La medicina cinese: una medicina dell’energia e dell’interrelazione – prima parte

Grazia Lesi*

La premessa, lavorare insieme per ottenere saggezza e salute

Nei Jing (V-III sec. a.C) – Libro secondo

Il grande trattato delle interazioni di Yin e Yang

L’imperatore giallo chiese: “si può fare qualcosa per mescolare ed equilibrare questi due principi della natura? “(Yin-Yang)

Ch’Po rispose: “Se si possiede l’ abilità di conoscere le sette ingiurie e gli otto vantaggi, i due principi possono essere armonizzati. Ma se non si sa come utilizzare questo sapere il corso della vita verrà limitato da precoce decadenza.

È però detto che coloro che posseggono la vera saggezza restano forti mentre coloro che non hanno saggezza e sapere invecchiano ed indeboliscono.

Quindi gli uomini dovrebbero dividersi questa saggezza e sapere e i loro nomi diventeranno famosi. Coloro che sono saggi indagano e ricercano insieme, mentre coloro che sono ignoranti non si sforzano abbastanza nella ricerca della Retta Via, coloro che sono saggi ricercano al di là dei limiti naturali.

Coloro che ricercano al di là dei limiti naturali manterranno un buon udito ed una visione chiara, i loro corpi resteranno leggeri e forti e sebbene invecchino resteranno forti e fiorenti; e coloro che sono forti possono governare con grandi vantaggi.”

 

Introduzione

Questo lavoro nasce da una domanda, che ha il valore di una sfida: è possibile trovare una mediazione tra la medicina basata sull’evidenza e la medicina centrata sulla persona?Accettare questa sfida significa avviare un percorso di medicina integrata, che pur tenendo conto delle evidenze scientifiche, non dimentichi l’obiettivo centrale: la cura e la presa in carico della salute delle persone. È oggi, più che mai, necessario trovare una mediazione tra l’evoluzione delle conoscenze scientifiche della medicina occidentale e la necessità di presa in carico globale della persona, che si fa più evidente per la presenza sul nostro territorio di popolazioni migranti con bisogni complessi, che portano con sé saperi di salute con pari dignità rispetto a quelli dell’occidente. La convivenza dell’antico con il nuovo, come ad esempio avviene all’Ospedale Civile di Shanghai o all’Università di Canton, spinge a riconoscere, nella prassi clinica quotidiana, e nella conoscenza degli effetti di alcune antichissime prassi terapeutiche, alcune opportunità di cura sperimentalmente verificabili. La medicina cinese, come altre medicine orientali, sostiene, che la risposta al “perché” della vita deve essere ricercata in un’energia cosmica, ipotesi che sembra trovare conferma nello studio dei processi biochimici e molecolari che stanno alla base del funzionamento dell’organismo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal canto suo, ha promosso e promuove lo sviluppo delle medicine tradizionali, che nate dalle conoscenze dei singoli popoli, rappresentano una integrazione a basso costo, dei sistemi medici occidentali. (indicazioni OMS, Alma Ata 1978 e “Salute per tutti entro il 2000”).

La medicina cinese: le origini

La medicina cinese ha origini storiche antichissime che potrebbero risalire a più di 3.000 anni fa in un paese fatto di sterminate pianure, grandi fiumi, che si estende per 9 milioni di chilometri quadrati (quasi il doppio dell’antico impero romano all’epoca della sua massima estensione). In realtà non è mai esistito “un popolo cinese” ma tanti popoli unificati da una lingua e da una cultura in larghissima misura omogenea. Il percorso storico verso questa cultura fu una transizione dai principati feudali (ognuno dei quali si estendeva comunque in uno spazio pari a quello occupato da una grande regione europea) ad uno stato centrale che con il suo potere assicurava la possibilità delle comunicazioni, il regolare il corso dei fiumi, la possibilità di soccorrere le popolazioni nelle calamità naturali, di assicurare l’afflusso delle materie prime indispensabili, di favorire le attività artigianali, di controllare la criminalità organizzata che tendeva alla frammentazione feudale. Nel III secolo a.C. il fondatore della dinastia Chin (221-207 a.C. ), l’imperatore Chin Shih Huang Ti pose fine al periodo dei Regni o Stati Combattenti. Questo evento, portò alla creazione di un gigantesco stato, il Chung Kuo (Stato di Centro), con a capo l’Imperatore che governava con l’ausilio di un’imponente massa di burocrati civili e militari. All’Imperatore si debbono due innovazioni di immensa portata:, la costruzione della Grande Muraglia pensata per salvaguardare la Cina dalle invasioni dei Tartari e in generale dei cosiddetti “popoli d’Occidente” (Hsi nung), l’uniformazione della lingua scritta, che permise la creazione di un linguaggio fatto di termini dal significato comune. Questi due eventi tendevano a favorire l’integrazione delle varie popolazioni che vivevano in uno spazio gigantesco, ma unitario e compatto, quello della Terra sotto il Cielo.

