi**

 Introduzione

A che cosa ci riferiamo esattamente quando parliamo di «medicine non convenzionali»? La risposta non è affatto così semplice o così immediata come potrebbe sembrare. Quello delle cosiddette medicine non convenzionali costituisce un universo variegato dai confini non ben definiti e delineati che, a seconda del sistema di riferimento/osservazione, assumono dimensioni e caratteristiche differenti.

Se per un determinato fenomeno sociale è difficile trovare una definizione univoca, si tratta già di un preciso indicatore non solo di complessità semantica e strutturale ma anche, probabilmente, di una pluralità di valenze soggettive ad esso attribuite. […] Quando gli aggettivi sovrabbondano rivelano il tentativo più o meno manifesto di chi li utilizza di voler imporre la propria definizione del fenomeno, spesso più ideologica che reale: chi le chiama “medicine naturali” o “dolci” intende sottolinearne la presunta valenza non iatrogena, meno rischiosa rispetto alla medicina ufficiale; chi preferisce definirle “olistiche” sembra scordarsi che, forse, non tutte poi lo sono davvero e, soprattutto, che almeno una parte della medicina di origine biomedica ormai si considera tale; chi utilizza l’espressione “non scientifiche” tradisce il proprio intento derogatorio e l’assunzione etnocentrica che la biomedicina costituisca l’unica forma possibile di medicina scientifica nelle società tardoindustriali [Giarelli 2007: 13-14].

Quelle che qui vengono definite MNC sono da sempre parte integrante del patrimonio culturale della generale pratica di cura variamente utilizzata dall’uomo per recuperare o migliorare il proprio stato di salute. Ci sono state ovviamente nel corso del tempo molte e più o meno profonde trasformazioni all’interno dei vari sistemi di cura, dei differenti paradigmi di riferimento e nell’ambito delle metodologie e delle tecniche utilizzate, ma possiamo affermare che:

Le medicine considerabili come non convenzionali, o comunque parallele alla medicina ufficialmente riconosciuta, sono dunque sempre esistite e l’emergere della loro visibilità e del loro successo commerciale, non può essere considerato in sé come una caratteristica specifica del nostro tempo, ma piuttosto come una generica relazione tra medicina ufficiale e medicina «altra» che si è storicamente riprodotta in forme diverse nel corso dell’evoluzione della scienza medica [Colombo e Rebughini  2003: 74-75].

La ormai vasta letteratura di riferimento indica l’esistenza di almeno tre differenti definizioni convenzionalmente riconosciute sia a livello nazionale sia a livello internazionale.

La prima è quella di “Complementary and Alternative Medicine” (CAM), utilizzata per la prima volta nel 1997 durante la Conferenza dell’Office of Alternative Medicine statunitense2 e che indica:

La Medicina Complementare e Alternativa (CAM) costituisce un esteso ambito di risorse per la guarigione che abbraccia tutti i sistemi sanitari, le modalità e le pratiche e le teorie e le credenze ad esse relative, considerati altri rispetto a quelli intrinseci al sistema sanitario politicamente dominante in una particolare società o cultura in un dato periodo storico [O’Connor 1997: 50].  

Secondo Giarelli, che riporta e commenta tale definizione [2007: 14], in realtà essa non è completamente adeguata a rappresentare compiutamente l’universo delle MNC per almeno due ragioni principali: da un lato, parlando di sistemi “altri” sembra fare riferimento prevalentemente a quei modelli e quelle pratiche che si pongono in alternativa al paradigma dominante all’interno di una determinata cultura e società, tralasciando in realtà le caratteristiche di complementarietà che, di fatto, spesso assumono; dall’altro, la definizione “Medicina Complementare e Alternativa”, sottolineando il carattere singolare della definizione stessa, racchiude un indistinto insieme di pratiche e discipline il cui unico tratto distintivo sembra essere semplicemente l’esclusione dall’ambito della medicina allopatica.

