Il qi nella filosofia cinese taoista e confuciana e nel pensiero filosofico occidentale

image_pdfimage_print

Lucio Sotte*

Il qi ed il dao nel pensiero taoista

Lao Zi è certamente il personaggio che comunemente è identificato con l’inizio, l’avvio del pensiero taoista. La biografia di questo archetipico “vecchio uomo” vissuto nel periodo delle “Primavere ed Autunni” si trova nel Shi Ji, il Classico della Storia, opera dello storico Si Ma Qian.

In breve alcuni cenni sulla sua storia.

C’era un uomo chiamato Li Er o anche Lao Dan che era stato il custode della libreria ufficiale dello stato di Lu. Dopo aver lavorato per molti anni raggiunse la vecchiaia e decise di ritirarsi dalla vita sociale scegliendo di vivere da eremita. Mentre stava per attraversare la frontiera tra lo stato di Lu e la regione selvaggia che lo circondava, un guardiano gli chiese di fissare per i posteri i suoi pensieri perché potessero essere studiati dalle generazioni successive. Il vecchio acconsentì alla richiesta del guardiano, si sedette e scrisse i 5000 caratteri del Dao De Jing, il Classico della Via e della Virtù che esprimevano la sua concezione del mondo.

Successivamente il Dao De Jing fu arrangiato in 81 capitoli.

Il pensiero di Lao Zi è difficile da afferrare, basta pensare che il Dao De Jing comincia con una frase che si presenta come un’ammonizione a coloro che vorranno studiarlo e introdursi in questo sentiero mistico: «Il dao che può essere detto non è l’eterno dao. Il nome che può essere nominato non è l’eterno nome».

Nel capitolo XXV troviamo una sottolineatura sulle difficoltà paradossali associate alla conoscenza del dao: «C’è un elemento reale, nato prima del cielo e della terra. Così silenzioso. Così vuoto. Unico e senza cambiamenti. Circola incessantemente, può essere chiamato la madre di tutte le cose sotto il cielo. Non conosco il suo nome. Lo chiamo dao».

Il dao è elusivo ed evanescente. Il dao è vuoto e non può essere drenato. Il dao è scuro, vacante, ma contiene l’essenza vitale. Questa essenza e molto reale e può essere osservata.

Il Dao De Jing descrive il dao dell’origine ed afferma che esso è alla base di tutte le creazioni. Per chiarire questo fatto andiamo ad una citazione dal capitolo XLII: «Il dao origina l’uno. L’uno origina il due. Il due origina il tre. Il tre origina i 10.000 esseri».

Negli Annali delle Primavere ed Autunni a proposito del dao si afferma: «Il dao è essenza sublime che non può essere formalizzata. Non può essere nominato, ma per nominarlo anche controvoglia (possiamo affermare che) esso è il Grande Uno».

Nel capitolo XXXIX compaiono numerose affermazioni che approfondiscono e contestualmente per certi versi contraddicono il passaggio appena esaminato: «In tempi passati l’Uno si è manifestato come segue: il Cielo raggiunse l’Uno e divenne chiaro, la Terra lo raggiunse e si posò, gli spiriti lo colsero e divennero divini, le valli lo raggiunsero e divennero capaci di generare. Tutto il reale lo raggiunse ed acquistò la vita, i re ed i funzionari lo raggiunsero e rappresentarono l’ortodossia del mondo vivente». Per approfondire ulteriormente la sua conoscenza ci si può riferire ad una frase degli Annali delle Primavere ed Autunni che afferma: «Il dao è essenza sublime e non può essere esplicitato. Non può essere nominato. Ma se proprio lo si vuol definire si può solo dire che è il Grande Uno».

La relazione esistente tra qi e dao viene spiegata in epoca Ming in un passaggio del Xing Ming Gui Zhi o Strumenti per Identificare lo Scopo dell’Esistenza è utile per approfondire la conoscenza: «Il dao sta tra Cielo e Terra, rivela il sole e la luna, origina le cinque fasi. Le sue manifestazioni sono infinite come i grani di sabbia del fiume Heng.…

È chiamato dao se è nel caos e le cose ritornano ad una confusione infinita.

È chiamato dao quando il pivot della creazione raccoglie tutte le anime dal limbo per liberarle.

È chiamato dao quando la conoscenza si raccoglie nella mente senza manifestazione di nulla.

È chiamato dao quando è piccolo e polveroso.

È chiamato dao quando contiene l’intero universo. Puoi parlarne con 5000 volumi ed utilizzare 5000 parole per descriverlo. Così noi nominiamo il dao, ma cos’è? Per utilizzare una sola parola è il qi

Questo passo continua con una descrizione assai vivida degli avvenimenti che portarono a quel fenomeno che i moderni cosmologi chiamano Big Bang, il primo istante della creazione dell’universo: «Originalmente c’era un solo qi, una nebbia che si raccoglieva su di sé. C’era il caos che si distendeva all’infinito, in continuo cambiamento, una nebbia in continuo dinamismo che conteneva in sé il movimento. In essa si raccoglieva ogni intelligenza ed ogni meraviglia sublime.