 

Gli archetipi, Cielo, Terra, Tao, Yin, Yang, Ch’i

La MTC, si fonda sulla Filosofia Taoista e si basa su una visione dell’essere umano come sistema complesso, che intende il benessere come il risultato dell’equilibrio psicologico, energetico, fisiologico e spirituale. Qualunque sintomo fisico o psichico non è il simbolo di un’affezione localizzata, ma rappresenta il sintomo di uno squilibrio totalitario dell’organismo, e del suo ambiente di vita ecco perché non è improprio descrivere gli archetipi su cui essa è nata, alcuni comuni ad altre culture altri specifici della Cina..

Il Cielo (Ch’ien) e la Terra (K’un), che rappresentano rispettivamente il solare, il risplendente, il maschile, il fecondante e il buio, il femminile, ciò che è fecondato, sono vicini agli archetipi riscontrabili in altre culture. Il Tao è ciò da cui tutto ha origine, il “cominciamento” per definizione ed essenza, secondo un antico testo taoista, il Tao, “emettendo il ch’i (l’alito, il soffio), disponendo le trasformazioni, producendo nel vuoto, non agendo, è principio e fondamento del Cielo e della Terra. Il Cielo e la Terra hanno forma e rango, lo Yin e lo Yang hanno mollezza e durezza: di qui il loro aver nome. La madre delle diecimila creature è il Cielo e la Terra che, racchiudendo il ch’i, danno vita alle creature, le fanno crescere e maturare, come la madre nutre il figlio”. Il Tao è prima di ogni altra cosa, il vuoto, l’assenza di movimento e nello stessi tempo la potenzialità per tutte le cose. Una sorta di motore immobile, mette in moto e produce, Cielo e Terra che danno vita e nome a tutte le cose dell’universo, secondo il principio maschile Yang e femminile o Yin. Per descrivere il Tao, si può usare la seguente analogia: immagina una persona che cammina su una strada, portando sulle spalle un fusto di bambù. Alle due estremità del bambù, sono appesi due secchi. I due secchi rappresentano lo yin e lo yang. Il bambù rappresenta il Tai Chi, l’entità che separa lo yin dallo yang. La strada è il Tao.

 

Taoismo

La conoscenza del taoismo in Occidente risale agli ultimi duecento anni, quando per effetto della penetrazione europea, in Cina, si iniziò lo studio dei classici e della religione e della filosofia cinese. Bisogna dire però, che in precedenza, già nel XVI secolo un grande dotto, il gesuita italiano Matteo Ricci (1552- 1610), conosciuto dalla tradizione cinese con il nome di Li Ma Tou, esplorò il pensiero dei testi classici cinesi. Il Tao non è un atteggiamento mistico, è semplice e complesso insieme, è riconoscere che prima del soffio vitale, del Cielo, della Terra, della “madre delle diecimila creature” non c’è nulla, né la materia, né il movimento. Il Tao non è altro che, il principio per definizione è l’essenza è potenzialità pura Potremmo, eventualmente, trovare un’analogia, tra il Tao e il big bang della cosmologia contemporanea. La contemplazione di questo assoluto è volta a una piena disponibilità nei confronti della natura e alla conoscenza disinteressata di essa, alla sua osservazione alla acquisizione delle forze e potenzialità che da questa conoscenza e osservazione degli elementi naturali derivano. Questa disponibilità è analoga a quella che Aristotele avrebbe chiamato virtù dianetica, che è affine alla passione scientifica, all’attenzione alle costanti della condizione umana, che educa alla tolleranza, alla pazienza, all’amore per l’eguaglianza, alla solidarietà. Atteggiamento verso il mondo e le persone che, tra l’altro, spiega perché i taoisti siano stati i veri creatori della scienza cinese. Da i loro studi e dalle loro osservazioni quotidiane e puntuali deriva un patrimonio di scoperte (soprattutto studi astronomici e alchemici) e di invenzioni (la bussola, la carta,la fabbricazione della polvere da sparo, la prima tecnica di vaccinazione antivaiolosa).