La seconda definizione è quella di “Medicina Tradizionale” utilizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità:

La Medicina Tradizionale ha una lunga storia. Rappresenta la somma totale del sapere, delle abilità e delle pratiche basate su teorie, credenze ed esperienze indigene alle differenti culture, sia esplicabili che non, utilizzate per il mantenimento della salute come pure per la prevenzione, la diagnosi, il miglioramento o il trattamento delle malattie fisiche o mentali [WHO 2000: 4].

Il problema relativo a questa seconda definizione, ci suggerisce sempre Giarelli, nonostante essa possa essere facilmente adattata alla maggior parte delle medicine “altre” non occidentali, in realtà la sua applicazione risulta alquanto ambigua nel contesto occidentale, dove tra le pratiche “indigene” potrebbe essere inclusa anche la stessa biomedicina [Giarelli 2007: 15].

La terza definizione è quella di “Medicine Non Convenzionali” (MNC) che ormai viene prevalentemente usata nel contesto europeo. Come afferma lo stesso Autore, questa definizione è preferibile alle altre utilizzate perché: è quella che appare meno carica di valenze ideologiche sia positive che negative e, quindi, più scientificamente neutrale; ha il pregio di ricordare, per converso, il carattere convenzionale della ortodossia medica ufficiale e del suo processo storico di legittimazione; definisce in modo dinamico e relativo una serie di medicine la cui identità non può che essere indicata in maniera negativa rispetto alla medicina convenzionale. Si tratta infatti di medicine al momento escluse dall’organizzazione formale dei servizi sanitari e dall’insegnamento delle facoltà di Medicina e, in questo senso, il “non convenzionale” è sinonimo di “non ortodosso” e di “altre” rispetto all’identità della biomedicina [ibidem].

Oltre alle difficoltà descritte nel ricercare una definizione universalmente accettata e valida per indicare il variegato mondo delle MNC, non meno arduo appare il compito di tentare una qualsiasi categorizzazione di tutte le discipline e pratiche che appartengono a questo universo polimorfo. Individuare delle categorie non significa necessariamente voler a tutti i costi sistemare e inquadrare tutte queste diverse pratiche in un rigido schematismo fatto di confini netti ed invalicabili, quanto piuttosto un tentativo di fare un po’ d’ordine nella varietà e molteplicità della realtà delle MNC con l’obiettivo di analizzarne in maniera articolata e sistematica le principali caratteristiche, gli elementi che ne influenzano la domanda e l’offerta, la loro posizione rispetto al paradigma biomedico, il posto occupato all’interno della società.

Pienamente consapevoli dunque, dei rischi e dei limiti connessi a qualsiasi proposta di individuazione di tipi, categorie o classi di appartenenza, convinti del fatto che comunque qualsiasi tentativo di sintesi classificatoria è una mera riduzione di complessità del reale, che in quanto tale rifugge da ogni tipo di standardizzazione, di etichetta, ciò non ci esime dalla possibilità di tentare almeno una lettura, se non esaustiva almeno adeguata, della realtà che ci circonda.

Il National Center for Complementary and Alternative Medicine (NCCAM) definisce quelle che chiama Complementary and Alternative Medicine (CAM) come

un insieme di differenti sistemi medici e di cura, di pratiche e prodotti che attualmente non sono considerati parte della medicina convenzionale. La medicina convenzionale è la medicina così come viene praticata da chi possiede il titolo di M.D. (dottore in medicina) o di D.O. (dottore di osteopatia) e dagli altri professionisti della salute che collaborano con loro, come ad esempio terapisti fisici, psicologi ed infermieri registrati [il riferimento            è ovviamente agli USA, NdA].

Alcuni professionisti praticano sia le CAM sia la medicina convenzionale. Mentre esistono alcune evidenze scientifiche riguardanti alcune terapie di CAM, per la maggior parte di loro restano interrogativi per i quali non è ancora stata trovata una risposta attraverso studi scientifici di rilievo, interrogativi che riguardano il grado di sicurezza di queste terapie e la loro possibilità di intervenire positivamente sulle malattie o sulle condizioni mediche per le quali sono utilizzate [NCCAM          2007].