Era chiamata il Grande Uno “tai yi”.

È l’inizio del non essere. Così tutto inizia: il dao. Così è chiamato ciò che non ha inizio.»

Ed ancora: «La nascita del Cielo e della Terra inizia con il moto del qi turbolento.

Il vuoto inizia ad aprirsi e sussultare.

Lo yin e lo yang interagiscono attraverso la confluenza del bianco e del nero, la confluenza ed il congelamento di qualcosa e del nulla, esplodendo attraverso il vuoto per penetrare l’uno nell’altro, mescolare il caos ed il vuoto pulsante. Così l’uomo di virtù sublima.

Qui sono contenute le meraviglie ed i cambiamenti misteriosi dell’illuminazione del mentale.

Questo è il grande cambiamento “tai yi”.

È l’inizio di ciò che ha inizio.

Ciò che si esplicita quando si afferma che il dao genera l’uno.»

Sarebbe azzardato pensare che il fenomeno cosmologico sia esaurientemente esplicitato attraverso le citazioni che abbiamo riportato.

Tuttavia un dato è certo: esiste una relazione reciproca tra dao, qi e creazione.

Per i taoisti il dao è l’Uno, l’Uno è il qi, conseguentemente esiste uno stretto rapporto tra dao e qi, che tende allo loro unificazione e rappresenta contestualmente la causa prima del reale.

Tuttavia non si può affermare che ci sia una vera e propria equivalenza tra dao e qi perché il dao nella gerarchia della creazione viene prima del qi. Potremmo per certi versi affermare che in questa gerarchia viene prima il dao e che il qi è l’agente intermediario tra dao e creazione: «Il dao è vuoto e non può essere riempito. Come è profondo! È l’ancestrale del reale».

Come il dao anche il qi non ha forma tuttavia esso è presente nelle sostanze essenziali ed in ogni fenomeno esistente. La creazione dell’uomo e la sua esistenza dipendono dal qi.

Per approfondire ulteriormente questo argomento riportiamo una frase del Zhi Bei You o Zhi Viaggia a Nord di Zhuang Zi, un altro famosissimo filosofo taoista che afferma: «La vita dell’uomo è una concentrazione di qi. Questa concentrazione crea la vita. Se si disperde accade la morte. Se vita e morte appartengono alla stessa categoria perché me ne dovrei preoccupare? Così i diecimila esseri sono un’Unità. Ciò accade perché tutto ciò che esiste nell’universo non è che un qi. Il saggio conserva l’Uno.»

 

Il qi ed il li nel pensiero confuciano

La scuola di pensiero confuciana ha esercitato ed esercita tutt’ora una grandissima influenza sulle civiltà e cultura cinesi.

Uno degli aspetti fondamentali del pensiero confuciano è definito dal termine “ren” che possiamo tradurre come “benevolenza”, “umanità”. Cheng Man Ching, uno dei più famosi filosofi cinesi che hanno iniziato a trasferire in Occidente il pensiero confuciano, ha sintetizzato in una frase i concetti correlati al termine “ren” affermando che Confucio poco prima della sua morte abbia affermato: «non desideravo essere un Buddha o un Dio, ma soltanto ed unicamente un “uomo”».

Dal momento che il pensiero confuciano è indirizzato soprattutto alla pratica della benevolenza e dell’umanità esso si richiama raramente al termine qi che presenta spesso molti elementi che potremmo definire esoterici, tuttavia il qi è presente in qualche maniera “sotto mentite spoglie”. Mentre i taoisti erano costantemente concentrati sull’idea di coltivare, accumulare, concentrare il qi, i confuciani all’incontrario pensavano che per agire sul qi occorresse prima subordinare la vita dell’uomo al li, cioè ad una “serie di riti” che sono sostanzialmente delle norme che regolano i rapporti umani. Queste regole messe a punto nel corso della civilizzazione cinese a partire dall’antichità sono definitivamente fissate e stabilite da Confucio nel V secolo a.C.

Il pensiero taoista appare molto sofisticato e difficile da comprendere ed assimilare per la maggior parte delle persone non adeguatamente introdotte e si diffonde attraverso un modesto gruppo di adepti. Al contrario il pensiero confuciano è indirizzato direttamente a tutto il popolo e si fonda sull’applicazione delle regole del li che ogni uomo deve applicare nel corso della sua vita. Conseguentemente è più facilmente trasmissibile e divulgabile del taoismo ed è forse questo il motivo della sua diffusione e della fortuna che ha avuto nel corso della storia della civilizzazione cinese.