Il Taoismo fu comunque vissuto come una fede e i maestri taoisti furono i sacerdoti di un credo che, nei secoli fu al tempo stesso religione e “filosofia”, anche se ogni definizione data secondo le nostre categorie è impropria. Si potrebbe definire il taoismo una raffinata esplorazione e applicazione pratica del sacro che tende all’acquisizione di particolari poteri o capacità di mantenersi in buona salute. Quando parliamo di Medicina Tradizionale Cinese ci troviamo,quindi, di fronte ad un corpus di conoscenze sulla salute, nato in una straordinaria civiltà del sapere che non sarebbe mai esistita se il Tao fosse stata una mistica e non l’adozione di una via o metodo, insieme conoscitivo e di condotta. Queste conoscenze di salute, facevano capo ad una visione del corpo umano articolato in tre sezioni: superiore (testa), mediana (petto), inferiore (ventre); in 5 organi (tsang), ossia polmoni, cuore, milza, fegato e reni; in cinque visceri (fu): stomaco, cistifellea, vescica, intestino tenue e intestino crasso. Ogni insieme organo-viscere è legato con uno dei cinque elementi originari (ti): metallo, fuoco, terra, acqua, legno. I ti sono inoltre, emblemi dei segni cardinali: legno (Est), fuoco (Sud), metallo (Ovest), acqua (Nord); sono referenti delle stagioni: legno (primavera), fuoco (estate), metallo (autunno), acqua (inverno). Esiste poi un collegamento tra organi stagioni e colori, sapori, intesi come espressioni diversificate del soffio vitale cosmico (Yüan ch’i). Questa costruzione ha un’apparenza fantastica, che però, va vista non in ciò in cui consiste, ma nel tipo di conseguenze teoriche e pratiche che ne traggono quanti l’hanno costruita. “Se il vero spirito scientifico si misura nell’inclinazione dello scienziato a non credere pregiudizialmente in nulla, il modo migliore per esercitare questo scetticismo assoluto è in definitiva quello di credere a tutto. Può sembrare assurdo, ma non è così, se solo riflettiamo che conoscere nella scienza equivale a porsi le domande giuste e la domanda giusta sta, di fronte ai credi di una tassonomia fantastica (come quella della MTC) nel chiedersi in prima battuta: a) quali conseguenze furono (e sono) tratte da questi credi ? ; b) nel domandarsi, in seconda battuta: dal momento che tali risultanze si sono ormai rese autonome dai loro presupposti tassonomici, si tratta di fatti suscettibili di spiegazione scientifica? A questo punto siamo forse in grado di disporre degli strumenti concettuali opportuni per decifrare l’enigma delle cosiddette tecniche taoiste per la conquista dell’immortalità” (F. Voltaggio). Un grande sinologo del secolo scorso,  Joseph Needham che oltre a conoscere la cultura cinese era, un biochimico di valore, approfondì i contenuti del patrimonio sapienziale della Cina antica allo scopo di riscontrarne le possibilità di validazione empirica.: “Rammentando che la visione interiore principia e si compendia, secondo il taoismo, nell’osservare un qualsiasi oggetto permettendo che la osservazione segua il suo corso, secondo il principio di inazione cui prima abbiamo accennato, il taoista svuota la propria mente di false credenze ed opinioni preconcette che investono tanto la propria persona quanto la realtà esterna, per cui la concentrazione finisce con il produrre una sorta di vuoto mentale che non va inteso come la caduta delle facoltà mentali superiori, ma il ritorno ad una condizione in cui la mente non ha contenuti specifici ma, proprio per questo, è in grado di produrre, sulla scorta di una forte potenzialità innata, concetti e idee, il che è quanto dire principiare a conoscere senza pregiudizi e condizionamenti….” Per Needham, l’esperienza taoista sulla visione interiore è una speciale concentrazione conoscitiva e terapeutica perché chi la sperimenta, può percepire con nettezza il battito del suo cuore, la pulsazione del sangue nei vasi, acquisendo una forza e un potere di sé che, presumibilmente, rafforza le sue difese naturali.