 

E propone una distinzione tra cinque categorie di CAM (Complementary and Alternative Medicine) [ibidem]:

– i sistemi di medicina alternativa (Whole Medical Systems): si tratta di sistemi completi di teorie e pratiche che si sono sviluppate in maniera del tutto indipendente oppure parallela alla medicina allopatica convenzionale. In molti casi si tratta di sistemi tradizionali di medicina che vengono praticati da specifiche culture nel mondo. Tra i maggiori sistemi medici orientali troviamo la Medicina Tradizionale Cinese (MTC) e la Medicina Ayurvedica indiana3. Tra quelli occidentali troviamo invece l’Omeopatia4 e la Naturopatia5;

– la medicina mente-corpo (Mind-Body Medicine): è quella disciplina che si concentra sulle interazioni esistenti tra cervello, mente, corpo e comportamento ed anche sugli effetti attraverso i quali i fattori emotivi, mentali, sociali, spirituali e comportamentali possono esercitare un’influenza diretta sullo stato di salute/malattia. Questo tipo di approccio tende a rispettare e sviluppare le capacità di conoscenza di sé e di autocura di ciascun individuo attraverso l’utilizzo di tecniche di rilassamento, l’ipnosi, il biofeedback, il tai chi, il qi gong, lo yoga e la meditazione, per citarne alcuni;

– le pratiche a base biologica (Biologically Based Practices): che comprendono una serie eterogenea di pratiche, interventi e prodotti come diete speciali, fitoterapia, terapie ortomolecolari (concentrati chimici di vitamine, magnesio e melatonina, ad esempio) e biologiche (come la cartilagine di squalo ed il polline d’api);

– le pratiche manipolative e basate sul corpo (Manipulative and Body-Based Practices): si tratta di un insieme composito ed eterogeneo di pratiche e terapie che comprendono Chiropratica6 e Osteopatia7, il massaggio terapeutico, Tui Na, la Riflessologia, il Rolfing, il Metodo Feldenkrais, la Tecnica di Alexander ed altri, che hanno come comune denominatore l’attenzione alle strutture ed ai sistemi del corpo umano, incluse ossa ed articolazioni, i tessuti molli ed i sistemi circolatorio e linfatico.

– le terapie energetiche (Energy Medicine): che comprendono pratiche che pongono al centro dell’attenzione i campi energetici, che sono essenzialmente di due tipi. Da un lato i campi energetici che possono essere misurati e «che utilizzano vibrazioni meccaniche (come ad esempio il suono) e forze elettromagnetiche, incluse la luce visibile, il magnetismo, la radiazione monocromatica (come ad esempio i fasci laser) e raggi provenienti da altre parti dello spettro elettromagnetico. Esse comprendono l’uso di specifiche e misurabili lunghezze d’onda e frequenze per trattare i pazienti.» [ibidem]. Dall’altro i cosiddetti “biocampi”, che si fondano sull’idea che gli essere umani siano costituiti anche di una sottile forma di energia, che assume nomi diversi a seconda della cultura di riferimento: è il qi della MTC, il ki giapponese, i doshas della Medicina Ayurvedica, mana, prana, risonanza omeopatica, solo per citare alcuni esempi. Gli operatori di queste discipline affermano l’esistenza di tale forza vitale che attraverserebbe il corpo di ogni essere umano, anche se non è mai stato possibile misurarla attraverso i normali strumenti a disposizione dei ricercatori.

Dato che questa classificazione è nata e viene utilizzata negli USA con uno scopo specifico, vale a dire quello di assegnazione dei fondi che il NCCAM stanzia per la ricerca scientifica e la sperimentazione delle diverse MNC, risulta di scarsa utilità per una lettura articolata dell’insieme delle caratteristiche delle differenti MNC.

Un altro tentativo di classificazione è quello adottato dalla House of Lords britannica che, muovendo da una logica fondata sul grado di standardizzazione e di istituzionalizzazione professionale di ciascuna disciplina considerata, propone una tripartizione a partire dalla quale imposta poi le sue raccomandazioni relative all’uso/domanda di tali discipline e delle pratiche ad esse correlate (Fig.1).