D’altra parte mentre lo stesso Lao Zi, ormai molto anziano, decise di ritirarsi ad una vita eremitica, Confucio tentò per tutta la durata della sua esistenza di impiegare le sue energie a vantaggio dell’organizzazione dello “stato”. Ad ironia della sorte – nonostante egli sia considerato il maggior saggio dell’antichità cinese – non riuscì mai a mettere in pratica i suoi insegnamenti che furono divulgati soltanto ad un piccolo gruppo di adepti e vagò per tutta la vita di stato in stato alla ricerca di un governante che gli permettesse di attuare concretamente i suoi principi filosofici e sociali. Inoltre non scrisse mai nulla che potesse essere tramandato e ciò che rimane del suo pensiero è raccolto nei Classici che però furono compilati daisuoi allievi e nei numerosi testi di commento a questi Classici scritti nel corso della lunga storia della civilizzazione cinese.

Zhu Xi, un suo commentatore del periodo della dinastica Song, raccolse tutti i testi attribuiti alla scuola confuciana nei cosiddetti 4 Classici Confuciani Si Shu: il Da Xue o Grande Dottrina, lo Zhong Yong o Dottrina del Centro, il Lun Yu o Analetti, e per ultimo un testo che porta il nome del più famoso discepolo di Confucio, il Meng Zi o Mencio.

In realtà anche il pensiero di Zhu Xi non fu molto apprezzato dai suoi contemporanei che vivevano in un periodo della storia assai turbolento e funestato dalle invasioni barbariche di popolazioni centroasiatiche, da carestie, da instabilità politica e sociale. Zhu Xi sintetizzò e divulgò il pensiero confuciano attraverso una sorta di razionalismo e materialismo oggettivo. La sua opera divenne molto popolare diversi decenni dopo la sua morte diventando lo standard per l’educazione della classe dirigente cinese insieme con i Cinque Classici antichi.

Per centinaia e centinaia di anni il razionalismo sistematico di Zhu Xi è stato la base dell’educazione dei funzionari dello stato. Il nocciolo del suo pensiero è la teoria del tian li o “razionalismo celeste” che si fonda sul razionalismo e sul qi. Zhu Xi postulò che alla base della creazione ci fosse un principio razionale definito li. Nella sua epistemologia li precede il qi anche se sia la teoria yin-yang che quella del qi sono presenti nel suo pensiero.

Nel Zhu Zi Yu Lei o Quotazioni e Referenze di Zhu Xi si afferma: «Non esiste qi senza li. Né esiste li senza qi. Se qualcuno chiedesse se esiste prima il li e poi il qi la risposta sarebbe che all’inizio non c’era alcuna discussione su quale termine fosse primo o secondo. Ma se si dovesse veramente rispondere a questa domanda occorrerebbe affermare che il li occupa la prima posizione. D’altra parte il fatto che occupi la prima posizione non significa che esso possa esistere senza qi o che ne sia indipendente. Se non esistesse il qi il li non avrebbe una sostanza alla quale collegarsi».

In altre parole li è l’ordine implicito che noi osserviamo nelle manifestazioni del qi, quell’ordine che emerge dal caos come inizio dell’esistenza del reale.

Zhu Xi chiarisce ulteriormente nel Wen Li o Libri Raccolti questo fenomeno: «Tra Cielo e Terra esiste li e qi. Li è il dao della metafisica, è la radice della materia. Qi è lo strumento della fisica, l’utensile che dà la nascita alla materia, dà la vita all’uomo e alle altre creature che è allacciata al li. Ma essi hanno le loro caratteristiche individuali che sono collegate al qi. In questa maniera ogni essere assume la sua forma definita. La natura e la forma, il pensiero anche all’interno di ogni singolo corpo riflettono la differenziazione tra dao, li e qi. »

Altre citazioni dal Da Xue Huo Wen o Domande sulla Grande Dottrina possono approfondire la conoscenza di questo argomento: «Il dao del Cielo circola con forza. Dà origine e supporta i diecimila esseri. Il creatore di ogni cosa e lo yin-yang ed il wu xing (cinque movimenti) ma anche yin-yang e wu xing sono sotto la legge del li e del qi. Accade per tutto il reale che è il risultato di una aggregazione di qi per assumere aspetto e forma ma contemporaneamente occorre recepire il li.

Sostanzialmente nel pensiero di Zhu Xi la creazione risulta da una sinergia tra li e qi. D’altra parte questa sinergia tra la filosofia del dao e il concetto di un ordine razionale implicito del reale e della società è contenuta anche nei testi di Confucio. Zhu Xi utilizza il concetto di ordine razionale per dare spiegazione del fenomeno intrinseco dello yin-yang. Nei Suoi Scritti Raccolti afferma: «Generalmente parlando lo yin-yang è un qi. Quando yin qi circola con forza diviene yang. Quando yang qi si consolida e congela si trasforma in yin. Ciò non significa tuttavia che si tratti di due elementi distinti.»