La nascita della medicina in oriente e in occidente: le comuni radici

La prima codificazione del sapere medico, in oriente e in occidente, si realizza nella stessa epoca, tra la seconda metà del V e lungo tutto il IV secolo a.C. Se prendiamo come esempio la Cina e la Grecia, la codificazione del sapere medico è data dal Huangdi Nei Jing e dal Corpus Hippocraticum. Ambedue i testi, composti ciascuno da numerosi volumi, si presentano come sintesi di un sapere antico. Il primo mostra l’intendimento già nel titolo, essendo vissuto il mitico Huangdi (Imperatore giallo, sotto la cui egida è scritto il “libro dell’interno”) a metà del III millennio avanti Cristo: con lui, secondo la leggenda, inizia l’agricoltura e la medicina. E non a caso il primo capitolo del Huangdi Nei Jing è dedicato alla descrizione delle pratiche di salute degli “Autentici dell’alta antichità”, coloro che “passavano cento primavere e autunni, senza declino dello loro attività”. Anche Ippocrate è l’erede di una dinastia familiare di medici Asclepiadi, custodi della antica tradizione medica, per la gran parte tramandata oralmente e per insegnamento diretto.

Sia il Corpus Hippocraticum sia il Huangdi Nei Jing sono il frutto di un lavoro collettivo che è durato molto tempo, ad opera di diverse generazioni di medici. Presentano la stessa visione olistica della fisiopatologia umana. La salute, infatti, viene vista come equilibrio, umorale in occidente, energetico in oriente. La malattia è rottura di questo equilibrio (diskrasia, secondo Ippocrate) con quadri da eccesso o da carenza che vanno regolati con regimi dietetici, con l’uso di piante, con l’attività fisica, con la quiete della mente, con l’agopuntura. È di grande interesse notare, in proposito, che sia in occidente sia in oriente, il sapere medico antico propone come cause di disequilibrio (malattia) sia fattori esterni, come il clima, tra cui primeggia il vento, sia fattori

esterni-interni, come il cibo, sia fattori interni, come le emozioni. La terapia, è, diremmo oggi, integrata, comprendendo anche la musica e le poesie (Esculapio) e le pratiche interne (meditazione, Qi Gong).

 

Le origini dell’agopuntura

Gli aghi della Cina dell’età classica erano di metallo, rame, bronzo, ma non di rado, anzi con una certa frequenza, di metallo nobile, come oro e argento, più tardi sostituiti dall’acciaio. Dai reperti degli scavi fatti in zone interessanti la preistoria sono emerse minuscole lancette di pietra, ossidiana e mica. Parallelamente alla elaborazione teorica del concetto di ch’i, l’ agopuntura fu usata per eliminare gli elementi che ne turbassero il flusso. La teoria si sviluppò traendo analogie delle operazioni, favorite dal consolidamento del potere imperiale, di canalizzazioni e drenaggio del letto dei fiumi. Da queste analogie origina il concetto di canali e successivamente si associa la teoria dei polsi. La pratica nacque per processo empirico attraverso l’osservazione di successi casuali (sul dolore) dopo la puntura di in un’ area, distante dal luogo di localizzazione della sofferenza e successivamente si sviluppò come sistema. L’uso dell’ago è codificato da prescrizioni che si trovano nei testi antichi. Nel Su Wen leggiamo: “Huangdi disse: ‘Vorrei conoscere il Tao [qui il metodo] dell’agopuntura’”. Chhi- po rispose: “Il primo punto di questa arte misteriosa è la necessità di concentrare la mente (sul paziente nel suo complesso); quindi, una volta compresa la condizione in cui si trovano i cinque organi viscerali, sulla base dell’osservazione (. . .) dei polsi, potrai impugnare l’ago. Se non hai percepito un polso esiziale, né udito segni infausti, allora i segni interni ed esterni saranno in armonia. Non dovrai prestare fede soltanto alle apparenze esterne [sintomi], dovrai invece apprendere a pieno il corso e il ricorso del ch’i nei tratti; solamente a questo punto potrai praticare l’agopuntura. Le condizioni in cui si trovano i pazienti possono essere di Hsüi [astenia] o di Shih [eccesso]; nelle condizioni del primo tipo non dovrai usare gli aghi con leggerezza, nelle altre, al contrario, non dovrai indugiare ad usarli…. Il movimento di torsione deve essere impresso agli aghi nel modo più uniforme e regolare, osservando il paziente con calma e attenzione per coglierne ogni minimo mutamento che si verifichi all’arrivo del ch’i; sono mutamenti tanto impercettibili che a stento li si può avvertire. Quando giunge, il ch’i è come uno stormo di uccelli o come la brezza che fa ondeggiare il miglio nei campi: è assai difficile cogliere quell’attimo fugace. Il medico deve essere come il balestriere con la sua arma, premendo il grilletto nell’istante giusto, né un attimo prima, né un attimo dopo. Praticare l’agopuntura è come scalare un precipizio: le mani devono agire con fermezza e con energia – come se tu afferrassi una tigre e la mente deve essere sgombra da ogni altro pensiero”