Il primo gruppo così individuato riguarda le terapie alternative organizzate professionalmente, in quanto già professionalizzate (Chiropratica e Osteopatia) oppure in fase di prossima professionalizzazione (Agopuntura, Fitoterapia e Omeopatia). Il secondo gruppo comprende le terapie complementari, vale a dire un insieme composito e variegato che va dalla Tecnica di Alexander, ai Fiori di Bach, allo Shiatsu per arrivare fino allo Yoga, passando attraverso altre pratiche più o meno distanti tra loro e per le quali la Camera dei Lords si limita a raccomandare il rispetto per standard minimi di qualità, come del resto per qualsiasi altra attività medica.

Infine il gruppo delle cosiddette discipline alternative, che è a sua volta suddiviso in due sottogruppi: da un lato, troviamo i “sistemi di assistenza sanitaria di antica tradizione” (Medicina Antroposofica, Medicina Ayurvedica, Medicina erboristica cinese, Medicina orientale Tibb, Naturopatia e Medicina Tradizionale Cinese); dall’altro, le “altre discipline alternative” (Cristalloterapia, Iridologia, Kinesiologia, Radionica). Le discipline e le pratiche appartenenti a questi due sottogruppi sono quelle considerate più “lontane” rispetto alla biomedicina, maggiormente caratterizzate dall’alterità rispetto al paradigma scientifico dominante e per le quali la Camera dei Lords chiede comunque la introduzione di forme di autoregolamentazione professionale.

Anche questa seconda classificazione, però, non sembra apportare un aiuto significativo per un’analisi approfondita delle differenti caratteristiche delle MNC. Così come del resto anche la definizione utilizzata dalla Cochrane Collaboration:

[…] con il termine di CAM si intende un ampio campo di risorse per la salute che abbraccia tutti i sistemi, le modalità e pratiche sanitarie e le loro teorie di supporto e credenze, che siano distinte da quelle che costituiscono il sistema sanitario politicamente dominante in una particolare società o cultura in un determinato periodo storico.

 

 

 

Fig.. 1 – La classificazione delle medicine complementari e alternative proposta dalla House of  L

Gruppo 1:

Terapie alternative

organizzate

professionalmente

 

 

Agopuntura

Chiropratica

Fitoterapia

Omeopatia

Osteopatia

 

Gruppo 2:

Terapie complementari

 

 

 

 

Tecnica di Alexander

Aromaterapia

Fiori di Bach

Massaggi e altre terapie del corpo

Terapia dello stress con counselling

Ipnositerapia

Meditazione

Riflessologia

Shiatsu

Guarigione

Medicina Ayurvedica Maharishi

Medicina Nutrizionale

Yoga

 

Gruppo 3: Discipline alternative

 

 

 

 

3a: Sistemi di assistenza sanitaria di antica tradizione

Medicina antroposofica

Medicina ayurvedica

Medicina erboristica cinese

Medicina orientale (Tibb)

Naturopatia

Medicina tradizionale cinese

 

3b: Altre discipline alternative

Cristalloterapia

Iridologia

Kinesiologia

Radionica

 

 

 

   
   
Gruppo 3: Discipline alternative

 

 

 

 

3a: Sistemi di assistenza sanitaria di antica tradizione

Medicina antroposofica

Medicina ayurvedica

Medicina erboristica cinese

Medicina orientale (Tibb)

Naturopatia

Medicina tradizionale cinese

 

3b: Altre discipline alternative

Cristalloterapia

Iridologia

Kinesiologia

Radionica

 

 

Fonte: House of Lords Select Committee on Science and Technology 2000, in Giarelli [2005: 32]

 

Dopo aver passato in rassegna le classificazioni utilizzate al livello internazionale, consideriamo un più utile tentativo in questo senso effettuato da Colombo e Rebughini in occasione di una recente indagine sulla diffusione delle MNC in Italia [2003]. I due Autori utilizzano due criteri principali di distinzione del complesso mondo delle MNC: il primo è quello dell’origine culturale ed il secondo è quello delle caratteristiche empiriche della terapia. A partire dal primo principio, essi fanno una distinzione tra il “paradigma orientale” (Medicina Tradizionale Cinese – MTC – Medicina Ayurvedica, Medicina Tibetana) e la “medicina occidentale non allopatica” (Erboristeria, Fitoterapia, Omeopatia).