 

L’influenza del qi nella filosofia e scienza occidentali: Leibniz, Bohr e autori contemporanei

L’influenza della vita e dell’opera del fisico Niels Bohr nel mondo contemporaneo è certamente eguagliata da pochi altri scienziati e superata forse solo da quella esercitata da Albert Einstein con la sua teoria della relatività.

Bohr diede origine alla meccanica quantistica che si fonda sulla teoria duale della descrizione del mondo subatomico. Dai suoi scritti risulta che egli aveva intuito che la sua scoperta era stata anticipata nell’antico pensiero cinese dal principio yin-yang tant’è vero che volle inserire l’emblema del tai ji tu, cioè della trasformazione yin-yang, all’interno del suo stemma nobiliare.

Viene da porsi una domanda.

Come mai il tai ji tu che occupa un posto centrale nel pensiero filosofico e scientifico cinese per migliaia di anni viene adottato dal padre della fisica moderna? Certamente perché Bohr aveva verificato la correlazione tra la filosofia del dao e la struttura intima della materia espressa attraverso la meccanica quantistica. L’emblema del tai ji tu esprimeva in maniera ideale il concetto di complementarietà che è alla base della sua teoria fisica.

Anche se solo con Bohr si ha una così netta rivalutazione dei fondamenti del pensiero cinese è assai probabile che la diffusione in Occidente della teoria yin-yang abbia esercitato un’influenza nel mondo scientifico europeo anche in molti altri autori e pensatori dei secoli che precedettero le scoperte dei primi anni del XX secolo.

L’influenza dei principi del qi, del dao, dello yin-yang iniziarono a diffondersi in Europa nel XVII secolo, dopo che numerosi missionari gesuiti e francescani iniziarono a studiare il pensiero cinese e ad trasferirlo mano a mano in Occidente. In particolare molti missionari si soffermarono sul pensiero neo-confuciano e su quello taoista.

Uno dei pensatori occidentali che fu certamente influenzato dal pensiero cinese è stato Gottfried Wilhelm von Leibnitz, il fondatore della monadologia e del calcolo binario, modalità di calcolo che è stata adottata nel XXI secolo per supportare le tecnologie del mondo digitale. Leibnitz lesse certamente lo Yi Jing o Classico delle Mutazioni che rappresenta un’espressione straordinaria della teoria yin yang applicata matematicamente e metaforicamente per interpretare la realtà che ci circonda. Alla base dello Yi Jing c’è infatti un modello di calcolo binario applicato alla predizione del futuro, all’interpretazione del passato e soprattutto alla esplorazione del reale che ci circonda. Lo Yi Jing si fonda su degli algortmi matematici che derivano dall’interelazione e trasformazione dello yin nello yang e viceversa. Il linguaggio binario creato da Leibnitz è correlato proprio dalle sue riflessioni ed elaborazioni sulla teoria yin yang.

Anche il famoso chimico Lavoiser si rifece a concetti mutuati dal pensiero filosofico cinese quando affermò che: «in una reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Si tratta di una riscrittura della continua ed incessante trasformazione yin-yang che era stata espressa dalla famosa sentenza di Zhu Xi «nell’universo esiste un solo qi». Lavoiser condusse numerosi esperimenti che portarono alla formulazione del secondo principio della termodinamica che asserisce che né la materia né l’energia possono essere create o distrutte, esse vanno incontro semplicemente a cambiamenti di stato.

A dispetto del fatto che storicamente questa “scoperta” è attribuita al pensiero occidentale del XVIII secolo, essa era ovvia, conosciuta e diffusa in Cina da almeno due millenni. È molto probabile che la diffusione dei principi del pensiero cinese in Europa a seguito degli scambi culturali iniziati dopo il XVII secolo abbia creato i presupposti per una rivisitazione della filosofia, della fisica e dell’impostazione generale delle scienze.

Uno sguardo aperto ai numerosi lavori comparsi in Occidente negli ultimi anni su questi argomenti rivela che sta crescendo un interesse sempre maggiore da parte del mondo scientifico ed accademico sul pensiero cinese che non solo ha anticipato di secoli molti problemi che la scienza contemporanea si sta ponendo, ma ha anche suggerito numerose interessanti risposte. Il Tao della Fisica di Fritiof Capra è il primo esempio di un’opera che affronta da un punto di vista scientifico il metodo binario applicato all’analisi e conoscenza del reale. Negli Anni ’70 un’altra interessante opera affrontò il tentativo di coniugare l’antico pensiero cinese con quello occidentale contemporaneo nell’analisi del reale: The Dancing Wu Li Masters di Gary Zukav.

Comments are closed.