Il testo ci dice alcune cose importanti sul medico e sul malato: per prima cosa sottolinea la necessità di una grande attenzione nell’osservazione del paziente e al monitoraggio dei sintomi, il sintomo non deve, però, distrarre il medico e non deve distogliere l’attenzione dal rapporto tra “mani” e “mente”. Una relazione che evidenza la sintonia che il terapeuta deve avere con il corpo suo e del malato, per comprendere ed essere consapevole di se e dell’altro. Giudicando la teoria della MTC, si potrebbe pensare ad una conoscenza lacunosa dell’anatomia. In realtà la medicina cinese, aveva una conoscenza sostanzialmente corretta della circolazione del sangue (ke), sia per quel che concerne l’individuazione precisa dei vasi, sia per quel che riguarda la funzione centrale del cuore. Si parla quindi una circolazione visibile, ossia quella sanguigna e di una invisibile, vale a dire quella del ch’i. Nei testi classici non si definisce l’esatta natura del ch’i, ma l’idea della circolazione invisibile guidava il terapeuta a ripristinare i ritmi normali del corpo e quindi anche della circolazione visibile. Quando il soffio e le forze fondamentali scorrono senza difficoltà anche la circolazione visibile è sana e il corpo è sano. Il ch’i circola in canali, sui quali praticando la puntura si ottengono effetti in siti distanti, ogni canale origina o termina nelle estremità superiori (mani) o in quelle inferiori (piedi) e ogni canale si collega ad un organo preciso.

 

 

 

La medicina cinese, una medicina dell’energia: il Qi

Questa parola è di difficile traduzione, e sarebbe preferibile lasciarla non tradotta, per evitare imprecisioni e fraintendimenti, come nel caso di “Forza Vitale” o “Energia”, parole e concetti assolutamente occidentali. Il Qi appartiene al macrocosmo e al microcosmo, all’ambiente e all’uomo.

 

Qi macrocosmico

In termini moderni, il Qi macrocosmico potrebbe essere descritto come una sorta di campo unificato di materia-energia-spirito in uno stato dinamico di perpetua trasformazione, da cui tutto si crea per aggregazione (flusso centripeto) e a cui tutto torna per dispersione (flusso centrifugo). La concezione del cosmo è sempre connessa all’aspetto bipolare dell’energia, i due poli all’interno del Qi macrocosmico possono essere ricondotti a due categorie generali:

1) Qi del cielo, che comprende tutti gli influssi atmosferici e stagionali, il movimento degli astri e quindi il tempo; corrisponde a caratteristiche Yang.

2) Qi della terra il quale comprende le qualità strutturali in base alle quali si differenziano i sapori, gli odori, i suoni ecc., spesso associate ai punti cardinali e quindi allo spazio; corrisponde a caratteristiche Yin.

 

Qi microcosmico

Il Qi microcosmico è la ‘sostanza-energia’ unitaria dell’organismo, che può essere distinta tanto in base alla funzione quanto in base alla forma (ossia il peculiare stato di aggregazione che il Qi ha in un determinato momento o in un determinato luogo). Il Qi si identifica sia con l’attività fisiologica dei vari organi (si parla di Qi del cuore, della milza ecc.) sia con i prodotti della loro attività. Esiste una stretta correlazione fra funzione e ‘forma’: i diversi tipi di Qi microcosmico (Yingqi, Weiqi, Zongqi) vengono distinti sulla base di entrambe. Il Qi è ciò che consente la comunicazione tra le diverse parti dell’organismo, i suoi flussi sono legati all’energia, all’informazione e al substrato materiale che convoglia entrambe. Il Qi è anche il modello sulla base del quale si struttura l’organismo (Qi primordiale). È un elemento di coesione che fa si che il Sangue non fuoriesca dai vasi e che gli organi restino al loro posto. È  il lavoro e il calore che derivano dalla trasformazione, cui esso presiede, delle sostanze acquisite dall’ambiente. È inoltre l’agente e il veicolo dell’attività psichica cognitiva e spirituale; le diverse emozioni corrispondono ad altrettante dinamiche nel fluire del Qi. (G.Boschi , La radice e i Fiori).

 

Prima parte – continua in Olos e Logos 9 primavera 2014