In base al secondo principio, distinguono tra:

– le “pratiche mediche magico-carismatiche” (che comprendono le attività svolte da sciamani, guaritori, pranoterapeuti, guide spirituali,…): si tratta di tutte quelle attività che, pur se con origini e peculiarità differenti, condividono l’interesse e l’attenzione per il soprannaturale, la presenza e l’uso di forze ed energie di cui comunque non si riesce a dare una spiegazione;

– il “Bodywork”, che include le pratiche manipolatorie e di lavoro sul corpo (Chiropratica, Osteopatia, Rolfing, Tecniche cranio-sacrali, Shiatsu) e le tecniche di lavoro autonomo sul corpo (ginnastiche psicosomatiche, Metodo Feldenkrais, Yoga, Bioenergetica, Tai Chi). Si tratta di un insieme di pratiche corporee, che si rifanno ad antiche tradizioni orientali, cinesi o indiane, oppure ad “invenzioni” occidentali più recenti e che sono accomunate da un’attiva e consapevole partecipazione o azione individuale ed autonoma del paziente in cui l’attenzione è posta principalmente sulla consapevolezza del proprio corpo:

La guarigione viene ottenuta attraverso un’azione e un lavoro fisico sul corpo,attuato in prima persona o con l’aiuto di un terapeuta a cui è richiesta una specifica abilità manuale [ivi: 102].

– le “terapie al confine tra cura del corpo e cura della mente” (Aromaterapia, Cromoterapia, Fiori di Bach e Musicoterapia, tutte pratiche con una forte componente psicologica).

I due Autori aggiungono inoltre una ulteriore categoria che riguarda quelli che vengono considerati come tentativi di sintesi culturale e terapeutica (Antroposofia8, Naturopatia e Psicosomatica).

Secondo quanto argomentato da Giarelli [2005 e 2007], per dare conto di tutte le complesse ed articolate relazioni di interconnessione esistenti all’interno del variegato mondo delle MNC, bisognerebbe andare oltre la semplice e semplicistica dicotomia, di matrice etnocentrica, tra convenzionale e non convenzionale ed uscire quindi dagli angusti confini classificatori tra ciò che è e ciò che non è biomedicina.

 

 

1. Diffusione delle MNC: un’analisi epidemiologca

La situazione statunitense

Negli Stati Uniti, come riportato anche nel documento dell’Institute for Alternative Futures del 1998 “gli approcci complementari ed alternativi alla salute e alla medicina sono tra gli aspetti in più rapida crescita nell’assistenza sanitaria degli Stati Uniti”. Uno studio condotto nel 1990 da ricercatori dell’Università di Harvard e realizzato attraverso intervisite telefoniche, ha messo in luce come oltre un terzo degli americani (33.8%) avesse utilizzato almeno un tipo di terapie  non convenzionali nel corso dell’anno precedente (Eisenberg et al., 1998) mentre un secondo studio realizzato dagli stessi autori consistente in un follow up rispetto al primo, riportava dati di prevalenza ancora superiori 42.1% della popolazione (Eisenberg et al., 1998). Tali studi sono stati molto criticati nel mondo medico: infatti manca una definizione univoca di medicine non convenzionali, e questo produrrebbe una sovrastima del campione. (Gorski, 2002).

Le due survey cui si fa riferimento presentano anche dei limiti relativi alla composizione del campione rappresentato perchè: vi è una netta maggioranza di popolazione di razza bianca rispetto alle minoranze afroamericana, ispanica e asiatica, dovuti sia a problemi linguistici che alla mancanza di telefono. Inoltre possono essere stati causa di bias sia l’incentivo economico elargito ai rispondenti sia l’aver incentrato l’intervista sul solo ricordo del ricorso alla MnC.

Al di là delle critiche metodologiche, dallo studio emerge un quadro dell’utente delle MnC, caratterizzato da queste caratteristiche: sesso femminile, età adulta, livello di istruzione medio alto, reddito elevato, residente per lo più negli Stati occidentali del continente.

Un’altra survey condotta successivamente e realizzata dallo Stadford Centre for Research in Disease Prevention sembra confermare questo profilo (Astin, 1998), sottolineando in particolare il livello di istruzione. Questo influenza l’informazione delle persone sulle proprie malattie e sui possibili trattamenti, rendendo più disponibili a forme di assistenza non tradizionali, ponendo più facilmente in discussione l’autorità dell’operatore tradizionale, possedendo maggiori disponibilità economiche che consentano di utilizzare forme di trattamento come quelle non convenzionali (Austin, 2000).

Dagli studi emerge inoltre che tra le MnC le più diffuse sono: la chiropratica (15.7%), le diete-stile di vita (8%), gli esercizi fisici (7.2%) e il rilassamento (6.9%). Tra le patologie quelle per le quali si fa maggiore ricorso alle MnC sono il dolore cronico, (37%) l’ansietà e la sindrome da affaticamento cronico (31%), gli strappi muscolari (26%), le artriti (25%), i problemi di assuefazioni (25%) e le emicranie (24%). Il dato che emerge dall’analisi comparata di queste due ultime categorie è che manca una corrispondenza univoca tra patologia e tipo di trattamento utilizzato. Comunque, analizzando le patologie più rappresentate si può osservare come vi sia una prevalenza di forme cronico degenerative con una forte componente psicosomatica.

Il confronto tra queste due indagini mette in evidenza come sia stata, nell’ambito dell’evoluzione temporale osservata (1990 – 1997), un significativo aumento del ricorso alle MnC per patologie quali: le allergie (dall’8.7% al 16.6%), le artriti (dal 17.5% al 26.7%), i problemi digestivi (dal 13.2% al 27.3%) e soprattutto il mal di schiena (dal 35.9% al 47.6%). Si può osservare inoltre un trend in netto aumento in quest’ultimo settennio sia per quanto riguarda la percentuale di popolazione che ha fatto ricorso alle MnC (dal 22.9% al 33.7%) sia per quanto riguarda i diversi tipi di MnC utilizzate: in totale tale incremento va dal 33.8% al 42.1%, mentre per singola terapia si può osservare un incremento per la fitoterapia (dal 2.5% al 12.1%) la massoterapia, (dal 6.9% al 11.1%), le megavitamine (dal 2.4% al 5.5%) i rimedi popolari (dallo 0.2% al 4.2%).

 

La situazione europea

Per quanto riguarda l’Europa, una survey condotta nel Regno Unito rivela un tasso di prevalenza di utilizzo del 33% tra la popolazione (Thomas et al., 1993 e 1995). Tra le MnC le più utilizzate risultano agopuntura, chiropratica, osteopatia, fitoterapia e omeopatia, mentre il profilo di utente medio prevede una donna di età compresa tra i 35 e 60 anni, status socio economico elevato, con tassi maggiori di prevalenza in Galles, Scozia, e Inghilterra settentrionale.

Nel resto d’Europa i tassi d’incidenza oscillano tra un quinto e quasi la metà della popolazione adulta (Lewith et al., 1999). La Francia e la Germania risultano i paesi con più alto tasso di utilizzo di MnC (rispettivamente 49% e 46%). Per gli altri paesi si ricordano: il Belgio (31%), la Svezia (25%), la Danimarca (23.2%), Olanda (20%) (Fisher et al., 1994).

 

La situazione italiana

Secondo l’indagine multiscopo presentata dall’ISTAT nel 2001 il ricorso alle MnC presenta una forte crescita. Dal 1991 al 1997 il numero di persone che si sono affidate almeno una volta a una di queste terapie è raddoppiato nonostante l’Italia si collochi tra i paesi a minore utilizzo di tali procedure rispetto al resto d’Europa.

Anche in Italia sono soprattutto le donne (18.2%) rispetto agli uomini (12.9%). Per quanto riguarda le differenze di genere relativamente all’uso dei singoli rimedi considerati, si riscontra una netta differenza per l’Omeopatia, utilizzata dal 10,1% delle donne rispetto al 6,1% degli uomini e per la Fitoterapia, con il 5,9% delle donne ed il 3,7% degli uomini. Per l’Agopuntura e per i trattamenti manuali invece le percentuali d’uso risultano rispettivamente pari al 3,3% delle donne contro il 2,3% degli uomini e pari al 7,7% delle donne contro il 6,3% degli uomini [ISTAT 2003: 35].

La classe d’età più rappresentata va da 35-44 anni (22.1%); seguono i 45-54enni, mentre la percentuale di utilizzatori di MNC tende a calare tra le fasce d’età anziane (con il 12% degli ultra sessantacinquenni), fatta eccezione per l’Agopuntura, che fa registrare un positivo utilizzo anche da parte degli ultra sessantacinquenni (3,3%) [ISTAT 2003].

Per quanto riguarda i bambini ed i ragazzi fino a 14 anni d’età, il 9,1% è stato sottoposto a trattamenti e terapie di tipo non convenzionale nei tre anni che hanno preceduto l’intervista. Il tipo di trattamento più utilizzato per questa fascia d’età risulta essere l’Omeopatia (7,6%). Pare inoltre che la maggior parte dei bambini sottoposti a cure omeopatiche appartenga alla classe d’età dai 3 ai 5 anni con una percentuale pari al 9,6%; mentre la percentuale d’uso tende a calare nella fascia d’età tra i 6 e i 10 anni (8,8%) ed in maniera significativa in quella 11-14 anni (5,7%).

L’indagine dimostra inoltre che vi è un maggior avvicinamento a queste pratiche da parte dei laureati (24.1%).

Anche il reddito, quando considerato, risulta correlato alla tendenza all’uso di MNC: all’aumentare del primo aumenta infatti anche il ricorso a terapie non convenzionali [Giarelli 2007: 63]: Considerati congiuntamente, i due fattori relativi al livello d’istruzione e di reddito sembrano dunque inequivocabilmente indicare una prevalenza di utilizzo delle MNC tra le classi sociali medio-alte, grazie sia ai più elevati livelli di istruzione che di reddito, che consentono loro di poter fruire di maggiori opportunità di accesso a queste opzioni terapeutiche alternative [ibidem].

Valutando invece la distribuzione geografica si può osservare come la maggior parte di coloro che usufruiscono di tali pratiche vivano nel Nord Est (24.11%) e nel Nord Ovest (20.71%) dell’Italia. Dall’analisi comparata dei tassi di prevalenza relativi all’utilizzo delle MNC in Italia si può affermare che tale pratica risulta ubiquitariamente diffusa con tassi che variano dal 15 al 40%.

Dalla rielaborazione dei dati del censimento nazionale pubblicato dalla Regione Toscana, si può analizzare l’offerta pubblica di MNC all’interno del SSN: in cinque regioni (Trentino Alto-Adige, Marche, Molise, Basilicata, Sardegna) non esiste alcun centro pubblico; nelle regioni del centro-nord, l’offerta appare più concentrata rispetto al sud. In particolare, nel centro-nord, l’offerta è concentrata in quattro regioni: Toscana, Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna.

Tra le MNC erogate risulta sempre presente la MTC, insieme alla sua pratica elettiva rappresentata dall’agopuntura; seguono l’Omeopatia e l’Omotossicologia.

Anche in Italia il profilo di utente che emerge dall’analisi dei dati è quello di una donna adulta con livelli di istruzione e reddito medio – alti.

 

L’atteggiamento dei medici rispetto alle MNC

In base alla delibera di Terni (FNOMCeO 2002) in Italia alcune pratiche di MNC possono essere esercitate soltanto da medici essendo state definite ad ogni titolo “atto medico”.

Sono stati condotti studi per valutare la posizione dei medici nei confronti delle MnC. Il Centro di collaborazione con l’OMS per le medicine tradizionali dell’Università degli Studi di Milano nel 1999 ha svolto uno studio con lo scopo di valutare la diffusione delle MnC e la tipologia dei medici utilizzatori di questa, sottoponendo un questionario a 2000 medici. Il questionario era costituito da una parte generale e da altre tre parti destinate ad omeopati, agopuntori e fitoterapeuti con domande specifiche sulle tendenze dei professionisti nel momento della diagnosi e della prescrizione. Al questionario hanno risposto 737 operatori. Il 53% dei rispondenti erano in possesso di una specializzazione (12% in pediatria, 6% in medicina interna, 5% in anestesia e rianimazione, 4% in ortopedia e medicina dello sport, 26% altre). Il 54% apparteneva ad una fascia di età compresa tra i 41 e i 50 anni, il 38% aveva tra i 30 e i 40 anni. Il 57% risiedeva nel Nord e svolgeva attività professionale propria in centri medi e piccoli (47%). La maggior parte esercitava l’omeopatia (81%), il 45.5% l’agopuntura e il 43% la fitoterapia (Solimene, 1999).

Nel 2001 l’Ordine dei medici di Parma ha realizzato un’indagine mirante a valutare opinioni e comportamenti circa le MnC. E’ stato inviato a tutti gli iscritti all’ordine un questionario cui ha risposto il 66% della popolazione. L’analisi dei dati ha messo in luce che oltre la metà dei medici intervistati  (soprattutto tra le donne) attribuisce una certa utilità alle MnC e circa l’8% la pratica direttamente (Cocconi, 2006).

In Toscana, il punto di vista dei medici è stato studiato dall’Agenzia Sanitaria regionale in collaborazione con la commissione regionale MnC. All’indagine hanno risposto 1801 medici di cui 1484 medici di medicina generale (MMG) e 317 pediatri. Dai risultati dello studio è possibile affermare che, in questa regione, esiste una prudente ma concreta apertura verso le MnC tra i medici e i pediatri di famiglia. L’opinione prevalente è che le MnC rappresentino un complemento alla medicina convenzionale ma non una possibile alternativa ad essa e l’atteggiamento generale più diffuso nei confronti di queste terapie è correlato al tipo e alla gravità della patologia da trattare. Vi è da parte di questi medici un chiaro desiderio di approfondire le conoscenze in questo campo e la maggior parte di essi si dichiara favorevole all’insegnamento di MnC nel corso di laurea in medicina e chirurgia. La maggior parte dei MMG (58%) ed una parte consistente dei pediatri (42%) consigliano ai propri pazienti l’uso delle MnC, mentre il 15% ed il 19%, rispettivamente, la praticano. L’interesse rivolto alle MnC da parte dei MMG e pediatri di famiglia è avvalorato dal fatto che essi ne fanno uso personale, in qualità di pazienti, superiore a quello della popolazione generale Toscana (24% dei MMG e 34% dei pediatri rispetto al 20% della popolazione).

 

La formazione

Le modalità didattiche offerte dal panorama italiano prevedono corsi, nell’ambito della formazione universitaria, per studenti in Medicina e Chirurgia; corsi di perfezionamento post-laurea che garantiscono al professionista una più approfondita competenza relativamente ad una specifica disciplina di MNC; master universitari, che rappresentano la più elevata forma di didattica professionalizzante fornita dalle università italiane, escludendo le specializzazioni.

Tra le esperienze attualmente in corso, l’Università degli studi di Firenze, con il sostegno della Regione Toscana ha attivato, nel gennaio 2006, un Master in Agopuntura e Medicina Tradizionale Cinese, in collaborazione con la Beijing University of Chinese Medicine di Pechino. Il Master, a carattere formativo e informativo, si avvale della collaborazione didattica di docenti universitari italiani e cinesi, di esperti medici agopuntori e fitoterapeuti appartenenti ad organizzazioni e scuole facenti capo alla FISA. L’aspetto peculiare del Master è l’integrazione tra la didattica occidentale evidence-based e la pratica tradizionale della disciplina presentata da docenti cinesi.

Questo tipo di approccio didattico consente di portare contenuti e pratiche di medicine tradizionali, quali la MTC, all’interno delle nostre strutture universitarie sollecitando l’interesse dei partecipanti attraverso il filtro della ricerca evidence-based, favorendo così l’avvicinamento ai fondamenti teorici di queste discipline che altrimenti potrebbero apparire bizzarri se non addirittura infondati.

 

Questo stesso articolo comprensivo di note e bibliografia (che in questa versione abbiamo dovuto eliminare per questioni di spazio) può essere scaricato all’interno della rubrica medicine complementari del sito di Olos e Logos www.oloselogos.it